ARNOLD BOCKLIN: VITA E OPERE. Arnold Bocklin (1827 – 1901) è stato un pittore svizzero. Nel 1845 frequentò l’Accademia di Dusseldorf, sotto la guida di Wilhelm Schirmer. Tra il 1847 e il 1848 compì viaggi di studio a Bruxelles, ad Anversa, in Svizzera e a Parigi. Dall’autunno del 1848 fino al 1850 lavorò a Basilea, quindi si trasferì a Roma. Qui scoprì il mondo antico e la mitologia classica, che agiranno come potente stimolo per la sua aspirazione. Sono di questo periodo alcune opere che hanno come soggetto la campagna romana, interpretata attraverso l’ideale classico del paesaggio. Durante il suo secondo soggiorno italiano visitò Napoli e Pompei, i cui affreschi gli offrirono numerose suggestioni, destinate a influenzare in modo decisivo la sua tematica e la sua tecnica.
BOCKLIN: LA PITTURA E LE OPERE PRINCIPALI. Pur appartenendo alla stessa generazione di Morau, Bocklin rimase estraneo al clima morboso e decadente del simbolismo francese; la sua pittura si inserisce nella vicenda dell’arte fantastica di fine secolo in modi del tutto personali. Bocklin infatti, non aggredisce né intacca la forma, non si affida alla suggestione dell’indistinto e dell’indeterminato, ma realizza l’immagine con saldezza ancora realistica e con precisione accademica. Il suo simbolismo si riallaccia piuttosto all’eredità del romanticismo tedesco, alla ricerca di un segreto punto di incontro, senza luogo, senza tempo, tra i fantasmi e le ombre nordiche. Il fascino dei suoi dipinti deriva dall’ambiguità del contrasto tra sogno e realtà, tra figure mitiche e al tempo stesso realistiche e paesaggi fermati in un’inquietante, atemporale immobilità.
Le sue rappresentazioni mitologiche sono sorrette da uno studio accurato del reale e dalla ripresa delle fonti artistiche del passato (dalla pittura pompeiana a Tiziano e Rubens), come per restituire una sorta di convincente vitalità alle figure fantastiche di centauri e di naiadi. Nonostante i soggetti, la sua pittura raggiunge risultati di essenzialità compositiva e di equilibrio, sviluppando un simbolismo nostalgico e colmo di riferimenti letterari che riscuoterà una grande fortuna internazionale negli ultimi vent’anni del secolo.
Nei suoi paesaggi immaginari, spesso sovrastati da imponenti cieli tempestosi o definiti da luci crepuscolari, è evidente l’influenza della rappresentazione della natura in funzione emotiva e psicologica che era stata caratteristica del Romanticismo tedesco e i particolare di Friedrich. Anche in Bocklin, infatti, la figura umana è spesso posta a confronto con un ambiente inquietante, popolato di arcaiche costruzioni o di rovine.
BOCKLIN: L’ISOLA DEI MORTI. Per esempio nel quadro intitolato l’Isola dei morti, realizzata in cinque versioni tra il 1880 e il 18886, Bocklin trae spunto da elementi del Cimitero degli Inglesi di Firenze e dagli scogli rocciosi del Mediterraneo per rappresentare il transito di un defunto verso l’isola in cui riposano degli eletti.
La scena è immersa in un’atmosfera lunare, l’orizzonte bassissimo suggerisce una distesa di mare immobile e sconfinata, sul quale la barca, condotta da un traghettatore (immagine del personaggio classico di Caronte), scivola silenziosamente.
Una figura bianca, di spalle e avvolta in un manto che pare un sudario, veglia un feretro, suggerendo una possibile identificazione con l’anima diretta alla tomba.
L’isola con le sue alte e ripide scogliere, appare del tutto inaccessibile, dominata dalle tetre ombre dei cipressi. Bocklin ci guida verso un aldilà privo di vera redenzione che sembra rappresentare una discesa agli inferi psicologica e interiore. La sua visione onirica avrà un ampio seguito nella cultura artistica e letteraria a cavallo tra Ottocento e Novecento, influenzando la prima fase artistica di Giorgio De Chirico e dei surrealisti.
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