Figlio di un doganiere austriaco, trascorre l’adolescenza e i primi anni di gioventù (fino a 23 anni) a Vienna, città in cui una delle caratteristiche della vita politica nei primi anni del Novecento è l’antisemitismo. Fino al secolo precedente, come scrive Heiden, era stato un atteggiamento particolare dell’alta classe nobiliare: "Gli intellettuali ebrei avevano dato un contributo di primo piano all’abbattimento delle barriere di classe frapposte dal feudalesimo, e così erano diventati come il simbolo dell’emancipazione borghese". Quindi "eccessiva" era ritenuta l’influenza della cultura ebraica nel commercio e nelle industrie, soprattutto nel giornalismo e nella letteratura.
"Nell’incerto miscuglio di razze tipico dell’impero austriaco, gli ebrei non erano assimilati da nessuna nazione: si era formata in pratica una classe intermedia autonoma, per la maggior parte proletaria ma con punte benestanti, invidiate e vituperate". Nel giro di non molti anni, però, la polemica antisemita si era tanto allargata da diventare ora un elemento di agitazione e propaganda anche per alcuni grossi movimenti di massa, popolari e piccolo borghesi: in primo luogo il Partito nazionalista di Georg Von Schonerer e il Partito cristiano-sociale di Karl Lueger, sindaco della capitale. In tale clima culturale Hitler diventa gradualmente antisemita, infatti, nel Mein Kampf afferma: "A Linz c’erano pochi ebrei. Con il passare del tempo si erano europeizzati, il loro aspetto divenuto umano: sì, per me erano come i tedeschi. L’unica differenza che notavo era la loro confessione religiosa, e il fatto che fossero perseguitati per questo mi faceva arrabbiare…Due anni dopo, a Vienna, risolsi razionalmente il problema…Giravo un giorno per il centro quando mi capitò davanti un tizio con un lungo caffettano e i riccioli neri. Anche questo è un ebreo? Mi chiesi subito. Lo osservai furtivamente con attenzione, e quanto più studiavo quel viso straniero, tanto più la mia prima domanda si trasformava: ma è anche un tedesco?… Da quel momento la stessa Vienna mi sembrò diversa. Ovunque andavo non vedevo che ebrei, e più ne vedevo più mi accorgevo di quanto fossero diversi dagli altri esseri umani… è un fatto inconfutabile che nove decimi di tutte le sporcizie letterarie e delle sciocchezze artistiche e delle banalità teatrali sono opera del popolo ebreo, che rappresenta meno della centesima parte dei cittadini del nostro paese…".
Secondo Amsler "L’atteggiamento del giovane Hitler contro gli ebrei è spiegabile psicologicamente: da inesperto autodidatta, egli proietta su un capro espiatorio il male che porta con sè. Questo capro espiatorio s’identifica per lui in un popolo, quello che gli sembra il più diverso dal suo. Egli anzi accomuna in quest’odio tutte le collettività che, a suo giudizio, sono contagiate dallo spirito semita:la Chiesa romana, la massoneria, il capitalismo internazionale, il socialismo."
A Monaco, dove si trasferisce nel 1912 (qui lavora come operaio edile), si forma una cultura vasta ma disordinata, leggendo G. Sorel, F.W. Nietzesche e altre teorie dell’irrazionalismo e della violenza. Dallo studio di alcuni scritti che risalgono a questo periodo, emerge che la personalità del "signore della guerra", fin da quando è ragazzo, è caratterizzata da un’ irrequietezza tormentosa ed un’ estrema irritabilità. Il suo comportamento, prevalentemente aggressivo, per mancanza di bontà d’animo e di riguardi, può sfogarsi su altri. Nello stato di guerra egli trova la possibilità di scaricare le tensioni della sfera impulsiva in una forma approvata dalla società. Egli dispone di un altissimo grado di intelligenza, nono certo nel senso di una metodicità critica ma di scaltrezza, abilità, prontezza spontanea ed anche immaginativa nel reagire di fronte a date situazione. Di conseguenza presenta una personalità tutt’altro che mediocre e incolore, e anzi costituisce nel genere una potenza, sia pur con molti aspetti negativi, tenendo conto della sua attività aggressiva l’ulteriore evoluzione dovrebbe orientarsi (come in realtà accade) verso un bellicoso contrasto con il mondo circostante.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si arruola volontario e parte per il fronte, dimostrandosi un valoroso soldato: raggiunge il grado di caporale ed è ferito due volte, (nella battaglia delle Somme del 1916, ed intossicato da gas in Fiandra n ella battaglia di Ypres nel 1918) e premiato con due medaglie al valore, poichè egli considera quel conflitto più importante per i suoi problemi della vita che "trent’anni di Università".
