Amores, III, 15 - Studentville

Amores, III, 15

Quaere novum vatem, tenerorum mater

Amorum!
raditur hic elegis ultima meta meis;
quos ego conposui, Paeligni ruris alumnus —
nec me deliciae

dedecuere meae —
siquid id est, usque a proavis vetus ordinis heres,
non modo militiae turbine factus

eques.
Mantua Vergilio, gaudet Verona Catullo;
Paelignae dicar gloria gentis ego,
quam sua libertas ad honesta

coegerat arma,
cum timuit socias anxia Roma manus.
atque aliquis spectans hospes Sulmonis aquosi
moenia, quae

campi iugera pauca tenent,
‘Quae tantum’ dicat ‘potuistis ferre poetam,
quantulacumque estis, vos ego magna

voco.’
Culte puer puerique parens Amathusia culti.
aurea de campo vellite signa meo!
corniger increpuit thyrso

graviore Lyaeus:
pulsanda est magnis area maior equis.
inbelles elegi, genialis Musa, valete,
post mea

mansurum fata superstes opus.

Versione tradotta

Cerca un nuovo poeta, madre dei teneri Amori: qui per

l'ultima volta sfiorano la meta le mie elegie, composte da me, figlio della campagna peligna (nè mi fecero disonore i miei

carmi voluttuosi), e se ciò vale qualcosa, erede antico, fin dai proavi, non fatto di recente cavaliere nel turbine della

guerra. Mantova è fiera di Virgilio, Verona di Catullo; io sarà detto gloria della gente peligna, che la prorpia libertà spinse

a onorata guerra quando Roma in ansia temette gli eserciti alleati. E qualche straniero guardando le mura dell'umida

Sulmona, che occupano pochiu iugeri di terra, potrò dire:Voi che avete potuto generare un così grande poeta, per quanto piccole

siate, vi chiamo grandi". Elegante fanciullo, e tu, dea di Amatunte, madre dell'elegante fanciullo, svellete le auree

insegne dal mio campo. Il cornigliero Lieo mi ha punto con maggiore tirso; devo battere con grandi cavalli un'arena più

grande. Addio, molli elegie, Musa voluttuosa, opera che rimarrà dopo la mia morte.

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