Neque tamen a caritate
patriae potuit recedere.Nam cum apud Aegos flumen Philocles, praetor Atheniensium, classem constituisset suam neque longe
abesset Lysander, praetor Lacedaemoniorum, qui in eo erat occupatus, ut bellum quam diutissime duceret, quod ipsis pecunia a
rege suppeditabatur, contra Atheniensibus exhaustis praeter arma et navis nihil erat super, Alcibiades ad exercitum venit
Atheniensium ibique praesente vulgo agere coepit: si vellent, se coacturum Lysandrum dimicare aut pacem petere spondet;
Lacedaemonios eo nolle classe confligere, quod pedestribus copiis plus quam navibus valerent: sibi autem esse facile Seuthem,
regem Thraecum, deducere, ut eum terra depelleret; quo facto necessario aut classe conflicturum aut bellum compositurum. Id
etsi vere dictum Philocles animadvertebat, tamen postulata facere noluit, quod sentiebat se Alcibiade recepto nullius momenti
apud exercitum futurum et, si quid secundi evenisset, nullam in ea re suam partem fore, contra ea, si quid adversi accidisset,
se unum eius delicti futurum reum. Ab hoc discedens Alcibiades `Quoniam’ inquit `victoriae patriae repugnas, illud moneo, ne
iuxta hostem castra habeas nautica: periculum est enim, ne immodestia militum vestrorum occasio detur Lysandro vestri
opprimendi exercitus’. Neque ea res illum fefellit. Nam Lysander cum per speculatores comperisset vulgum Atheniensium in
terram praedatum exisse navesque paene inanes relictas, tempus rei gerendae non dimisit eoque impetu bellum totum delevit.
Versione tradotta
Ma non poté rinunciare all'amore di patria. Difatti quando Filocle, comandante degli Ateniesi, ancorò la
flotta presso Egospotami e vicino c'era Lisandro, comandante degli Spartani, che si dava da fare per protrarre quanto più
poteva la guerra, perché a loro forniva il denaro necessario il re di Persia, mentre agli Ateniesi esausti non rimanevano che
le armi e le navi, Alcibiade si recò presso l'esercito ateniese e lì alla presenza della truppa cominciò a parlare così: se
volevano, egli avrebbe costretto Lisandro a combattere o a chiedere la pace; gli Spartani non volevano combattere in mare,
perché erano più forti nell'esercito di terra che nella flotta; ma per lui era comunque facile convincere Seute,il re dei
Traci, a cacciare Lisandro dal continente: per cui sarebbe stato costretto o a combattere per mare o a far la pace. Filocle si
rendeva conto che le cose che quello diceva erano giuste, tuttavia non volle fare quanto richiesto, perché capiva che se avesse
accolto Alcibiade, lui nell'esercito non avrebbe più contato nulla e nel caso di qualche successo, non gliene sarebbe stato
riconosciuto alcun merito; nel caso di una sconfitta, sarebbe stato ritenuto l'unico responsabile dell'errore.
Andandosene da lui Alcibiade disse: "Poiché ti opponi alla vittoria della patria, ti avverto di una cosa: non tenere vicino al
nemico gli schieramenti navali: 'è infatti il pericolo che per l'indisciplina dei vostri soldati si dia a Lisandro
l'occasione di annientare il vostro esercito". E non si ingannò a tale proposito. Infatti Lisandro, avendo appreso dai suoi
osservatori che il grosso dell'esercito ateniese era sbarcato per depredare e che le navi erano rimaste quasi vuote, non si
lasciò sfuggire l'occasione di attaccare e con quel solo assalto pose fine a tutta la guerra.
- Letteratura Latina
- De viris illustribus (Alcibiades) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote
- De viris illustribus