Cenni biografici Figlio di un piccolo commerciante israelita, Alfred Adler nacque a Rudolfsheim (Austria) il 7 febbraio 1870. Il suo aspetto fisico e la salute precaria sembrano avere influito sul suo pensiero: di bassa statura, egli soffrì di rachitismo. La condizione di isolamento e di immobilità imposta per motivi terapeutici gli propose precocemente i problemi dell’inferiorità e della socializzazione. Nell’adolescenza coltivò la passione per la musica e fu affascinato dai caffò viennesi, luogo d’incontro e di conversazione. La frequentazione dei caffò fu all’origine della sua abitudine a diffondere la propria dottrina al di fuori degli ambienti accademici. La scelta della carriera medica fu precoce e probabilmente legata alle esperienze infantili; come studente non fu brillante. Compì a Vienna tutti gli studi, laureandosi in medicina nel 1895. Dapprima si specializzò in oftalmologia, ma poi, considerando troppo ristretta questa specializzazione, optò per la medicina interna. Nel periodo dei suoi studi universitari iniziò a manifestare interesse per il marxismo e il socialismo. Nel 1897 sposò Raissa Epstein, figlia di un ricco commerciante ebreo di origine russa. Il carattere della moglie, donna intelligente, combattiva, capace di sostenere idee anticonformiste, inesperta dei lavori domestici, poco curata nel vestire e di piccola statura, influenzò la visione adleriana del femminile. Ebbe da lei 4 figli, due dei quali, Alexandra e Kurt, si dedicarono alla Psicologia Individuale, fornendo, anche dopo la morte del padre, interessanti contributi. Nel 1898 scrisse un lavoro in cui esaminava le condizioni igienico sanitarie dei sarti, rilevando le relazioni esistenti tra lavoro e comparsa di alcune malattie. Per combattere mortalità e malattie (estremamente elevate fra i lavoratori in quel periodo) Adler proponeva di migliorare le condizioni di lavoro, abolire il cottimo, costruire case decenti. Nel 1902 si verificò il primo incontro con Freud, che Adler difese appassionatamente all’interno dell’associazione dei medici viennesi. Lo stesso anno, su pressione di Freud, entrò a far parte del “gruppo del mercoledì”, così detto perchè si riuniva ogni mercoledì a casa di Freud per discutere i risultati di studi ed indagini. Inizialmente costituito da pochi studiosi e, in seguito, fattosi più nutrito, il gruppo avrebbe dato origine alla “Società viennese di psicologia”. Nonostante il suo incontro con Freud, nel 1902 e l’adesione al movimento psicoanalitico, Adler, si differenziò dagli altri membri del gruppo: aveva già una sua visione autonoma della psicologia. I suoi primi scritti sono anteriori alla data dell’incontro. Alla luce delle vicende successive e dell’evoluzione del pensiero adleriano riesce difficile comprendere oggi che cosa abbia spinto Adler e Freud ad incontrarsi e a percorrere una parte del loro cammino di ricerca in comune. Il contesto culturale del tempo, che vedeva con diffidenza quanto non dimostrabile, giustifica questa contraddizione. Ma se, all’inizio, l’obiettivo comune di sostenere linee di pensiero anticonformiste e osteggiate dalla scienza ufficiale costituì l’elemento di coesione, ò verosimile che nelle fasi successive queste differenze siano ritornate in primo piano, contribuendo alla scissione. Nel 1904 si convertì al protestantesimo. Adler iniziò la professione, dopo un periodo di frequenza presso gli ospedali, in uno studio privato nel quartiere del Prater, abitato dal ceto piccolo-borghese. Sin dall’inizio della sua professione, Adler prestò particolare attenzione alla comunicazione e al rapporto con i pazienti. Nel 1907 conseguì la specializzazione in malattie nervose. Del 1907 ò anche lo studio sulla “inferiorità degli organi” e dell’anno successivo quella del saggio sull'”istinto di aggressione”. All’interno del gruppo psicoanalitico la sua posizione di consolidò sino alla nomina, nel 1910, a Presidente. Dopo una serie di contrasti, culminati nella drammatica riunione della società tenutasi il 22 febbraio 1911, Adler presentò le dimissioni. Il motivo apparente di questa frattura fu la critica di Adler alla teoria freudiana della sessualità con l’affermazione del concetto di “protesta