Cosa si intende per “Amore Platonico”
La principale differenza tra l’amore di oggi e quello dei tempi di Platone è che al giorno d’oggi abbiamo in mente un amore “bilanciato”, biunivoco, dove i due amanti si amano reciprocamente; ai tempi di Platone era univoco, uno amava e l’altro si faceva amare: nel mondo greco o l’uomo amava la donna o l’uomo amava l’uomo: l’omosessualità era diffusissima. Talvolta ci poteva essere un amore biunivoco, che Platone spiegava ricorrendo sempre alla teoria del flusso che intercorre tra gli occhi: secondo lui poteva venirsi a creare una situazione di “specchio”: in realtà l’amato vede negli occhi di chi lo ama se stesso perchò vede riflessa la propria bellezza; ò una concezione mitica che rievoca i celeberrimi versi di Dante: “amor, ch’a nullo amato amar perdona. . . “: ò come se chi ò amato si innamorasse del sentimento stesso. Platone ci parla dell’amore (in Greco “eros”, che designa l’amore passionale ed irrazionale, diverso da “agapò”, l’amore puro).
“Il Fedro” di Platone
Nel “Fedro” in realtà gli argomenti trattati sono due: 1)l’eros 2)la retorica. Quella di Platone, oltre ad essere un’epoca di passaggio tra oralità e scrittura, ò anche un’epoca in cui emerge un importante quesito: come si fanno ad educare i cittadini? Vi era chi rispondeva che l’unica via era la filosofia (tra questi Platone stesso), e chi, come Isocrate, sosteneva che per tale funzione ci fosse la retorica. Platone, dunque, vuole argomentare in difesa della filosofia: le vicende si svolgono nella campagna circostante Atene, in una calda giornata estiva. Protagonista è Socrate, che si potrebbe dire sempre presente nei dialoghi di Platone sebbene man mano che l’autore matura tenda a sfumare; Socrate in campagna si imbatte in Fedro, un suo discepolo che ama i bei discorsi a tal punto da trascriverli tutti. I due si siedono al riparo dal sole sotto un platano e Fedro mostra a Socrate un’orazione di Lisia, uno dei più grandi oratori greci, che si ò appena trascritto: ò un’orazione riguardante l’amore a carattere “sofistico”, si cercano cioè di dimostrare cose paradossali ed assurde: Lisia (va senz’altro notato come Platone ben riproduca lo stile lisiano)cerca di dimostrare come sia meglio concedersi a chi non ama: Lisia parte dal presupposto che l’amore sia una “follia” e che concedersi a chi ama ò una stoltezza: si avrebbe un amore troppo “appiccicaticcio” che se mai si rompesse farebbe soffrire terribilmente l’innamorato-amante; poi dopo che ò passato l’ardore iniziale si torna in sè e ci si rimprovera di essersi comportati così da “rimbambiti” e si finisce per soffrire di continuo. Con una persona non amata ò chiaro che ci si comporterebbe in tutt’altro modo: più che altro si penserebbe ad essere felici noi rispetto all’amato non amato. Socrate a sua volta imposta due discorsi: nel primo conferma la tesi lisiana, mentre nel secondo sostiene che il suo “demone”(una specie di coscienza personale-angelo custode che si fa sentire solo quando Socrate sta commettendo un errore) lo sta ammonendo, facendogli capire che sta clamorosamente sbagliando. Anche per Socrate l’amore ò una follia, però, a differenza di Lisia, per lui ò positiva: vi sono infatti follie dannose e negative, ma anche positive e benigne. Poi Socrate formula un nuovo discorso per farsi perdonare per quel che ha detto dal dio dell’amore (“Eros”). E’ difficile comprendere quale sia il tema centrale (L’amore? La retorica?); fatto sta che sono due argomenti strettamente connessi tra loro in quanto l’amore(l’eros)ò una metafora per indicare la filosofia: questa stretta parentela Platone la esamina meglio nel “SIMPOSIO”(dal Greco sun+pino=bere insieme), il suo capolavoro: Socrate si sta dirigendo verso la casa del tragediografo Agatone quando incontra un amico; allora invita anche l’amico e quando sono ormai arrivati, Socrate comincia a riflettere intensamente. Durante i simposi (all’epoca non c’era la TV e le serate si trascorrevano così)veniva nominato un simposiarca il cui compito era quello di dare un ordine alla discussione facendo passare la parola da un invitato all’altro e selezionare l’argomento da trattare. Si sceglie di parlare dell’amore: c’ò chi dice che Eros ò la divinità più giovane e più bella, chi dice che ò la più vecchia in quanto forza generatrice di tutto, chi sostiene che sia una forza cosmica che domina la natura, chi suggerisce che sia un tentativo da parte di tutti gli enti finiti di eternarsi procreando, c’ò chi ò del parere che sia la divinità più valorosa in quanto riesce a dominare perfino la guerra, facendo riferimento all’episodio mitico secondo il quale Ares, il dio della guerra, sarebbe innamorato di Afrodite. Aristofane, celeberrimo commediografo, narra una storia semiseria: si tratta di un mito secondo il quale gli uomini un tempo erano tondi, sferici e doppi: questi esseri si sentivano forti e perfetti e peccarono di tracotanza; gli dei per punirli li tagliarono a metà e per ricucirli fecero loro un nodo(l’ombelico)sulla schiena; poi lo posizionarono