Già rivelatosi, quindi, violentemente nazionalista e reazionario, quando la Germania si arrende, diventa il leader del Partito nazista (NSDAP, Nationalsozialistiche Deutsche Arbeiter Partei), il cui programma si articola in venticinque punti,così sintetizzati:
1. Riunione di tutti i tedeschi nella grande Germania;
2. Abolizione del trattato di Versailles;
3. Rivendicazione dello spazio vitale;
4. Definizione del cittadino (Volkgenose): solo chi è di sangue tedesco;
5. Esclusione degli ebrei dalla comunità tedesca;
6. Chi non è cittadino, è soggetto alla legge degli stranieri;
7. Chi non è cittadino può essere espulso quando lo Stato non sia in grado di assicurare il nutrimento alla comunità tedesca;
8. Le cariche pubbliche sono riservate ai cittadini;
9. Diritti e dovere del lavoro;
10. Abolizione dei diritti non derivanti da lavoro;
11. Eliminazione della "schiavitù dell’interesse";
12. Confisca dei profitti di guerra;
13. Nazionalizzazione delle industrie monopolistiche;
14. Partecipazione dei lavoratori agli utili nelle grandi imprese; 15.Sviluppo della provvidenza per la vecchiaia;
16. Potenziamento del ceto medio;
17. Riforma fondiaria;
18. Punizione degli usurai, incettatori,trafficanti al mercato nero;
19. Sostituzione del diritto romano con un diritto tedesco;
20. Riforma della scuola in senso nazionalista;
21. Protezione della madre e del bambino;
22. Creazione di un esercito popolare;
23. Limitazioni alla libertà di stampa e dell’arte;
24. Libertà delle confessioni religiose, purchè non contrarie alla moralità della razza germanica;
25. Creazione di una forma autoritaria centrale di Reich.
Come si vede, il programma è un insieme tutt’altro che organico di aspirazioni nazionalistiche e autoritarie e di confuse proclamazioni sociali, in cui emerge chiaramente l’acceso antisemitismo, la parte probabilmente di derivazione più spiccatamente hitleriana. Successivamente, ispirandosi alle azioni del fascismo e della "marcia su Roma" di B. Mussolini (a cui avrebbe sempre guardato con venerazioni anche in seguito), Hitler tenta di organizzare il Putsch (colpo di stato) a Monaco, l’8-9 Novembre 1923, ma le complicità e gli appoggi su cui conta vengono meno ed il tentativo fallisce. Hitler, ferito, viene condannato per alto tradimento a cinque anni di fortezza, ma ne sconta solo uno, in cui comincia ad atteggiarsi a capopartito con arie da uomo di stato. Ogni volta che se ne offre la possibilità, egli scrive frasi volutamente formulate come aforismi di contenuto profetico. Nel periodo di reclusione, a Landsberg sulla Lech, impiega il tempo stendendo la prima parte della sua unica opera teorica, il Mein Kampf (la mia battaglia): in due volumi, uno autobiografico e l’altro dedicato all’elaborazione dottrinale; il testo, seppur mediocre stilisticamente e piuttosto farraginoso, contiene tutte le future linee d’azione dell’autore, dall’individuazione del giudaismo e del marxismo come i principali nemici della Germania, alla necessaria sintesi del nazionalsocialismo con un socialismo non classista, dall’espansione tedesca verso l’Europa orientale e alla rivincita contro la Francia. Il titolo dell’opera "Mein Kampf", è deciso solo in seguito: se tale scelta fosse da allegare con il giornale dei socialdemocratici indipendenti a Monaco "Der Kamph", o se l’avesse ispirato il libro "Mein Kampf gegend das nihilistiche und nationalsozialistiche Deutschland", pubblicato nel 1911 dal pacifista Friedrich Wilhelm Foerster, spesso vilipeso da Hitler non è accertabile nè, dopotutto, essenziale.