virile”. Ma, osservando la successiva evoluzione e lo sviluppo della teoria adleriana, non ò difficile capire che le vere cause della scissione siano da ricercarsi nelle profonde differenze tra le due scuole di pensiero e nello spostamento dell’attenzione di Adler sulla visione teleologica della meta per comprendere l’essere umano. Nella scissione Adler fu seguito da sei membri della società psicoanalitica e con essi fondò una nuova società che prese il nome di “Società per la libera Psicoanalisi”, successivamente modificata in “Società per la Psicologia Individuale”. L’orientamento sociale e la concezione plastica della mente suggerirono infine l’adozione della denominazione definitiva di “Psicologia Individuale Comparata”. Nel 1912 Adler presentò domanda per la libera docenza universitaria; la domanda venne respinta sulla base di futili motivazioni. Richiamato alle armi come ufficiale medico all’età di 44 anni, a seguito dell’esplosione della prima guerra mondiale, ebbe modo di osservare sul campo le reazioni psicopatologiche agli eventi bellici. La sconfitta dell’Austria determinò un impoverimento del paese e aggravò le tensioni sociali. Le idee politiche socialiste di Adler trovarono terreno fertile in questo contesto, consentendogli, nel 1920, di avviare in Austria le prime strutture psicopedagogiche che troveranno, ma solo molti anni dopo, numerosi seguaci in tutto il mondo. L’ampia disponibilità con la quale negli Stati Uniti venne accolto il suo vasto programma di conferenze finalizzate a diffondere la sua dottrina, portò Adler a contatti sempre più frequenti con il Nuovo Mondo. L’avanzata del nazismo in Europa e l’apertura da parte degli ambienti universitari statunitensi influenzarono la decisione del suo trasferimento definitivo in America; nel 1930, venne incaricato dell’insegnamento della psicologia alla Columbia University e nel 1932 gli fu conferito il titolo di professore anziano al Medical College di Long Island. Gli ultimi anni della sua breve vita lo videro impegnato nel lavoro di diffusione delle sue idee, che propagandava direttamente con conferenze, spaziando dai temi della psicoterapia alla criminologia e alla pedagogia. “La conoscenza dell’uomo” (del 1927) costituisce l’espressione più completa dei suoi principi teorici. Il 28 maggio del 1937 fu stroncato da un infarto, mentre si apprestava a tenere una conferenza ad Aberdeen in Scozia. La sua morte, avvenuta all’età di soli 67 anni, pose fine all’evoluzione del suo pensiero di cui si trova l’ultima significativa testimonianza ne “Il senso della vita” del 1933. Adler ha introdotto il concetto di complesso d’inferiorità . Sempre attento verso i problemi sociali, ha sviluppato un approccio olistico ed umanistico verso di essi. L’aspirazione alla superiorità coesiste con un altro innato impulso: cooperare e lavorare con altre persone per il raggiungimento del bene comune, un impulso che Adler ha definito interesse sociale. Lo stato di salute mentale ò caratterizzato da ragione, interesse sociale e auto-trascendenza; quello di disordine mentale invece da senso di inferiorità , egocentrismo, senso di superiorità o bisogno di esercitare potere su altre persone. Gli psicoterapeuti adleriani dirigono l’attenzione del paziente sul fallimentare e nevrotico carattere delle proprie aspirazioni allo scopo di fargli superare il senso d’inferiorità . Quando il paziente ò divenuto conscio di questo viene aiutato ad acquisire una maggiore auto-stima, ad adottare obiettivi più realistici e comportamenti più utili e socialmente orientati. Adler ò il fondatore della psicologia individuale che oppone alla concezione libidica di Freud una concezione basata sulle nozioni di carattere, di complesso d’inferiorità , di conflitto tra la posizione reale dell’individuo e le sue aspirazioni. OPERE FONDAMENTALI: I primi scritti di Adler sono costituiti da alcuni lavori su temi di medicina sociale tra i quali la monografia su “Le malattie dei sarti”. Ricordiamo le opere principali: 1907, “Studio sull’inferiorità degli organi”; 1908, “L’aggressività istintuale nella vita e nella nevrosi”; 1912, “Il temperamento nervoso”; 1917, “Psicologia dell’omosessualità “; 1920, “La psicologia individuale”; 