Verrinae, Actio Prima, 14 - Studentville

Verrinae, Actio Prima, 14

Quo me tandem animo fore putatis si quid in hoc

ipso iudicio intellexero simili aliqua ratione esse violatum at commissum? cum planum facere multis testibus possim C. Verrem

in Sicilia multis audientibus saepe dixisse “se habere hominem potentem cuius fiducia provinciam spoliaret: neque sibi soli

pecuniam quaerere sed ita triennium illud praeturae Siciliensis distributum habere ut secum praeclare agi diceret si unius anni

quaestum in rem suam converteret; alterum patronis et defensoribus traderet; tertium illum uberrimum quaestuosissimumque annum

totum iudicibus reservaret.” Ex quo mihi venit in mentem illud dicere (quod apud M’. Glabrionem nuper cum in reiciundis

iudicibus commemorassem intellexi vehementer populum Romanum commoveri) me arbitrari fore uti nationes exterae legatos ad

populum Romanum mitterent ut lex de pecuniis repetundis iudiciumque tolleretur. Si enim iudicia nulla sint tantum unum quemque

ablaturum putant quantum sibi ac liberis suis satis esse arbitretur: nunc quod eius modi iudicia sint tantum unum quemque

auferre quantum sibi patronis advocatis praetori iudicibus satis futurum sit: hoc profecto infinitum esse: se avarissimi

hominis cupiditati satisfacere posse nocentissimi victoriae non posse.

Versione tradotta

Quale credete che sarà il mio stato d’animo se capirò che

qualche trasgressione o colpa è stata commessa con qualche sistema analogo proprio in questo processo? Tanto più che posso

provare con molti testimoni che Gaio Verre in Sicilia fece spesso le seguenti dichiarazioni alla presenza di molte persone:

“Aveva un uomo potente e confidando lui saccheggiava la provincia: non cercava denaro soltanto per sé, ma per quel triennio di

governo della Sicilia aveva un programma tale per cui, diceva, gli andava benissimo se riusciva a trasferire nel proprio

patrimonio il profitto del primo anno, a consegnare ai suoi avvocati difensori quello del secondo e a riservare per giudici

tutto il terzo anno, che era stato abbondante e redditizio.” Questo mi ha fatto venire in mente l’osservazione che feci

recentemente dinanzi a Manio Glabrione in occasione della selezione dei giudici, e capii che il popolo romano ne rimase molto

impressionato: secondo me, dicevo, era prevedibile che le nazioni straniere inviassero ambasciatori al popolo romano per

chiedere l’abrogazione della legge sulle concussioni e il relativo processo. Se infatti non ci fosse più il processo, pensano

che ogni governatore si contenterebbe di portar via quanto ritiene sufficiente per sé e i suoi figli; ora invece, dato che si

tengono processi di tal genere, ciascuno porta via tanto quanto possa bastare per sé, per gli avvocati difensori, per gli

assistenti, per il pretore, per i giudici, e ciò costituisce certo un cumulo senza limiti: essi ritengono possibile saziare la

cupidigia di un uomo avidissimo, ma non garantire il successo del colpevole.

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