«Si dei habitum corporis tui aviditati animi parem esse statuissent, orbis te non caperet: altera manu Orientem, altera Occidentem contingeres; et, hoc assecutus, scire cuperes ubi tanti numinis fulgor conderetur. Sic quoque, concupiscis, quae non capis. Ab Europa petis Asiam, ex Asia Europam; deinde, si humanum genus omne superaveris, cum silvis et nivibus et fluminibus ferisque bestiis gesturus es bellum. Quid? Tu ignoras arbores magnas diu crescere, una hora exstirpari? Stultus est, qui fructus earum spectat, quarum altitudinem non metitur. Vide ne, dum ad cacumen pervenire contendis, cum ipsis ramis, quos comprehenderis, decidas. Leo quoque aliquando minimarum avium pabulum fuit, et ferrum robigo consumit. Nulla res tam firma est, cui periculum non sit etiam ab invalido.»
Versione tradotta
«Se gli dèi avessero voluto che la tua corporatura fosse pari all'avidità del tuo animo, il mondo non ti conterrebbe: con una mano toccheresti l'Oriente, con l'altra l'Occidente e, ottenuto questo, vorresti sapere dove si nasconda lo splendore di una divinità tanto potente. Anche così, tu desideri ciò che non puoi prendere (lett. prendi). Dall'Europa vai in Asia, dall'Asia (passi) in Europa; poi, se avrai sconfitto tutto il genere umano, muoverai guerra alle foreste, alle nevi, ai fiumi e alle bestie feroci. E allora? Tu ignori che i grandi alberi crescono in molto tempo, ma si sradicano in una sola ora? È sciocco chi guarda i loro frutti, ma non ne misura (lett. dei quali non misura) l'altezza. Bada, mentre ti sforzi di giungere in cima, di non cadere giù insieme ai rami cui ti sarai afferrato. Anche il leone è stato qualche volta pasto di piccolissimi uccelli, e la ruggine corrode il ferro. Niente è così forte che non possa essere messo in pericolo anche da un debole.»
- Letteratura Latina
- Lingua Viva 2
- Versioni dai Libri di Esercizi