1927, “La conoscenza dell’ uomo”; 1931, “Cosa la vita dovrebbe significare per voi”; 1931, “Il Caso della Signora A. (La diagnosi di uno stile di vita)”, Rivista di Psicologia Individuale, n. 42, pp. 9-41, Luglio-Dicembre 1997; 1932, “La struttura delle nevrosi”; 1933, “Il senso della vita”; 1936, “Prefazione al Diario di Vaslav Nijinsky”, in Adler A., Ansbacher H. L., Parenti F., Pagani P. L., ” Adler e Nijinsky “, Quaderni della Rivista di Psicologia Individuale, N. 6, 1982; 1933, “Religione e psicologia individuale”; 1935, “I principi fondamentali della psicologia individuale”. Opere pedagogiche: 1929, “La psicologia individuale nella scuola”; 1930, “Psicologia dell’educazione”; 1930, “Il bambino difficile”. La teoria di Adler Adler ò il primo geniale eretico della psicoanalisi, ò il teorico della psicologia individuale, dove si affrontano gli stessi problemi di Freud con un sistema teorico che offre per essi una soluzione differente: Freud vede la vita dell’uomo in funzione del passato, Adler la legge in funzione del suo avvenire e questo perchè l’individuo ò guidato dal desiderio di superiorità , dalla ricerca di somiglianza divina, dalla fede nel suo potere psichico. La volontà di potenza, il sentimento sociale e la finzione sono le tappe principali del percorso. Le tappe sono secondarie rispetto alla capacità che egli ebbe di superare le antinomie freudiane spostando la sua attenzione dalle cause alle mòte. Sintetizzare l’evoluzione della Psicologia Individuale Comparata ò di certo un’operazione riduttiva e non semplice da compiersi. E’ più utile forse sintetizzare alcuni dei concetti chiave che caratterizzano la dottrina adleriana. Se le azioni sono la guida per capire la personalità , lo stile di vita costituisce la modalità dell’azione. Il termine, coniato da Adler, anche se passato ormai a far parte del linguaggio corrente, definisce la modalità con la quale l’individuo si muove verso la meta servendosi dei mezzi che ritiene di avere a sua disposizione e cioò della percezione soggettiva che ha di Sè. Lo stile di vita si forma nella primissima infanzia, ò definito nelle sue linee fondamentali già all’età di cinque anni. à la risposta che l’individuo fornisce per muoversi nel suo contesto ambientale originario che, in genere, ò costituito dalla famiglia. Per questo motivo Adler dedicò molta attenzione allo studio della “Costellazione Familiare”, cioò della posizione di nascita del bambino rispetto ai fratelli e della relazione e delle caratteristiche degli altri membri della famiglia. Inoltre Adler, con lo studio dei “Primi Ricordi Infantili”, per primo mise l’accento sul valore proiettivo dei ricordi che restituiscono l’impronta dell’attuale personalità . I primi ricordi sono l’impronta, non la causa. Nè ò importante stabilire se sono reali o frutto di elaborazione di fantasia: importa sapere che dalla loro interpretazione si ottengono informazioni essenziali per comprendere lo stile di vita dell’individuo e per riconoscere le sue mete. L’analisi dello stile di vita costituisce il fulcro dell’analisi adleriana. Nell’uomo ci sono due istanze innate esprimibili come: volontà di potenza intesa come bisogno innato di sopravvivere e di affermarsi e come sentimento sociale da intendersi sia come sentimento di cooperare con la comunità , sia di compartecipare emotivamente con gli altri individui. La coesistenza di queste due istanze rappresenta la salute mentale, mentre il loro conflitto porta alla nevrosi. Adler, che era un acuto osservatore e che costruì tutta la sua teoria partendo dall’attenta osservazione, constatò che ogni individuo tende verso l’alto, cioò si muove da una posizione vissuta come inferiore, ad una meta di superiorità . Nasce il termine volontà di potenza, di matrice nietzcheana, che spiega il motivo per cui l’individuo tende a reagire alla propria inferiorità spostandosi verso l’alto, usando gli artifici nevrotici nel suo cammino. Per Adler l’uomo ò un essere sociale e la tendenza verso il sociale ò innata. Questa concezione spiega perchè Adler aggiunse al nome della “Società di Psicologia Individuale” il termine “Comparata”. Egli sosteneva che l’uomo non può essere compreso se non viene