Alfred North Whitehead (1861-1947) ò l’altro grande protagonista (con Russell e Moore) del rinnovamento logico-epistemologico maturato a Cambridge nei primi decenni del Novecento. Le sue opere più importanti sono Processo e realtà (1929), Il concetto di natura (1920), La scienza e il mondo moderno (1926) e Avventure di idee (1933). Pur avendo come sfondo la cultura scientifica del suo tempo, il realismo di Whitehead non ò funzionale ad un’analisi critica della conoscenza e del linguaggio (come invece ò in Moore), ma ha come esito la riproposizione di una metafisica ontologica che si richiama per molti versi a Platone (Whitehead fu definito l’ultimo platonico di Cambridge), per alcuni versi a Leibniz e per altri ancora a Hegel. Nella carriera filosofica di Whitehead si ò soliti distinguere tre fasi, che non mancano però di apparire connesse da una vena “realistica” sostanzialmente unitaria. Il nucleo della prima fase ò di carattere specificamente matematico e logico ed ha il suo momento culminante nella collaborazione con Russell alla stesura dei Principia mathematica. Nella seconda fase, legata all’insegnamento di Whitehead svolto a Londra, prevalgono gli interessi per le scienze naturali e la teoria di Einstein. Nella terza ed ultima fase, connessa ad un soggiorno negli Stati Uniti (presso la Harvard University) viene sviluppata la versione più matura del realismo organico di Whitehead, consegnata alla sua maggiore opera: Processo e realtà (1929). Il presupposto fondamentale del realismo di Whitehead ò che l’oggetto della percezione (la natura) ò qualcosa di diverso dal pensiero; ciò non comporta però un dualismo tra pensiero e mondo naturale. L’originalità della concezione realistica whiteheadiana risiede nel tentativo di costruire, sulla base dei risultati della fisica più recente (in uno studio del 1922 Whitehead interpreta la teoria della relatività di Einstein), una cosmologia sistematica in cui trovino una spiegazione unitaria i processi del mondo organico e le forme della vita umana e della società nella varietà e nella continua integrazione dei loro molteplici aspetti: ” l’ufficio della filosofia ò quello di sfidare le mezze verità costituenti i princìpi primi delle scienze. La sistemazione della conoscenza non può essere in compartimenti-stagno. Le verità generali si condizionano l’un l’altra, e i limiti della loro applicazione non possono essere adeguatamente definiti senza la loro correlazione in una generalità più vasta “. Il volume Il concetto di natura, pubblicato nel 1922, ò il primo importante tentativo di chiarire i caratteri dinamici e relazionali del mondo naturale e di offrire un’alternativa non solo alle concezioni meccanicistiche della fisica sette-ottocentesca, ma anche ai modelli statici del materialismo e del “sostanzialismo” contemporanei. Tra gli aspetti più stimolanti dell’opera di Whitehead va annoverata la critica delle false astrattezze in cui sono incorse le metafisiche tradizionali coi loro dualismi irriducibili. Quella che il filosofo inglese definisce la ” duplicazione della natura in due sistemi di realtà “, vale a dire la natura quale ò ipotizzata dalla fisica e la natura quale ò data nell’esperienza sensibile, ò responsabile di uno dei più tenaci errori che ha impedito di cogliere il carattere organico della natura. La stessa idea di sostanza, dice Whitehead, ò indisgiungibilmente legata al pregiudizio della “localizzazione semplice” che disconosce la natura “processuale” dell’esperienza e i caratteri di creatività e di novità inerenti al mondo della natura e dell’uomo. Alla sostanza Whitehead contrappone l’ evento come ” elemento concreto primario ” della natura, che costituisce un nodo di relazioni non isolato nò isolabile dall’universo in cui ò compreso: la realtà in generale ò costituita da eventi forniti di prensioni (o percezioni) di tutti gli altri eventi del mondo, proprio come le monadi leibniziane erano un “punto di vista sull’universo”. Gli eventi hanno carattere soggettivo oppure oggettivo a seconda che, appunto, siano soggetto o oggetto di percezione, cioò percepiscano gli altri inglobandoli nella propria coscienza, o viceversa siano percepiti e inglobati dalla coscienza degli altri. E gli eventi non sono statici, ma dotati di una vivace dinamicità : ogni evento, infatti, ò connesso con il tutto in un “processo” unitario in cui consiste la realtà nel suo insieme. Le singole individualità “concrescono” insieme al tutto di cui fanno parte e che idealmente le precede; ed ò per questo che Whitehead, con la sua filosofia organica, fa riferimento ad Hegel, anche se il suo monismo tende a sposarsi con il pluralismo leibniziano. Nella sua summa filosofica del 1929, in cui “processo” e “realtà ” non indicano termini antitetici ma intendono configurare aspetti dell’universo reciprocamente integrantisi, Whitehead giunge a formulare appunto una filosofia dell’organismo che, nonostante la vastità e le innegabili suggestioni del disegno speculativo, non appare priva di oscurità e di contraddizioni rispetto alle istanze da cui aveva preso le mosse. La nozione stessa di “processo” implica, ad esempio, che le sue realizzazioni ( gli ” enti attuali “, come li designa Whitehead) siano indicati come ” oggetti eterni “, fondamenti immutabili che vengono postulati per spiegare il processo stesso. Egualmente, il concetto di Dio, introdotto da Whitehead non nel tradizionale senso trascendentale ma come sistema degli oggetti eterni, sembra assolvere all’interno del “processo” universale lo stesso ruolo che nelle metafisiche sostanzialistiche era stato designato come il fine ultimo e il principio unificatore del divenire. In altri termini, il processo della realtà (oltrechò dagli eventi) ò costituito da una pluralità di forme ideali (o oggetti eterni) che si realizzano e si manifestano gradualmente in essi; questi oggetti eterni (che fanno trasparire il platonismo di Whitehead) restano astratti fino a che non abbiano occasione di concretizzarsi e attuarsi in un evento, che per questo motivo ò anche detto del occasione attuale “. Poichè nelle loro più elevate espressioni gli oggetti eterni costituiscono il mondo dei valori supremi, la loro progressiva realizzazione nel tempo permette a Whitehead di dare un’interpretazione teologica del processo reale, il quale ò considerabile sotto due aspetti. Da un lato, esso presuppone una del natura primordiale, che contiene in sè la totalità degli oggetti eterni come presupposto della possibilità del processo stesso; dall’altro, esso si traduce, con le sue graduali realizzazioni concrete delle idee eterne, in del natura conseguente. Le due nature (primordiale + conseguente) esprimono congiuntamente l’essenza di Dio. Come rivela lo stesso uso terminologico relativo alle due nature (che ricalcano la tradizionale distinzione tra “natura naturante” e “natura naturata”) la concezione teologica di Whitehead ò immanentistica e panteistica: Dio coincide con la natura, ancorchò considerata non solamente nei suoi aspetti oggettivi e descrittivi, ma anche in quelli formali e normativi.
- 1900
- Filosofia - 1900