Un ragazzino di 15 anni si autodenuncia per il furto di un computer. Ma non era così che stavano le cose. A farlo parlare è stata la paura.
Urbino, 2 ottobre 2022. La procura ha chiesto il rinvio al giudizio per il ragazzo albanese di 20 anni che ha costretto un suo compagno di classe a rubare un computer della scuola. L’accusa è quella di ricettazione, ricatto e violenza.
Il fatto risale a 2 anni fa, ovvero al 2020. All’epoca, l’imputato aveva soltanto 18 anni. Per mezzo di un coltello, ha minacciato di morte un compagno di classe di 15 anni, costringendolo a rubare un computer dall’aula di informatica della scuola, uno degli istituti del Campus di Pesaro. “Ti trovo e ti riempio di botte. Devi fare quello che ti dico io o ti uccido“.
I fatti
Il 15enne, già in passato vittima di bullismo da parte dell’imputato, ha eseguito gli ordini. Terrorizzato dalle minacce, ha quindi rubato il computer per poi portarlo in un negozio di informatica. Lo scopo? Farlo resettare così da poterlo rivendere.
Il tecnico del negozio però non si è fatto ingannare. Notando il logo della scuola, ha subito contattato la preside dell’istituto informandola circa i suoi dubbi, i suoi sospetti. La preside ha allora fatto partire la denuncia per il furto, dando inizio alle indagini.
Non appena parte la denuncia, il ragazzino di 15 anni corre subito ai ripari: per paura delle ripercussioni, si autodenuncia assumendosi la piena responsabilità del furto del computer. Ma la sua versione proprio non convince. Il legale del ragazzo, Alexandra Tamburini, non gli crede. Nemmeno la preside, che afferma che si è sempre trattato di uno studente tranquillo, dai buoni voti.
La seconda versione
La verità è venuta a galla durante il secondo incontro con il suo avvocato. Il ragazzo, dopo essere stato messo alle strette, non è più riuscito a mantenere il segreto ed è crollato. Ha confessato, ha detto delle botte, del coltello e di quelle parole: “Devi fare quello che ti dico o ti uccido”. Ha raccontato la sua seconda versione dicendo di aver rubato il computer dell’aula di informatica perché minacciato di morte dal suo compagno di classe maggiorenne. Quest’ultimo nega le accuse. Il suo legale, Leonardo Chiocci, lo difende: “Non è stato lui, ma qualcun altro”.
Dalla indagini, inoltre, sarebbe emersa anche la figura di un complice, coinvolto nei fatti. Questo avrebbe partecipato alle minacce, schiaffeggiando il 15enne per spaventarlo ancora di più. Eppure, per adesso la figura rimane nell’ombra. Ancora non è emerso alcun nome.
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