Tutti lo conoscono, ma nessuno c’è mai stato. El Dorado, luogo leggendario dove si troverebbero immense quantità d’oro, diamanti e pietre preziose e dove si conduce una vita in pace e serenità con gli altri esseri umani.
Una leggenda che per secoli ha mandato all’avanscoperta esploratori da ogni parte del mondo alla ricerca di questo luogo favoloso. La ricerca dell’oro, lo stesso motivo che spinse Cristoforo Colombo ad attraversare l’Atlantico alla conquista del Nuovo Mondo: “L’oro – scrisse – è la più squisita di tutte le cose. Chiunque possieda l’oro può acquistare tutto ciò che desidera al mondo. In verità, con l’oro ci si può assicurare l’entrata dell’anima in paradiso”.
Fu proprio in seguito alla scoperta delle Americhe che il mito di un luogo leggendario e ricchissimo si rinforzò: gli indigeni americani, che facevano largo uso di monili in oro fecero credere ai conquistadores spagnoli di essere giunti vicino questo luogo mitico dove i bisogni materiali si sarebbero finalmente appagati. Così, quando nel 1534 il conquistador Francisco Pizarro arrivò a Siviglia con un ingente bottino – circa 10 tonnellate d’oro e 70 tonnellate d’argento – saccheggiato alle popolazioni del Perù, si convinsero sempre più di essere vicini alla meta e che il paese dell’Eldorado doveva essere proprio da quelle parti.
Le spedizioni si basavano anche su racconti “concreti” di alcuni cronisti dell’epoca che avevano assistito ad un cerimoniale della popolazione Muisca in Colombia: si trattava della cerimonia de El indio Dorado, in cui il sovrano di Guatavita si faceva cospargere il corpo di polvere d’oro per trasformarsi nel Dorado, l’uomo tutto d’oro, il quale si recava insieme alla sua corte su un lago vicino a Santafé de Bogotá (l’attuale capitale della Colombia), e qui, navigando su una zattera colma di doni preziosi, offriva il suo tesoro agli dèi.
Una ricerca affannosa e inconcludente durata secoli, setacciando ogni angolo della foresta lungo il Rio delle Amazzoni: molti gli esploratori non fecero più ritorno a casa.
Nel frattempo, però, venivano saccheggiati i villaggi e il bottino di guerra veniva fuso e trasportato sottoforma di lingotto in Europa. Soltanto alla fine dell’Ottocento ci si rese conto della preziosità dell’oreficeria precolombiana e nel 1892, a 400 anni dalla scoperta delle Americhe, vennero esposti per la prima volta in Europa i tesori che si erano salvati dalle fonderie.
Le ricerche sono proseguite anche durante tutto il Ventesimo secolo e nel 2010, attraverso lo studio di immagini satellitari e fotografie aeree sono state scoperte, al confine tra Bolivia e Brasile, un insieme di geoglifi additati come i resti di El Dorado: si tratterebbe di oltre 200 strutture circolari e poligonali, disposte in una precisa rete geometrica che si estende per oltre 250 chilometri. Secondo i ricercatori le strutture risalgono al 200 d.C., altre al 1283, ma molte potrebbero essere ancora nascoste sotto la fitta giungla.
Credits | “El dorado” di Carlos Saura