Nella sua "apologia", che rappresenta la Bibbia dei nazisti, Hitler pone subito al principio l’affermazione apodittica che "il giudeo è colpevole" e sfrutta lo sfortunato esito della guerra della Germania, presente a ciascuno, le dure condizioni del trattato di Versailles e le immediate conseguenze del dopoguerra, come veicoli per le teorie progammatiche. Mentre nel 1919 Hitler si limitava ancora a parlare di "razza non tedesca" che vivrebbe "tra noi", successivamente arriva a parlare di uno "stato" ebraico nello stato e ad affermare che "il giudeo non aveva mai avuto uno stato proprio". L’asserzione poi che l’ebreo "non lavora" in prima persona (ma appalta la forza di lavoro di altri popoli) è assurda. Già gli ebrei del Vecchio Testamento possedevano un’etica del lavoro senza esempio nella storia dell’antichità. La teologia rabbinica mette già espressamente in rilievo che l’uomo deve darsi da fare e lavorare manualmente perchè Dio gli accordi la sua benedizione. Nel Mein Kampf Hitler afferma "se gli ebrei fossero soli a questo mondo, affogherebbero nella sporcizia e nei rifiuti , così come cercano di …sterminarsi a vicenda in una lotta satura d’odio".La verità che gli ebrei, da lui ininterrottamente incolpati fin dal 1919, sono invece fin dall’antichità , per effetto della loro fede, impegnati non soltanto a una costante operosità, ma altrettanto rigorosamente ad aiutare il prossimo, è addirittura capovolta da Hitler, anche se sa benissimo che nel sistema di lavoro e di esperienza stabilito dagli ebrei non si trovano mai le condizioni di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, prevalenti nei tempi antichi. Hiler interpreta la lotta di classe come effetto dell’esistenza dell’ebraismo, da lui accusato di "portare" la democrazia e di usare appunto la lotta di classe come strumento della "disgregazione finale"del popolo, per mettere più facilmente a profitto la sua pretesa potenza di "stato" nello stato. Nel suo manosritto Hitler fornisce i criteri per un giudizio fin allora inconcepibile sui "giudei", che, dopo aver realizzato la prima parte del suo "progamma di potenza mondiale", ordina infine di sterminare come insetti nocivi con l’antiparassitario Ciclone B.; definisce l’ebreo "bacillo", "portatore di bacillo", "vampiro", "schizomiceto dell’umanità", afferma che "se il giudeo …trionfasse sui popoli di questo mondo la terra , come milioni di anni fa , correrebbe vuota di uomini attraverso l’etere". "L’ebreo è e resta parassita tipico , uno scroccone che si diffonde sempre più come un bacillo nocivo, non appena si offre un terreno di coltura propizio. Anche l’effetto della sua presenza è quello dei parassiti: dove entra lui , muore dopo un tempo più o meno breve la gente che lo ospita."
Egli reclama la creazione di "uno stato sociale" e la "soluzione del problema ebraico" e ne fa l’obiettivo finale d’un avvenire fondato sul nazionalsocialismo. Se tratta di guerra , ne evoca gli orrori e le conseguenze unicamente per poter accusare "il giudeo" di avere, durante la prima guerra mondiale, affamato di proposito il popolo mediante i rincari e di averlo derubato della sua sostanza per la lotta per l’ esistenza. All’ inizio gli ebrei devono soltanto essere impediti nella loro libertà di movimento professionale e patrimoniale, espulsi dalla Germania e in casi determinati condannati a morte come "usurai", "profittatori", o "sovversivi". Ma ben presto seguono altri provvedimenti, che colpiscono vivamente l’immaginazione,poichè nessuna civiltà umana ha mai conosciuto nulla di simile.
