Amicizia e lealtà (Versione della maturità 2002) - Studentville

Amicizia e lealtà (Versione della maturità 2002)

Firmamentum autem stabilitatis constantiaeque est eius quam in amicitia quaerimus fides; nihil est enim stabile quod infidum est. Simplicem praeterea et communem et consentientem id est qui rebus iisdem moveatur eligi par est. Quae omnia pertinent ad fidelitatem; neque enim fidum potest esse multiplex ingenium et tortuosum neque vero qui non isdem rebus movetur naturaque consentit aut fidus aut stabilis potest esse. Addendum eodem est ut ne criminibus aut inferendis delectetur aut credat oblatis. Quae pertinent omnia ad eam quam iam dudum tracto constantiam. Ita fit verum illud quod initio dixi amicitiam nisi inter bonos esse non posse. Est enim boni viri quem eundem sapientem licet dicere haec duo tenere in amicitia: primum ne quid fictum sit neve simulatum; aperte enim vel odisse magis ingenui est quam fronte occultare sententiam; deinde non solum ab aliquo allatas criminationes repellere sed ne ipsum quidem esse suspiciosum semper aliquid existimantem ab amico esse violatum. Accedat huc suavitas quaedam oportet sermonum atque morum haudquaquam mediocre condimentum amicitiae. Tristitia autem et in omni re severitas habet illa quidem gravitatem sed amicitia remissior esse debet et liberior et dulcior et ad omnem comitatem facilitatemque proclivior.

Versione tradotta

Tuttavia fondamento di quella costanza e stabilità che cerchiamo nell’amicizia è la fedeltà: nulla è stabile di ciò che è sleale. E’ bene che si scelga una persona schietta e che concordi (con noi), cioè che sia toccata da ciò che tocca noi. Tutte queste cose riguardano la fedeltà; non può infatti essere fedele uno con un carattere tortuoso e instabile, né chi non è mosso dalle stesse cose e non acconsente per natura. A questo bisogna aggiungere, che (l’amico) non provi piacere nel lanciare accuse o non presti ascolto (lett.: non creda) alle (accuse) lanciate (da altri).Tutte queste cose riguardano quella costanza, che tratto già da tempo. E così è vero ciò che ho detto all’inizio, cioè che l’amicizia non può esistere se non tra i buoni. E’ infatti dell’uomo buono, che è lecito chiamare sapiente, mantenere nell’amicizia queste due cose: il primo che non ci sia nulla di finto e simulato; infatti anche odiare apertamente è dell’uomo nobile più che nascondere con l’apparenza l’opinione (la propria opinione); poi che respinga le calunnie lanciate da qualcuno, ma anche lui non sia sospettoso, pensando sempre che dall’amico sia mossa qualche mancanza. E’ da aggiungere a ciò quella dolcezza di parole e modi, condimento per niente mediocre all’amicizia. Il comportamento burbero e l’atteggiamento severo in ogni circostanza possiedono di per sé, è pur vero, una (loro) serietà, ma l’amicizia deve essere più piacevole, più rilassata, più dolce e più incline ad ogni (forma di) affabilità e (di) cortesia.

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