Accanto ai libri di logica, Aristotele ha scritto la “Retorica”: fa notare che noi siamo abituati a pensare che la forma classica del discorso ò quella in cui si predicano il soggetto ed il predicato: esempio ” Socrate corre “; ” Socrate ò ad Atene”… Le proposizioni costituite da predicato e soggetto sono chiamate APOFANTICHE (o dichiarative: dicono qualcosa di qualcosa): queste proposizioni sono le uniche che possono essere o vere o false: se dico “il libro ò sul tavolo ” può essere vero (se effettivamente il libro ò sul tavolo), ma anche falso (se non ò sul tavolo). Le preghiere, le esclamazioni, le domande, i comandi non dichiarativi: non sono nò veri nò falsi; se dico “oimò ” non ò nò vero nò falso. La retorica può rivolgersi sia al passato (valuto, per esempio, le imprese di un uomo) sia al presente (lodo le caratteristiche di una persona, per esempio) sia al futuro (impartisco comandi): sono i discorsi suasori, dove l’importante ò la tecnica del persuadere; Aristotele però non si rivela molto interessato ai discorsi suasori, che non sono nò veri nò falsi. Dire ” Socrate ò un uomo” non ò un ragionamento, ma una proposizione (apofantica) che può essere o vera o falsa. Un ragionamento invece ò una catena di proposizioni e Aristotele lo chiama ” SILLOGISMO ” (sun + lego = ragionamento concatenato); un sillogismo ò costruito da due premesse e una conclusione. Le proposizioni sono anche scomponibili; le parti che costituiscono una proposizione sono il soggetto ed il predicato, e dato che sono gli estremi della proposizione vengono chiamati “termini della proposizione”. Le proposizioni possono essere divise sotto tre aspetti: 1) QUANTITATIVO 2)QUALITATIVO 3) MODALE. 1) Sul piano quantitativo, le proposizioni possono essere universali o particolari. Se dico “tutti gli uomini sono mortali” ò universale; se invece dico “alcuni esseri viventi sono animali” ò particolare. Nel primo caso dico che tutti, senza eccezioni, gli uomini sono mortali. Nel secondo caso dico alcuni. Aristotele nell’ambito delle quntitative riconosce anche le “individuali”, per esempio “Socrate ò uomo ” il soggetto non ha valenza nò universale nò particolare, bensì individuale o particolarissimo. Un termine individuale in una proposizione non può mai fungere da predicato, ma solo da soggetto. Invece, i termini che rientrano a costituire le proposizioni della scienza possono fungere sia da predicato sia da soggetto: sono quindi termini universali (ad esempio “uomo”). 2)Sul piano qualitativo, possono essere affermative o negative: sia le universali sia le particolari possono essere sia negative sia affermative; universale affermativa “tutti gli uomini sono mortali”; particolare affermativa “alcuni esseri viventi sono mortali”; universale negativa: “Nessun uomo ò bianco”; particolare negativa “qualche uomo non ò bianco “. 3) Sul piano modale, le proposizioni possono essere a) possibili b) contingenti c) impossibili d) necessarie: a)non ò in un modo, ma potrebbe esserlo (non piove ma potrebbe cominciare) b) ò l’opposto del possibile: ò in un modo, ma potrebbe non esserlo (piove, ma potrebbe non piovere) c) ciò che non ò che non può essere d) ciò che ò e che non potrebbe non essere. Le modali stanno tra loro a 2 a 2: l’impossibilità ò una forma di necessità : dire che una cosa ò impossibile significa dire che ò necessario che non sia. Nel “Parmenide” di Platone questo concetto emergeva molto bene: la necessità ò ciò che ò e che non può non essere. La logica ci consente di studiare la struttura del pensiero e di cogliere gli aspetti formali, evitando così di incappare in errori formali: essa ci permette di fare ragionamenti coerenti. L’unico modo per non fare errori di ragionamento ò separare la forma dal contenuto. Aristotele dice che le proposizioni possono essere CONTRADDITORIE o CONTRARIE: le contrarie hanno la prerogativa di non poter essere entrambe vere, ma di poter essere entrambe false: per esempio le proposizioni “tutti gli uomini sono bianchi” e “nessun uomo ò bianco” sono tutte e due false, in quanto qualche uomo ò bianco e qualche altro non lo ò. Le contrarie però accettano una via di mezzo: in questo caso la via di mezzo ò “alcuni uomini sono bianchi”: un buon modo per cogliere due proposizioni contrarie ò vedere se hanno una via di mezzo. Le contradditorie invece hanno la prerogativa di essere necessariamente una vera e l’altra falsa: “tutti gli uomini sono bianchi”, “qualche uomo non ò bianco”: se la seconda ò vera, la prima non lo ò. Questa divisione aristotelica tra proposizioni contrarie e contradditorie ò di fondamentale importanza perchò noi nei ragionamenti talvolta traiamo conclusioni sbagliate perchò non abbiamo ben