Nell’autunno del 1935 le leggi di Norimberga, sotto pena di severissime sanzioni, proibiscono i rapporti sessuali tra Tedeschi ed Ebrei (con matrimoni o exstraconiugali ), "per la protezione della purezza del sangue tedesco e dell’onore tedesco"; proibiscono agli Ebrei di aver al proprio servizio domestiche di sangue tedesco o assimilato che abbiano meno di 45 anni di età, di esporre bandiere dai colori nazionali tedeschi. Queste leggi hanno un profondo significato: sono strettamente connesse al fenomeno nazionalsocialista nel suo insieme, ed erano essenziali per il successo del Terzo Reich. Inoltre senza di esse lo sterminio degli Ebrei non sarebbe stato possibile. Queste disposizioni sono oggi chiamate "sacrali"in contrapposizione ai primi provvedimenti antisemitici che sono chiamati "profani". Hitler sogna di estirpare la religione cristiana e sostiruirla con un nuovo culto e una nuova morale, "una fede forte ed eroica…in un invisibile Iddio del destino e del sangue", poichè solo una religione, con tutto l’entusiasmo e lo spirito di sacrificio che può infondere negli animi, con "l’influsso dinamogenico che eser cita sulle coscienze" (come afferma Emile Durckheim), può assicurargli uomini obbedienti e fanaticamente sottomessi, quali gli occorrono al suo seguito per raggiungere la meta. L’anima della razza, il sangue e il suo appello misterioso, rappresentano la potenza immanente e superiore concretizzata nel popolo (Volk)… Il Fuhrer, che sa cogliere in modo infallibile i comandamenti dell’anima della razza, è anche il grande sacerdote che sa esprimere la volontà divina. Ma l’anima della razza, il sangue, il Volk, oggetti di sacra reverenza, resterebbero nozioni vaghe e fluide se non fossero rese tangibili agli occhi dei fedeli opponendo ad esse un’antirazza, un antipopolo, ben presente e in carne e ossa. L’ebreo, principio dell’impurità e del male, simboleggia il Diavolo. "Se l’ebreo non ci fosse bisognerebbe inventarlo", afferma Hitler, "Gli ebrei sono la migliore salvaguardia della Germania, essi saranno i benefattori della Germania". Una religione come questa non può fare a meno del diavolo. Questo dualismo manicheo era essenziale. La presenza del diavolo fa sì che meglio si percepisse il dio: scatenando l’odio verso l’Impuro, l’adorazione della divinità ne veniva stimolata. La religione della razza dei Dominatori, adattata su misura, permetteva di ottenere dai fedeli terrore e sottomissione generali. Ma per rendere il simbolo maggiormente convincente, è necessario circondarlo di sacro orrore. Più l’orrore sarebbe stato intenso, più sarebbero state intere l’adorazione e la fede. Per meglio stimolare il sangue, bisogna accoppiare l’ostilità verso gli ebrei con gli istinti più attivi, collegarli alle rappresentazioni più sacre: la madre, la sposa. Di qui l’appello alla sessualità. Tale il senso recondito delle leggi sacrali di Norimberga e delle severe sanzioni che le accompagnano. Così un’atmosfera di sacro orrore ha potuto impregnare in diversa misura milioni e milioni di menti tedesche. Se una minoranza esecra l’Ebreo, nutrendo verso di lui un odio omicida, vi è una maggioranza, non fondamentalmente antisemita, che permette lo si uccida e vi presta la mano, pochè lo vede oggetto d’esecrazione. "Essi hanno imparato a non guardare: si tratta del destino degli Ebrei, non del nostro".