osservato all’interno del contesto sociale con il quale interagisce. Il sentimento sociale lo avvicina alla dottrina di Erich Fromm per il quale l’uomo diviene sociale per sfuggire alla solitudine. L’innatismo del sentimento sociale ò forse l’unico aspetto dogmatico della teoria adleriana ma si deve riconoscere che l’esistenza di un buon rapporto con gli altri, che mantenga inalterata la propria individualità ma che faccia sentire l’individuo partecipe del suo contesto umano, ò elemento essenziale di un buon equilibrio psichico. Il sentimento di inferiorità caratterizza il bambino alla sua nascita ed ò fisiologico nell’infanzia. Si trasforma in complesso di inferiorità nell’adulto quando vengono a mancare le condizioni educativo- ambientali che consentono al bambino di liberarsene nel corso della crescita. Ad accentuare il complesso di inferiorità possono concorrere quella che Adler chiama inferiorità d’organo, intesa come insufficienza fisica o estetica e la costellazione familiare intesa come rivalità fra i fratelli a cui Adler attribuisce un’importanza maggiore che ai genitori. La compensazione ò una delle modalità che la volontà di potenza usa per superare il sentimento di inferiorità . La compensazione non deve essere vista solo come artificio nevrotico ma anche come elemento di superamento dell’inferiorità . Adler distingue tra compensazioni e supercompensazioni e tra compensazioni positive e negative: quelle negative e la supercompensazione interferiscono con il sentimento sociale. La progettazione di piani di vita può comportare una valutazione di sè e del mondo che si distacca dall’oggettività , producendo quelle finzioni che restano nell’ambito della normalità psichica finchè non distanziano troppo l’individuo dai suoi simili e non alterano la coerenza del pensiero. La finzione ò un’idea che aiuta a trattare la realtà più agilmente. Esasperando il concetto, tutto ò finzione, o quanto meno tutto ò infarcito di finzioni. La finzione ò la sommatoria della costruzione soggettiva, alla quale si sovrappongono i codici ambientali di cui fanno parte la cultura, l’etica, il costume, la religione. Ogni individuo nel suo agire ò guidato da una meta e orientato verso la meta. Questo scopo prevalente viene definito fine ultimo e assume carattere fittizio quando ò inquinato da elementi patologici ed ò compensatorio di complessi. La meta ò composta da una parte consapevole e da una parte di cui l’individuo non ò consapevole. Scoprire la parte inconsapevole della meta aiuta a capire l’origine e il senso delle nevrosi e spiega fenomeni dei quali i soggetti nevrotici non sanno darsi pace. Il Sè creativo ò senza dubbio il concetto più elevato della teoria e costituisce il punto di arrivo del pensiero dello studioso austriaco. Definire il Sè creativo ò difficile anche se il concetto ò intuibile implicitamente: l’individuo ha in sò una serie di potenzialità creative che sono l’essenza stessa del suo essere. Tali potenzialità esigono che l’individuo trovi la possibilità di esprimerle attraverso l’azione. Ma la capacità di esprimere la creatività personale richiede un adeguato livello di autostima. Se il processo di crescita e di maturazione ha consentito di acquisire sicurezza, l’individuo può esprimere il proprio Sè creativo. Se invece il processo di maturazione ò stato incompleto, il complesso d’inferiorità impedisce l’espressione della creatività e l’individuo ò costretto ad adottare artifici nevrotici per mantenere il proprio livello di autostima. In questo caso però il Sè creativo non accetta la condizione di compromesso che gli impedisce di esprimersi e genera la spinta verso la ricerca delle vie d’uscita assieme agli artifici nevrotici di compenso a salvaguardia dell’autostima. Un opportuno processo di incoraggiamento fornito in un contesto relazionale adeguato può consentire il superamento del complesso e portare all’espressione della propria potenzialità creativa. L’incoraggiamento diventa lo strumento per il cambiamento. Se all’origine della nevrosi c’ò il sentimento di inferiorità , solo mediante un adeguato ed efficace incoraggiamento ò possibile ottenere la guarigione. Incoraggiare significa scoprire le potenzialità creative