chiaro il funzionamento delle proposizioni: a volte diciamo che una cosa ò falsa e argomentiamo che l’opposto ò vero: questo vale solo per le contradditorie: ò il principio della dimostrazione per assurdo. Se non mi accorgo che le proposizioni sono contrarie e ragiono così sbaglio clamorosamente: ad esempio, ” Stalin ò un imbecille”: questo non mi consente di dire ” Hitler ò intelligente”: sono due contrarie e quindi ci deve essee una possibilità intermedia. Finchò le forme del pensiero sono intrecciate col contenuto, i ragionamenti sono incoerenti: per ragionare bene bisogna separare la forma dal contenuto, un pò come nella matematica con le lettere, dove si vede il ragionamento allo stato puro. La logica si muove su tre livelli 1) TERMINI: come abbiamo detto sono il soggetto ed il predicato: i termini non sono mai nò veri nò falsi, solo le proposizioni possono essere vere o false: se dico “uomo” non ò nò vero nò falso, ma se dico “l’uomo corre” può essere falso; anche se dico una cosa che non esiste come l’ippogriffo, un animale mitologico, non ò sbagliato: infatti costruendo la proposizione potrò dire “l’ippogriffo non esiste ” ed ò giusto, oppure “l’ippogriffo esiste” ed ò sbagliato. 2) le proposizioni, che sono le uniche che possono essere o vere o false. 3) I sillogismi, dati da due premesse e una conclusione: essi non sono nò veri nò falsi, ma coerenti o incoerenti: tutto dipende dalle premesse che avevo in partenza. Ad esempio, prendiamo due premesse sbagliate: “tutte le cose verdi sono vegetali” e “tutte le rane sono verdi”: con il sillogismo arrivo alla conclusione che tutte le rane sono vegetali, ma il sillogismo non ò affatto sbagliato: sono sbagliate le premesse ! La conclusione ò stata tratta correttamente sfruttando le premesse. si chiama premessa maggiore di un sillogismo quella che fornisce informazioni più generali, mentre premessa minore quella che fornisce informazioni più particolareggiate: ad esempio: premessa maggiore “tutti gli animali sono mortali”; premessa minore “tutti gli uomini sono animali”; conclusione “dunque tutti gli uomini sono mortali”. Questo sillogismo viene detto di “prima figura”: le premesse sono universali affermative ed il termine medio ò “animali”, che nella prima frase ò soggetto, nella seconda ò predicato. Il termine “animali” ò termine MEDIO perchò mi consente di collegare tra loro nella conclusione gli altri due termini che compaiono invece ciascuno in una sola delle premesse. Accanto a questa prima figura per Aristotele esistono altri due tipi di figure, che si distinguono in base alla posizione del termine medio come soggetto o predicato nelle premesse. Ciascuna figura a sua volta si può articolare in diversi “modi”, a seconda delle qualità delle premesse (affermative o negative) o della quantità (universali o particolari). Ma solo la prima figura agli occhi di Aristotele ò quella propriamente scientifica: essa infatti consente di rispondere alla domanda centrale della scienza “perchò? “; nel nostro caso se ci si chiede perchò tutti gli uomini sono mortali, la risposta ò insita nel termine medio “animali”. E’ il fatto che gli uomini sono animali a spiegare il fatto che essi sono mortali. Il sillogismo partendo dalle premesse arriva a dimostrare che gli uomini sono mortali. Se le premesse sono vere anche la conclusione ò necessariamente vera. Proprietà del sillogismo ò infatti la trasmissione della verità dalle premesse alla conclusione. Il carattere universale delle premesse consente di raggiungere una conclusione universale e necessario e proprio della scienza ò ciò che ò vero universalmente in tutti i casi. Il termine medio gioca un ruolo fondamentale perchò mi consente di collegare le premesse per trarre la conclusione. Si possono anche analizzare le mansioni dei termini: il medio svolge le funzioni sia di predicato (tutti gli uomini sono animali) sia di soggetto (tutti gli animali sono mortali): ò proprio il fatto che in una proposizione il medio sia soggetto e nell’altra predicato che mi consente di trarre la conclusione corretta. Se il “medio” fosse solo predicato o solo soggetto in tutte e due le premesse non potremmo trarre conclusioni così semplici: se per esempio avessimo queste due premesse “tutti i vegetali sono verdi ” e “tutte le rane sono verdi” finiremmo per dire “tutte le rane sono vegetali”: il medio (rane) ò soggetto in tutte e due le proposizioni. In questo caso teoricamente non lo si può neanche chiamare termine medio. La logica, come detto, ci consente di evitare errori perchò separa le forme dai contenuti; nel passato ci fu chi disse “quel tale ha quel carattere ed ò delinquente” “tu hai quel carattere” “di conseguenza sei delinquente”: