Haec Alcibiadi laetitia non nimis fuit diuturna.
Nam cum ei omnes essent honores decreti totaque res publica domi bellique tradita, ut unius arbitrio gereretur, et ipse
postulasset, ut duo sibi collegae darentur, Thrasybulus et Adimantus, neque id negatum esset, classe in Asiam profectus, quod
apud Cymen minus ex sententia rem gesserat, in invidiam recidit. 2 Nihil enim eum non efficere posse ducebant. Ex quo fiebat,
ut omnia minus prospere gesta culpae tribuerent, cum aut eum neglegenter aut malitiose fecisse loquerentur; sicut tum accidit.
Nam corruptum a rege capere Cymen noluisse arguebant. 3 Itaque huic maxime putamus malo fuisse nimiam opinionem ingenii atque
virtutis. Timebatur enim non minus quam diligebatur, ne secunda fortuna magnisque opibus elatus tyrannidem concupisceret.
Quibus rebus factum est, ut absenti magistratum abrogarent et alium in eius locum substituerent. 4 Id ille ut audivit, domum
reverti noluit et se Pactyen contulit ibique tria castella communiit, Ornos, Bisanthen, Neontichos, manuque collecta primus
Graecae civitatis in Thraeciam introiit, gloriosius existimans barbarum praeda locupletari quam Graiorum. 5 Qua ex re creverat
cum fama tum opibus magnamque amicitiam sibi cum quibusdam regibus Thraeciae pepererat. Neque tamen a caritate patriae potuit
recedere.
Versione tradotta
Questa letizia di Alcibiade non durò troppo a
lungo. Infatti gli erano state decretate tutte le cariche e affidati tutti i poteri dello Stato in pace e in guerra, sì che
esso veniva governato dall'arbitrio di lui solo; dopo aver chiesto ed ottenuto che gli fossero dati come colleghi Trasibulo
e Adimanto, fece una spedizione navale in Asia; ma presso Cime le cose non andarono secondo le attese e quindi ricadde
nell'odio: 2 ritenevano infatti che non ci fosse nulla che non potesse riuscirgli. Ne conseguiva che gli imputassero a colpa
tutti gli insuccessi, dicendo che aveva agito o con negligenza o per tradimento. E così accadde anche allora: infatti lo
accusavano di non aver voluto conquistare Cime, perché corrotto dal re. 3 Per cui riteniamo che gli nuocesse soprattutto
l'eccessiva considerazione del suo ingegno e del suo valore. Era infatti temuto non meno che amato: c'era il rischio che
imbaldanzito dalla buona sorte e dalla grande potenza potesse aspirare alla tirannide. Avvenne così che gli revocarono, mentre
era assente, l'incarico e gli sostituirono un altro. 4 Come lo venne a sapere, non volle tornare in patria e si diresse a
Pattia e li fece fortificare tre borghi, Orno, Bizante, Neontico e, radunata una schiera, primo di tutti i Greci penetrò nella
Tracia, ritenendo più glorioso arricchirsi con le prede dei barbari che dei Greci. 5 Perciò si era arricchito sia di fama che
di mezzi e si era legato di stretta amicizia con alcuni re della Tracia.
- Letteratura Latina
- De viris illustribus (Alcibiades) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote
- De viris illustribus