Quando giunge al potere, il 30 gennaio 1933, Hitler non ha ormai più che rimuovere i rottami dello stato di partiti, la cui costituzione del 1919 è andata sempre più svuotandosi di significato. I partiti politici si sono tolti di mezzo da soli e gli hanno spianato la via per l’instaurazione dello stato nazionalsocialista a partito unico. Del resto il Fuhrer critica i partiti di sinistra poichè essi "per lo più non volevano riparare gli errori, ma…accaparrarsi vantaggi di partito", mentre rimprovera a quelli di destra di criticare "le condizioni odierne" e di lodare "tutto del passato", di voler vedere "tutte le colpe da un solo lato",di mancare di "logica ferrea" e di aver paura di "impegnarsi a fondo". Egli prepara il suo sistema politico per gradi e lo realizza nel giro di pochi giorni, mettendo in scena un gioco combinato dall’alto e dal basso, consistente nelle dichiarazioni fornite regolarmente da se stesso e dai suoi paladini, che "lavorano per lui e per la sua causa". "Egli", secondo il giudizio di Alan Bullok, che trova d’accordo gran parte degli storici contemporanei, "fu il più grande demagogo della storia; le pagine in cui Hitler discute la tecnica della propaganda di massa e la tattica del comando sono di gran lunga più brillanti di quelle dedicate alla farraginosa spigazione delle sue altrettante farraginose e non originali teorie politiche". L’arte della sua propaganga si basa su regole ben precise: deve essere rivolta solo alle masse, (ne consegue che il suo livello spirituale sarà tanto più basso quanto più grande è la massa che si vuole coinvolgere), deve trovare la via del cuore delle grandi masse, capire ed esprimere il loro mondo, rappresentare i loro sentimenti, esercitare la violenza del padrone, deve calcolare con precisione, astuzia e prudenza le debolezze umane, affidarsi alle iperboliche menzogne, poichè alla gente non verrà neanche in mente che sia possibile architettare una così profonda falsificazione della verità.
Agli albori della sua ascesa politica, Hitler vuole agire nell’ambito della legalità, anche se, in realtà, nega a qualsiasi comune mortale la capacità di giudicarlo. "Nel corso d’un lungo periodo della storia dell’umanità", si legge in Mein Kampf, "può accadere che l’uomo politico si sposi con il programmatico. Quanto più intimo… è questo amalgama, tanto più grandi sono le resistenze che si oppongono all’azione del politico. Egli non lavora più per esigenze che riescano comprensibili ad ogni borghesuccio, ma per obiettivi che soltanto un’esigua minoranza capisce. Perciò la sua vita è travagliata da amore e odio. La protesta del presente, che non comprende quest’uomo politico, è in lotta con il riconoscimento della posterità, per la quale egli infatti lavora. Giacchè quanto più sono grandi le opere di un uomo per il futuro, tanto meno il presente è in grado di comprenderle…".
Come molti "riformatori del mondo" prima e dopo di lui, anche Hitler è persuaso di aver scoperto e capito quello che da millenni storici e filosofici cercano di penetrare l’ "eterno corso della storia". Egli si giudica fin dall’inizio anzitutto un genio politico, vede negli altri uomini soltanto un "mezzo per il fine" ed è convinto di aver di già, venticinquenne autodidatta, sollevato il velo della storia e trovato il definitivo ubi consistam spirituale. Date queste sue convinzioni, il suo progetto per una "monumentale storia dell’umanità", abbozzato al principio della sua carriera politica, assume una strardinaria importanza. Nel suo progetto di una "prima storia dei popoli fondata sulla legge della razza" egli costringe l’umanità entro uno schema dialettico bianco e nero, che conosce soltanto "due specie di uomini", "produttori e parassiti", "costruttori e distruttori" e "figli di Dio e uomini", e ammette gradazioni unicamente là dove esse fanno apparire le sue interpretazioni e le sue finalità come scoperta dell’effettivo decorso della storia.