ò sbagliatissimi perchò il termine medio (carattere) ò solo predicato. Secondo Aristotele il termine medio serve a spiegare il dioti, il perchò di un qualcosa. Si ò però più volte notato che in realtà le conclusioni spesso non derivano dalle premesse: nel nostro caso per dire che gli uomini sono mortali non ò necessario dire che sono animali e gli animali ono mortali: tutti sappiamo che gli uomini sono mortali anche senza effettuare questo ragionamento. Sappiamo per altre vie che l’uomo ò mortale (per esempio per il fatto che tutti gli uomini esistiti sono morti), però il sillogismo ci fa capire il legame logico tra le varie proposizioni: ci consente di acquisire il dioti e non solo l’oti; sappiamo tutti che l’uomo ò mortale, ma per capire il perchò occorre il sillogismo. Ciò che ci fa capire il perchò (ed in parte vi si identifica) ò il termine medio: il puro e semplice oti (gli uomini sono mortali) non dimostra l’inutilità del sillogismo: ò un pò come un sistema. In altre parole il sillogismo non ci fa capire la verità , ma i nessi tra le verità . Perchò gli uomini sono mortali? La risposta ò nel termine medio: perchò sono animali. La struttura del sillogismo ò DEDUTTIVA: si parte da verità universali per dimostrare realtà particolari. Il termine deduzione deriva dal latino “deduco” (de+duco = tiro giù da una verità che sta più in alto una verità che sta più in basso). Ma che origine hanno le premesse? Possono avere due origini differenti: a) possono essere conclusioni: ogni premessa infatti può essere conclusione di altre premesse: ò comunque un processo che non può andare avanti all’infinito. b) In molti casi le premesse generali derivano da processi induttivi (arrivo cioò da casi particolari a casi più generali); la conoscenza ò un pò come un circolo, ma non vizioso: da casi generali si passa a casi più specifici e viceversa; sarebbe un circolo vizioso se per arrivare a verità generali si dovessero analizzare tutti i casi: ad esempio se per dimostrare che “tutti gli animali sono mortali” dovessi esaminare uno ad uno tutti gli animali esistenti (ed esistiti) sono mortali: ma non ò così ! Aristotele ritiene che mediante processi astrattivi, con un certo numeri di esempi si possa cogliere un’essenza generale comune a tutti gli elementi di una specie: come per Platone, anche per Aristotele esistono realtà universali che vengono compartecipate da tanti individui: per lui però sono forme e non idee: la forma uomo ò in tutti gli uomini: se l’essenza uomo ò caratterizzata dalla mortalità posso arrivare a tirar fuori da un pò di casi che tutti gli uomini sono mortali. Per capire questo non ho bisogno di andare a vedere che tutti gli uomini esistiti sono morti: da singoli casi con l’astrazione e cogliendo le caratteristiche (sfruttando solo quelle comuni) posso arrivare a dire che tutti gli uomini sono mortali: questo anche se analizzo solo tre uomini: tutti e tre han la forma uomo: se son morti quei tre tutti quanti gli uomini sono mortali: passo dal particolare all’universale. Anche Socrate, per dire, anche se adesso ò ancora vivo, ò un mortale perchò tutti gli uomini lo sono: dimostro con l’induzione. Quindi abbiamo detto che non ò un circolo vizioso perchò non vado ad esaminare tutti gli uomini del mondo, ma solo alcuni: arrivo a dire che ò mortale Socrate che non era nel gruppo di coloro che ho analizzato: però arrivo a dire che anche lui ò mortale. Per Aristotele esistono gli UNIVERSALI, che a differenza di quanto era per Platone sono calati nella materia: se in un tale colgo l’essenza universale dell’uomo, questo processo vale per qualsiasi uomo. L’intelletto per Aristotele ha funzione DIMOSTRATIVA: consente, partendo da determinati principi, di arrrivare a conseguenze. Ma abbiamo detto che il sillogismo può essere di vari tipi: quello scientifico ò quello che parte da premesse vere per arrivare a conclusioni vere. Aristotele fa notare che mentre se una premessa le conclusioni sono vere, se invece le premesse sono false non sempre le conclusioni sono false. Ad esempio, posso arrivae a dire che le rane sono verdi dicendo che sono vegetali. Tutte le rane sono vegetali, tutti i vegetali sono verdi, di conseguenza tutte le rane sono verdi. Si può in qualche misura argomentare in modo contrario: quando le conclusioni son false, allora anche le premesse sono false (argomentazione per assurdo), ma se mi trovo di fronte a conclusioni vere non sempre le premesse sono vere. Il sillogismo scientifico presuppone che oltre al dimostrare correttamente, ci sia l’intelletto, il saper cogliere principi: c’ò la dimostrazione come argomentazione, l’intelletto per cogliere principi: la scienza raccoglie ambedue. Il