dell’individuo, aiutarlo a vederle e sostenerlo nel mettere in campo tali potenzialità , facendogli capire che dispone degli strumenti per realizzare le sue mete. Si configura quindi un ambiente analitico morbido e non angosciante ove si mira a superare i problemi guardando alle mete e rimuovendo gli ostacoli al cambiamento, invece di entrare nei vissuti angoscianti legati al passato, all’inseguimento di regressioni non sempre liberatorie. Questo non significa che Adler non guardi al passato e non attribuisca importanza alla ricostruzione della storia della vita dell’individuo. A differenza di Freud, per Adler i sogni e le fantasie non sono l’espressione dei desideri repressi ma un messaggio che l’individuo si dà , sperimentandosi con i propri vissuti in una situazione che ò fittizia (il sogno stesso) ma che viene vissuta come se fosse reale. L’analista adleriano dedica ampio spazio allo studio e all’interpretazione dei sogni e delle fantasie che sono la porta di accesso ai recessi più profondi della mente e contribuiscono alla comprensione delle distorsioni della percezione del Sè e delle mete inconsce. Adler non condivide l’idea che il mancato appagamento sessuale sia alla base delle nevrosi anche se attribuisce importanza alla vita sessuale. La sessualità ò una particolare espressione della vita di relazione e l’individuo si esprime nella propria vita sessuale secondo le linee fondamentali del proprio stile di vita. Abbandonato il determinismo pulsionale della psicoanalisi, Adler ò costretto a rivisitare le pulsioni sessuali e aggressive, intendendo le prime come espressioni della compartecipazione emotiva e le seconde come espressioni dell’istinto di sopravvivenza, contro l’ipotesi di Freud che le leggeva come figure della pulsione di morte. Adler propone che il riferimento psicanalitico alla sessualità sia inteso esclusivamente in senso metaforico: quindi l’invidia del pene, attribuita da Freud alle donne come fattore nevrogeno, non sarebbe altro che l’invidia della preminenza maschile nella civiltà occidentale; parimenti, la nevrosi maschile rappresenterebbe una protesta virile, una sovracompensazione nei confronti di un sentimento di inadeguatezza. Gli individui si sentono inadeguati ed imperfetti, e per compensazione si autoingannano creandosi uno stile di vita che costituisce essenzialmente una modalità esistenziale tesa al raggiungimento di una superiorità nei confronti degli altri. Anche la relazione affettiva ha una notevole importanza sullo sviluppo del bambino. Adler pone l’accento sulla correlazione tra l’insorgenza di disturbi nevrotici nell’età adulta e la condizione di bambino viziato o trascurato. Viziare e maltrattare sono le condizioni opposte della distorsione della relazione col bambino e coinvolgono la sfera dell’affettività . In sintesi la psicologia individuale di Adler, diversamente dalla psicanalisi ortodossa di Freud, sottolinea soprattutto l’importanza del fattore sociale nella comparsa della nevrosi. Lo sforzo dell’individuo per emergere, per imporsi, rappresenta il tentativo di superare il complesso di inferiorità che prova, da bambino, nei confronti del mondo degli adulti, inferiorità che può essere acutizzata da fattori economici e organici. Nel tentativo di superare questo senso di inferiorità , il bambino si prefigge obiettivi fittizi che hanno lo scopo di tranquillizzarlo. Nel soggetto normale questa contraddizione fra visione fittizia della vita e realtà viene mediata, consentendogli di stabilire soddisfacenti rapporti sociali. Nel nevrotico questa mediazione fallisce, vanificando la possibilità di una relazione sociale positiva. La terapia mira a determinare come si ò formato questo autoinganno, attraverso i ricordi e i sogni, non ricorre alle libere associazioni, considera il transfert come elemento facilitante e presuppone una partecipazione attiva da parte del terapeuta tesa a smascherare i falsi obiettivi a cui il paziente tende e a fornire mete esistenziali più idonee e stimolanti. Di qui l’influenza di Adler sul pensiero pedagogico contemporaneo. Psicologia dellâomosessualità Molti studiosi hanno trattato l’omosessualità , confutando il fatto che le sue radici siano da