Mentre fino al 1923 egli accusava gli ebrei unicamente di essere stati i promotori della prima guerra mondiale e della disfatta tedesca del 1918, con tutte le sue conseguenze anche al di fuori del Reich tedesco, già in Main Kampf deplora che al principio e durante la prima guerra mondiale si sia trascurato di "sottoporre a gas venefici… dodici o quindicimila … corruttori ebraici del popolo". E il 30 gennaio 1939 , sei anni dopo aver preso il potere e sette mesi prima dell’inizio della campagna di Polonia, ne trae le conseguenze logiche: "Se il giudaismo finanziario internazionale, in Europa e fuori, dovesse riuscire a precipitare ancora una volta i popoli in una guerra mondiale, il risultato non sarà…la vittoria del giudaismo,ma l’annientamento della razza giudaica in Europa". Con un semplice "tratto di penna", senza bisogno di leggi, fece scatenare con la campagna di Polonia l’eutanasia, un’impresa di sterminio su grande scala, e finalmente nel 1941, con la campagna di Russia da lui iniziata con sorpresa per la grandissima maggioranza dell’opinione pubblica, fa preparare, dietro lo schermo della vittoriosa avanzata dell’esercito dell’est, l’eliminazione di trenta milioni di persone, soprattutto ebrei e slavi, al fine di procurare spazio ai tedeschi. Quanto immatura e lacunosa sia fino al 1924 la Weltanschauung (la sua nuova concezione del mondo e della vita ) di Hitler, al cui centro figurano in seguito, in un concatenamento ininterrotto di causa ed effetto,lotta, guerra di rapina, sterminio di "esseri inferiori" e un antisemitismo razzial-ideologico, lo mostrano in modo esemplare anche i suoi appunti per un discorsi "Lavoratori e trattati di pace". Inizialmente Hitler non pensa che un "incremento della popolazione" porti subito con sé anche un "estensione di territori" e "un aumento all’infinito dei prodotti del suolo" e ravvisa come soluzione alternativa per il superamento di questa difficoltà o la colonizzazione o il commercio mondiale o l’emigrazione. Mentre lavor a Mein Kampf, invece, arriva ad un’altra convinzione: rifiuta di rivendicare una "restaurazione dei confini del 1914",e non soltanto definisce quella richiesta, da lui stesso in precedenza propugnata e largamente diffusa in Germania dal 1918, un’assurdità acronistica e un "delitto", ma nella reintegrazione delle frontiere del 1914, colonie incluse, raffigura un mendicar l’elemosina, che la Germania per nessun motivo può accettare come motivo finale della sua politica estera. Da allora egli ha di mira non più soltanto lo stato tedesco sovrano con "potenza politica" e capacità di commercio mondiale, ma la dominazione di grandi aree in territorio conchiuso.
Dal 1924 Hitler non scorge più nella fame il fattore che "sconvolge la ragione", ma un mezzo naturale per la messa in scena di grandi azioni e misure di politica di potenza. Mentre fin allora ha accusato gli ebrei di far agire la "fame come artificio" della loro politica per la conquista della "dominazione mondiale", adesso è dell’opinione che fame e miseria possano aiutarlo a realizzare i suoi piani di potenza mondiale. Inoltre, non ha più paura d’un eccesso di popolazione, e anzi lo desidera per vederlo produrre miseria, perchè il popolo sia costretto ad "agitarsi" e a sottomettere nazioni intere. È difficile stabilire fino a che punto il vecchio argomento centrale antisemita di Hitler contribuisca a determinare questa nuova concezione, poichè solo eccezionalmente egli rivela le fonti delle sue idee. È invece sicuro che durante la prigionia ha conosciuto le dottrine del teologo ed economista inglese Thomas Robert Malthus; anche se, bisogna puntualizzare che Hitler ha completamente capovolto il pensiero di Malthus. Quest’ultimo, infatti, ha sostenuto la tesi che le cifre della popolazione aumentano più in fretta dei prodotti del suolo, per cui si giungerà facilmente alla sovrappopolazione, a carestie, guerre ed epidemie che si potrebbero controbattere solamente con matrimoni tardivi, limitazioni delle nascite, astinenza e incremento intensivo dell’agricoltura, mentre Hitler giunge a deduzioni diverse . L’eccesso di popolazione è, in tal caso, auspicato come base a una guerra di rapina e di sterminio per la conquista dei territori. "La fame come mezzo di guerra. La fame come mezzo per il fine…La fame appoggia la spada in guerre esterne…nella lotta di stato contro stato". Questi ritornelli propagandistici dicono in modo più diretto che lunghe argomentazioni come ad esempio in Mein Kampf, quali siano le vedute di Hitler dopo lo studio di Malthus.
