L’Unicef e molte altre organizzazioni lanciano l’allarme: senza istruzione non c’è futuro.
La situazione dei bambini a Gaza è sempre più drammatica. Secondo l’Unicef, da ottobre 2023, 659.000 bambini nella Striscia di Gaza non hanno potuto frequentare la scuola. Un numero non molto lontano da quello riportato poco tempo fa in un articolo di Internazionale: 625.000. Le infrastrutture scolastiche sono state gravemente danneggiate, lasciando i piccoli studenti senza luoghi per studiare o anche, semplicemente, per giocare con i coetanei. Questa terribile crisi rischia di far perdere a un’intera generazione non solo l’accesso all’istruzione, ma anche le prospettive per il futuro.
Scuole distrutte e vite spezzate: la tragedia dei bambini di Gaza
L’inizio dell’anno scolastico in Palestina era previsto per il 9 settembre 2024. Bambini e ragazzi, però, invece di sedersi ai banchi di scuola si sono messi in fila per ottenere acqua o beni di prima necessità perché la maggior parte di loro non ha neanche più una casa e vive in tende o edifici sovraffollati, privi dei servizi di base. Secondo il ministero della sanità di Gaza, gestito da Hamas, tra le 41.000 vittime dell’offensiva israeliana iniziata il 7 ottobre 2023, si contano 25.000 bambini in età scolastica.
A Gaza, il 90% delle scuole pubbliche è stato colpito dagli attacchi aerei israeliani; per quanto riguarda le università, invece, tutte e dodici le principali istituzioni universitarie della Striscia sono state danneggiate o completamente distrutte.
Il programma “Back to learning” e i tentativi di ripresa
A questo si aggiunge che l’Unrwa (l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) ha trasformato molte scuole in rifugi per gli sfollati, e che neanche questo le ha salvate da essere oggetto degli attacchi israeliani.
Il 1° agosto, però, l’agenzia ha lanciato il programma “Back to learning” per cercare di riportare i bambini di Gaza a studiare. L’iniziativa coinvolge 45 rifugi in tutto il territorio e si sviluppa in due fasi: sostegno psicosociale, con attività come musica, arte e sport, insegnando anche come evitare i pericoli legati al conflitto, come la presenza di ordigni esplosivi; didattica con lezioni di lettura, scrittura e matematica.
Nonostante questi sforzi, il contesto è difficilissimo. I 1.200 insegnanti volontari che lavorano nei 175 centri di apprendimento temporanei allestiti dall’Unicef e da altre agenzie umanitarie faticano a fornire un’educazione adeguata perché mancano strumenti essenziali come libri, quaderni e penne, che non vengono considerati beni di prima necessità dalle organizzazioni impegnate nell’emergenza umanitaria. Senza contare che la malnutrizione e il trauma vissuto da molti bambini rendono difficile essere concentrati durante le lezioni.
L’istruzione come resistenza e speranza
In una realtà, quella palestinese, in cui l’istruzione è stata storicamente un pilastro della resistenza, questa crisi assume un significato ancora più profondo. Prima dell’offensiva israeliana, il tasso di alfabetizzazione a Gaza era del 98%, un dato eccezionale per una zona costantemente sotto assedio. Come sottolinea la scrittrice di Gaza Eman Alhaj Ali, le scuole nella Striscia di Gaza non sono state solo luoghi di apprendimento, ma anche centri di preservazione culturale e di attivismo rivoluzionario.
In una lettera aperta, centinaia di accademici e studiosi della Striscia di Gaza hanno denunciato lo “scolasticidio” in corso, ovvero la distruzione sistematica del settore educativo palestinese. La loro determinazione a riprendere le attività scolastiche e universitarie è un chiaro segnale della volontà di ricostruire, nonostante tutto, per garantire un futuro alle generazioni più giovani.