Ad Urbe Condita, II, 4 - Studentville

Ad Urbe Condita, II, 4

Vitelliis Aquiliisque fratribus primo commissa res est. Vitelliorum soror consuli nupta Bruto erat, iamque ex eo matrimonio

adulescentes erant liberi, Titus Tiberiusque; eos quoque in societatem consilii auunculi adsumunt. Praeterea aliquot nobiles

adulescentes conscii adsumpti, quorum uetustate memoria abiit. Interim cum in senatu uicisset sententia quae censebat reddenda

bona, eamque ipsam causam morae in urbe haberent legati quod spatium ad uehicula comparanda a consulibus sumpsissent quibus

regum asportarent res, omne id tempus cum coniuratis consultando absumunt, euincuntque instando ut litterae sibi ad Tarquinios

darentur: nam aliter qui credituros eos non uana ab legatis super rebus tantis adferri? Datae litterae ut pignus fidei essent,

manifestum facinus fecerunt. Nam cum pridie quam legati ad Tarquinios proficiscerentur cenatum forte apud Vitellios esset,

coniuratique ibi, remotis arbitris, multa inter se de nouo, ut fit, consilio egissent, sermonem eorum ex seruis unus excepit,

qui iam antea id senserat agi, sed eam occasionem, ut litterae legatis darentur quae deprehensae rem coarguere possent,

exspectabat. Postquam datas sensit, rem ad consules detulit. Consules ad deprehendendos legatos coniuratosque profecti domo

sine tumultu rem omnem oppressere; litterarum in primis habita cura ne interciderent. Proditoribus extemplo in uincla

coniectis, de legatis paululum addubitatum est; et quamquam uisi sunt commisisse ut hostium loco essent, ius tamen gentium

ualuit.

Versione tradotta

testo
Dapprima l'affare fu affidato ai fratelli Vitelli e Aquili. Una sorella dei Vitelli

era stata sposata dal console Bruto, e già vi erano figli giovani da quel matrimonio, Tito e Tiberio; gli zii materni prendono

a parte della congiura anche essi. Inoltre (furono) accolti alcni giovani nobili consapevoli, il ricordo dei quali è scomparso

per l'antichità. Frattanto poichè nel Senato aveva prevalso il parere che riteneva i beni doversi restituire, e gli

ambasciatori avevano come motivo di trattenersi in città quello appunto, che cioè avevano ottenuto dai consoli un tempo a

preparare i carri sui quali portassero via i beni del Re, consumano tutto quel tempo a consultarsi con i congiurati e

insistendo riescono ad ottenere che delle lettere siano date ad essi per i Tarquini: poichè altrimenti come mai quelli

avrebbero creduto che cose non vane venivano recate dagli ambasciatori circa cose così importanti? Le lettere date perchè

fossero pegno di lealtà, resero manifesta l'azione folle. Infatti essendosi pranzato per caso in casa dei Vitelli il giorno

prima che gli ambasciatori partissero ai Tarquini, e i congiurati là, fatti allontanare i presenti, avendo trattato a lungo fra

di loro, come avviene, circa il nuovo consilio, uno dei servi, il quale già prima s'era accorto di ciò che si tramava,

intese il discorso loro, ma aspettava il momento, che venissero date agli ambasciatori le lettere che intercettate potessero

confermare la cosa. Quando si accorse che erano state date, denunciò il fatto ai consoli. I consoli partiti da casa per

sorprendere gli ambasciatori e i congiurati soffocarono l'intera congiura senza tumulto; innanzitutto si ebbe cura delle

lettere, che non andassero perdute. Gettati subito in carcere i traditori si restò dubbiosi un poco riguardo gli ambasciatori;

e sebbene appariva manifesto che avevano agito da essere in luogo di nemici tuttavia il diritto delle genti prevalse.

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