sulla pancia perché si ricordassero di quanto era successo ogni volta che guardavano in basso: questi esseri sentivano il bisogno di ritrovare l’altra metà e la cercavano disperatamente. Quando la trovavano si attaccavano e non si staccavano più neanche per mangiare e così morivano di fame; così gli dei crearono l’atto sessuale che consentiva di trovare un appagamento da questa unione. Questo mito originale ci spiega due cose: a ) in ogni epoca i rapporti sessuali sono sempre stati etero e omo. b )il tentativo di ritornare ad una situazione primordiale. Notare che nel mondo greco la forma sferica ò sempre vista come unità originaria perfetta( così era già in altri grandi filosofi quali Empedocle, Parmenide. . . ). Se si leggono accuratamente tutti i discorsi ci si accorge che ognuno di essi contiene una parte di verità : il discorso finale di Socrate non sarà nient’altro che una sintesi in cui li unisce praticamente tutti. Egli racconta di essersi una volta incontrato con una sacerdotessa(Diotima)che gli ha rivelato tutti i misteri dell’eros: viene a proposito citato un mito riguardante i festeggiamenti divini per la nascita di Afrodite: tra le varie divinità ci sono anche Poros (astuzia, furbizia)e Penia(povertà ). Essi, ormai ubriachi per l’eccessivo bere, si uniscono e viene così concepito Eros, che ha quindi le caratteristiche dei suoi genitori: ò ignorante, povero e brutto a causa di Penia, ma sa cavarsela sempre grazie a Poros. Non ò bello, ma sa andare a caccia della bellezza; egli sente l’amore ed ò soggetto della ricerca della bellezza e dell’amore, svolge le mansioni dell’amante e non dell’amato. Chiaramente se ricerca la bellezza significa che non la possiede: così il filosofo ò privo e bisognoso del sapere (penia=povertà ), ma ha anche le capacità di cercarsi e di procurarsi ciò di cui ò privo (poros=astuzia, espediente); dato che Eros ò privo di bellezza e le cose buone sono belle, manca anche di bontà ; ciò che non ò bello o buono, non ò necessariamente brutto e cattivo; per Platone vi ò un livello intermedio; tra il sapere e l’essere ignoranti la via di mezzo consiste nell’avere buone opinioni, senza però darne ragione; la posizione intermedia comunque non ò un male perché ò uno stimolo per arrivare al top: chi si trova nella posizione più bassa sa di non potersi elevare e neanche ci prova, chi si trova in quella più alta non si deve impegnare perché ò già nella posizione ottimale: chi si impegna e lavora ò chi si trova in una zona intermedia (i filosofi, che non sanno ma si sforzano di avvicinarsi al sapere). Tutti gli dei, gli aveva detto Diotima, sono belli e buoni e di conseguenza Eros non rientra nella categoria. Anche da questo punto di vista Eros riveste una posizione intermedia: non ò un dio, ma neanche un mortale: ò un qualcosa che nasce e muore di continuo; ò una metafora con cui si vuole dimostrare che non si può mai possedere totalmente l’amore; l’ amore ò metafora della filosofia perché l’uomo non possiede il sapere, ma si sforza per ottenerlo; può riuscire ad avvicinarvisi, ma non si tratta comunque di una conquista definitiva: il pieno sapere ò irraggiungibile. Dunque Eros ò una semi-divinità intermedia. Nella struttura sociale dell’epoca l’omosessualità era tipica dei filo spartani e di coloro che avevano un’impostazione culturale arcaica: ò questo il caso di Socrate e Platone. Il rapporto veniva vissuto “pedagogicamente”, vale a dire che era un rapporto di tipo maestro-allievo. A differenza dell’amore eterosessuale, di livello più basso in quanto volto al piacere fisico e alla procreazione materiale, quello omosessuale era di più alto livello in quanto volto alla procreazione spirituale: vengono fecondate le anime per procreare nuove idee. Propriamente in Socrate non si parlava di amore, ma vanno tenute in considerazione le affermazioni a riguardo della maieutica(Socrate diceva di fare lo stesso lavoro della madre che era un’ostetrica: lei faceva partorire le donne, lui le idee): Socrate aveva quindi già in mente anime gravide da far partorire; Platone invece sostiene che ci sia una vera e propria fecondazione delle anime, che chiaramente non devono essere sterili. Ben si intuisce che la ricerca dell’amore combacia con quella della filosofia. Alla fine del Simposio irrompe improvvisamente il famoso Alcibiade, totalmente ubriaco, che racconta pubblicamente di aver fatto delle “avances” a Socrate, che però non ha accettato: lui, bello, giovane, aitante con un vecchio decrepito che non ci sta: il che sta a significare che la bellezza esteriore conta meno di quella interiore, ed ò anche un modo per ribadire il concetto della scala gerarchica dell’amore. Socrate non ci viene presentato come un asceta: egli ò totalmente immerso nella sua realtà , ma non si lascia catturare: ai festini lui partecipa tranquillamente, pur non identificandovisi; dagli altri si distingue perché mantiene sempre la sua capacità di giudizio(nel Simposio ò l’unico a non addormentarsi).
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