Anacharsis Scytha, vir natione barbarus sed sapientia insignis, Graeciam peregrare instituerat, existimans se apud illam gentem multa sibi profutura ediscere posse. Cum igitur Athenas pervenisset atque Atheniensium contioni interfuisset, multis vanisque verbis auditis: “Rem incredibilem video – inquit: nam apud Graecos, ab omnibus sapientissimos iudicatos, stulti rei publicae praesunt”.
Post victoriam de Hannibale ac Carthaginiensibus, Quintus Metellus in senatu dixit se existimare illam victoriam parum utilem rei publicae fuisse, immo paene Romae obfuisse. Ea enim cum profuerat quidem omnibus, quia pacem restituerat, tum obfuerat, quia Hannibalem ex Italia summoverat: nam Hannibalis adventus virtutem populi Romani e somno excitaverat et, cum ille in Italia adesset, semper Romana virtus vigil promptaque erat. Nunc autem cum Hannibal ex Italia abiisset et hostis pavor deesset, pax ac inertia populo Romano obesse poterant. Virtus enim, nisi in periculis colitur atque exercetur, non superest sed languescit et perit.
Versione tradotta
Anacarse lo scita, uomo barbaro per nazione ma per sapienza insigne, aveva deciso di girare la grecia, pensando che lui avrebbe potuto apprendere molte cose future presso quella gente. Essendo dunque arrivato ad atene e essendo stato partecipe all'assemblea degli ateniesi, ascoltate molte e vane parole disse: vedo una cosa incredibile infatti presso i greci, iudicati da tutti i più sapienti, sono presenti gli stupidi allo stato. Dopo la vittoria su Annibale e i cartaginesi, Metello disse in senato di considerare quella vittoria poco utile allo stato e che abbia quasi danneggiato a roma.
Quelle cose infatti da una parte avevano giovato a tutti, poichè avevano restituito la pace, dall'altra aveva danneggiato, perchè avevano mosso dall'italia Annibale: infatti l'arrivo di Annibale aveva destato dal sonno la virtù del popolo romano e, mancando quello dall'italia, la virtù romana era sempre pronta e vigile. Ora tuttavia essendo Annibale lontano dall'italia e mancando il timore del nemico, la pace e l'inerzia potevano danneggiare il popolo romano. La virtù infatti, se non è coltivata nei pericoli e non è esercitata, non sopravvive ma languisce e muore.
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