Uso dell’intelligenza artificiale durante gli esami
Anche gli studenti svedesi, a quanto pare, non sono immuni al fascino dell’intelligenza artificiale. E’ quanto è emerso dalle dichiarazioni rilasciate dall’autorità svedese per l’istruzione superiore. Secondo quanto diramato, nel corso dello scorso anno si sarebbero registrati ben 221 casi di sospetto plagio legato all’uso dell’IA nelle università svedesi. E 82 studenti sono stati sospesi a causa del suo uso illecito in ambito di esami universitari. Vediamo come sono andate le cose, e quali saranno le ripercussioni.
Studenti svedesi, la posizione sull’uso dell’IA
Lo scorso anno, nell’ambito dell’indagine intitolata “Chatbot e altra intelligenza artificiale per l’apprendimento: un’indagine sull’uso e le opinioni tra gli studenti universitari in Svezia” condotta su 5.894 studenti provenienti da tutte le università svedesi, la posizione di questi ultimi era risultata piuttosto chiara. Quasi tutti gli intervistati avevano dichiarato di avere una certa familiarità con ChatGPT, più di un terzo di utilizzarlo in maniera regolare. Per molti, l’intelligenza artificiale avrebbe potuto essere di supporto – migliorandone l’esperienza di apprendimento – a chi soffre di dislessia o altre disabilità.
Ma, di contro, più della metà degli studenti partecipanti aveva espresso una certa preoccupazione riguardo l’impatto dei chatbot in fatto di istruzione, anche in quella futura. Più del 60%, infine, aveva detto di considerare l’uso dei chatbot durante gli esami un imbroglio. Ma, l’atteggiamento dominante che ne era emerso, era quello secondo il quale i chatbot andrebbero usati solo come un aiuto, non come sostituti del pensiero critico degli studenti.
La protesta degli studenti
Ebbene, oltre i 221 casi di sospetto plagio citati, 82 sono stati gli studenti sospesi, con tutte le gravi conseguenze, anche economiche, che questo comporta. Ciò ha portato a grandi proteste da parte degli universitari. Il presidente dell’Unione nazionale svedese degli studenti, Jacob Farnert, ha dichiarato che sarebbe assurdo proibire l’uso dell’intelligenza artificiale negli atenei in quanto “strumento tecnologico in grado di aiutare gli studenti ad imparare di più”. Anche perché l’IA avrà un ruolo fondamentale anche in molti posti di lavoro, da qui l’importanza dell’imparare ad usarlo.
Sarebbe utile, invece, che le università forniscano direttive inequivocabili su se, e come, lo si possa sfruttare durante gli esami. La maggior parte degli studenti, sempre secondo i dati emersi dalla già citata indagine, non ha idea se il proprio istituto abbia regole o linee guida per un utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale. Ed il fatto di non avere a disposizione una guida chiara per l’uso negli ambienti di apprendimento in cui si trovano, li fa sentire ansiosi. Senza poter contare su una regolamentazione, è difficile comprendere dove si trovi il limite che porta ad imbrogliare.
I possibili scenari
Si pensa, quindi, a soluzioni alternative al fine di non bandire l’IA dalle università ma di garantirne un uso equo. Tra le altre, si prospetta la possibilità di aumentare il numero degli esami orali. Attualmente i pochi che sono previsti sono quelli dei corsi di lingua. Per evitare l’intromissione di ChatGPT ed altri chatbot potrebbe essere utile, quindi, diminuire quelli scritti. Ciò potrebbe permettere ai professori di valutare le conoscenze effettive degli studenti, nonostante le nuove tecnologie. Sempre a detta di Farnert: “Alcune università vogliono che gli studenti utilizzino ChatGpt e magari modificano la prova per aggiungere elementi di riflessione personale o domande più filosofiche a cui l’IA non può rispondere”.
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