ricercare nel vizio e nella smodatezza. Secondo i sostenitori della causa biologica, ormonale o genetica, essa è congenita, mentre gli psicanalisti si sono rifatti all’educazione dell’individuo ed all’ambiente familiare in cui egli è cresciuto. Per quanto riguarda la definizione attuale dell’omosessualità , si afferma che un individuo omosessuale, il quale accetta in pieno e con serenità la propria condizione (libero quindi da restrizioni morali) non ò considerato un caso patologico tanto ò vero che la psichiatria ha cancellato l’omosessualità dall’elenco dei disturbi psicosomatici. Oggi ci si limita a considerare patologica quella forma di omosessualità vissuta con incertezza ed angoscia. Adler ritenne che l’omosessualità fosse un fattore legato alla nevrosi individuale, non congenito. Pubblicò nel 1917 “Il problema dell’omosessualità ” e nel 1930 “Psicologia dell’omosessualità “. L’opera di Alfred Adler per prima cosa fa il punto della situazione: nonostante le disposizioni giuridiche e penali, nonchè il rigore morale dell’epoca, il fenomeno omosessuale andava sempre più diffondendosi. L’autore inoltre rileva che gli studiosi del periodo non avevano trattato l’argomento in modo completo e che i loro trattati avevano inciso poco o niente sull’opinione pubblica. Secondo lo psicologo viennese, la psicologia individuale ha chiarito che i fenomeni di perversione (masturbazione, feticismo, omosessualità , masochismo) hanno alcune peculiarità in comune. Innanzitutto, sono espressione di un incremento della distanza fra uomo e donna. Infatti rappresentano una rivolta contro il normale adattamento sessuale e indicano il disprezzo verso il partner; sono compensatori per ridurre il presunto senso di superiorità della donna; sono in relazione con una forte sensibilità , con un eccesso di orgoglio e di caparbietà , con carenza di spirito cameratesco, con poco sentimento sociale, diffidenza e smania di comando. L’individuo predisposto alla nevrosi è più sensibile ai cambiamenti della vita, ed è quindi confrontandosi con i problemi della coppia e con il matrimonio che egli reagisce in forme anomale come l’omosessualità che, come la psiconevrosi, fa quindi parte dell’anormale. Nella fase dello sviluppo, il bambino affronta problemi e situazioni creando stratagemmi che ricava dalla propria esperienza e dal confronto con quelle degli altri, soluzioni che adotta come schemi del suo comportamento, ai quali si conformeranno da allora le sue risposte. Le ricerche della psicologia individuale hanno inoltre dimostrato che un bambino sarà tanto più perverso quanto più sarà accresciuto in lui il senso di inferiorità . Naturalmente sotto questa chiave anche l’educazione assume un senso di primaria importanza: un padre-tiranno, che offusca la personalità espressiva del figlio, può essere causa dell’insicurezza dello stesso, creando un grave senso di inferiorità , ed egli si oppone all’autorità del padre in modo nascosto, acquisendo le doti tipiche del perverso. Stessa cosa accade se la madre è forte e possessiva: il bambino avrà , un domani, un forte senso di scoraggiamento e quindi di repulsione verso la donna. La fuoriuscita dallo schema tradizionale fa sì che l’omosessuale sia scarsamente adattabile alla vita sociale, dove infatti egli ò condannato ad essere considerato immorale. E’ molto complicato curare l’individuo omosessuale perchè si tratta di una nevrosi individuale costituita in età giovanile: è necessario estirparne l’omosessualità acquisita nell’infanzia, quindi rilevare in modo preciso la distanza dal partner sessuale, evidenziare l’aspetto dell’antisocialità ed infine sciogliere il senso di superiorità adottato per compensazione. L’omosessualità , come si diceva, è un fattore di educazione dell’infanzia. La vasta diffusione di questo fenomeno, normale nei tempi antichi come tutt’oggi in ogni classe sociale, fa ad Adler dedurre che l’omosessualità sia una perversione non curabile. Bibliografia Ansbacher H. L., Ansbacher R. R., La Psicologia Individuale di Alfred Adler, Martinelli, 1997. Ellenberger H. F., La scoperta dell’inconscio, Boringhieri, 1972 Hall C. 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- 1900
- Filosofia - 1900