numero di casi per l’induzione non ò sempre lo stesso: per i casi empirici ne occorrono un pò: Aristotele crede di poter stabilire una realazione tra il fatto che un animale sia longevo e il fatto che sia dotato di cistifellea: cita così diverse specie animali e la durata della loro vita. Ma in alcuni frangenti basta un caso solo: ò il caso della geometria. Con l’induzione si arriva a tante cose: per Aristotele attraverso l’intelletto si arriva a principi comuni validi per tutte le scienze, e ad altri validi solo per alcune scienze: i principi della geometria per esempio riguardano solo le qualità spaziali. Facciamo un piccolo riassunto: il sillogismo ò lo strumento principale della scienza: la scienza ò quindi dimostrazione. Ma si può dimostrare tutto? Nasce qui il problema dell’assunzione delle premesse; certamente molte premesse di determinati sillogismi (come abbiamo già detto) sono a loro volta conclusioni di altri sillogismi, ma se si vuole evitare di andare all’infinito alla ricerca di premesse, che debbono costituire il saldo punto di partenza della scienza, occorre rintracciare un tipo di premesse la cui verità non richieda necessariamente una dimostrazione. Occorre quindi uno strumento, diverso dalla dimostrazione, in grado di coglierle nella loro verità . A questa funzione presiede l’intelletto. Esso ò dunque una disposizione non innata, ma acquisibile con l’esercizio, a cogliere l’universale per via non dimostrativa. Esso coglie i primi principi indimostrabili che stanno alla base di ogni scienza per via induttiva. Ecco quindi la distinzione di cui parlavamo tra principi propri di ogni singola scienza (quali per la geometria la definizione degli enti e delle figure geometriche, per l’aritmetica la definizione dei numeri in pari, dispari… ) e i principi comuni a tutte le scienze (per esempio “il tutto ò maggiore della parte” o “Se da uguali sono sottratti uguali, i resti sono uguali): essi hanno una caratteristica non devono essere dimostrati. Ciascuna scienza li usa in relazione agli oggetti specifici di sua competenza: per esempio la geometria in relazione alle grandezze geometriche, l’aritmetica in relazion ai numeri, e così via. Aristotele trova tre principi fondamentali da cui nessuna scienza può prescindere: 1) IDENTITA’ 2) CONTRADDIZIONE 3) TERZO ESCLUSO. 1) A ò A e non può essere non-A 2)Aristotele dà 2 formulazioni a questo principio a)ò impossibile che la stessa cosa sia e non sia al tempo stesso (sembra uguale a quello di identità , ma non lo ò) b) ò impossibile che una stessa cosa appartenga e non appartenga nello stesso tempo alla stessa cosa. c)A o ò B o non ò B: non c’ò una terza possibilità : delle due proposizioni contradditorie una deve essere per forza vera. Questi sono i principi generaliossimi della logica: aristotele fa notare che non sono dimostrabili (come abbiamo detto anche noi); a rigore non si possono neppure cogliere bene per via induttiva. Aristotele argomenta in loro favore con la CONFUTAZIONE: non dimostra la verità , ma fa notare che sarebbe impossibile ragionare senza di loro; non solo, ò anche impossibile argomentare contro questi tre principi. E’ un caso di dimostrazione indiretta (quasi per assurdo). Aristotele ò il primo autore che ammetta una autonomia reciproca delle scienze: per Platone esisteva una sola scienza: chi sapeva i principi, sapeva tutto. Con Aristotele incomincia quel processo per cui le varie scienze hanno acquisito autonomia dal sapere centrale e dalla filosofia. In Aristotele la filosofia ò la filosofia, ma poi c’ò l’albero della scienza, dove c’ò un tronco centrale ma anche tante ramificazioni. Aristotele riconosce sì una certa autonomia alle varie scienze, ma come i rami di un albero sono in stretto contatto con il tronco centrale, così le varie scienze sono imparentate con un tronco centrale: la filosofia e la logica: da notare che i principi della logica sono in buona parte gli stessi della filosofia. Prendiamo per esempio le tesi di Parmenide ed in particolare il principio della contraddizione: in termini logici si dice che non c’ò contraddizione, ma sul piano filosofico-ontologico si dice che ò impossibile che lo stesso soggetto abbia caratteristiche contradditorie: per noi come per Aristotele le leggi del pensiero e della realtà sono le stesse. Aristotele fa vedere cose della realtà anche nell’ambito della logica, in forma logica. A quei tempi tutto era diverso: pensiamo ai Pitagorici che si stupivano che ciò che scopriva la matematica corrispondeva alla realtà : il teorema di Pitagora vale su un triangolo astratto (sull’idea di triangolo, secondo Platone ) e poi su quelli reali.
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