Il 29 aprile 1925 Hitler ritiratosi nel rifugio antiaereo della cancelleria detta il suo "testamento politico", in cui enuncia pretese di un’intonazione così aggressiva nel campo della politica estera da apparire, in quel momento, prive d’ogni ragionevole rapporto con la realtà; egli, infatti, raccomanda alla "nazione tedesca" :
"Non tollerate mai la formazione di due potenze continentali in Europa. In qualsiasi tentativo di tal genere, dovete ravvisare un attacco contro la Germania e scorgervi non soltanto il diritto, ma il dovere di impedire con ogni mezzo, compreso il ricorso alla forza delle armi, il sorgere di un simile stato, oppure, qualora fosse già sorto, di spezzarlo di nuovo…Non dimenticate che il diritto più sacro in questo mondo è il diritto alla terra che si vuole coltivare e il sacrificio più santo è quello del sangue che si versa per questa terra". Egli attribuisce la causa della Seconda Guerra Mondiale al giudaismo internazionale e i suoi soccorritori, e nomina un presidente del Reich, un cancelliere e i nuovi ministri (cose che, in base alla costituzione, non può fare), poichè, come lui stesso afferma, "il compito di edificare uno stato nazionalsocialista rappresenta il lavoro dei secoli a venire"; mantiene in rigore fino alla fine il suo acceso antisemitismo, imponendo ai nuovi dirigenti della nazione di mantenere in vigore le leggi razziali e di proseguire la lotta contro il giudaismo internazionale.Con un discorso antisemitico e con un documento crudemente improntato di odio per gli ebrei Hitler aveva fatto la sua prima comparsa nella vita politica, e con un giuramento e un documento antisemiti conclude la sua esistenza.(sono state avanzate molte ipotesi sulla sua morte: secondo gli ultimi suoi fedeli , l’idolo del Terzo Reich si è tolto la vita virilmente, con un coraggioso colpo di pistola, mentre i sovietici hanno un interesse altrettanto forte d’accreditare la notizia secondo la quale il Fuhrer si è vigliaccamente avvelenato. Forse Hitler si è sparato dopo aver ingerito il cianuro.) Per tutta la sua vita rimane fondamentalmente quello che è durante il suo periodo scolastico: un antisemita che riconduce esclusivamente all’esistenza dell’ebraismo tutti gli avvenimenti storici e politici negativi. In se stesso non cerca mai, neppure nelle ultime settimane della sua vita, la minima ombra di colpa per il fallimento dei suoi pazzeschi piani, ai quali due decenni prima ha dato forma concreta con formule apodittiche d’una presuntuosa eccentricità. Il suo fanatismo e l’accondiscendenza di molti suoi sostenitori hanno prodotto la morte di circa 18 milioni di persone di tutte le nazionalità, solo nei campi di concentramento nazisti della Germania e dell’Europa occupata, di cui 11 rappresenterebbero il bilancio della persecuzione e delle deportazioni. Ecco di che cosa è capace l’uomo; ecco fin dove può spingersi nella bestialità. Ma non parliamo di bestialità, sarebbe recar ingiuria alle bestie: le più feroci di esse non uccidono che per procacciarsi nutrimento. Hitler ha teorizzato ed ha imposto la realizzazione di un massacro amministrativo, scientifico, coscienzioso, che le generazioni successive non possono, nè devono mai dimenticare per poter combattere con tutte le loro forze ogni altro eventuale fanatismo.
- Tesine