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Arte e Cultura Etrusca

L'arte e la cultura degli antichi Etruschi.

La società

Tipico dell'ordinamento sociale etrusco era il grande livello di importanza attribuito ai capi, che si manifestava nella solennità del cerimoniale che sottolineava le loro azioni pubbliche. La forma dello stato era oligarchico, con organi collegiali di governo, di cui il più alto magistrato, il lucumone, veniva eletto per un periodo prefissato tra le famiglie più nobili. In alcune città perdurava invece il sistema monarchico. Il lucumone riassumeva in sé il ruolo di capo civile, militare e religioso.

Simbolo della sua autorità era un fascio di verghe in cui era inserita una scure. Altri simboli del potere erano la corona d'oro, lo scettro, il mantello di porpora, il trono d'avorio. Poco sappiamo sulle suddivisioni sociali del mondo etrusco: possiamo distinguere tra una classe di proprietari, divisa tra aristocrazia e ceto mercantile, ed una di servi, divisa tra uomini liberi e schiavi. La classe servile non ebbe mai la possibilità di intervenire direttamente nella guida dello stato e beneficiò in modo marginale della ricchezza dei ceti abbienti. Questa netta separazione costituì nei momenti di crisi un fattore di debolezza, minando le basi di quella coesione sociale necessaria per resistere ai pericoli esterni.

La lingua

Con ogni probabilità l'etrusco non era una lingua indoeuropea. Tuttavia le nostre testimonianze sono troppo scarse e frammentarie per consentirci di suffragare una tesi definitiva. La maggior parte delle iscrizioni arrivate sino a noi sono per lo più brevi, frammentarie e di carattere funerario. Di queste solo una trentina, brevissime, presentano un testo comparativo in un'altra lingua. L'alfabeto etrusco, molto simile a quello greco, non presenta difficoltà di ricostruzione della fonetica. L'assenza di testi di argomento profano di una qualche lunghezza non consente tuttavia di conoscere le regole della grammatica ed il significato dei vocaboli al di là di quelli legati alla commemorazione dei defunti ed ai culti religiosi.

Usi e costumi

L'abbigliamento degli Etruschi richiama dal VI secolo a.C. quello dei Greci. Gli uomini indossavano tipicamente una tunica corta o un giubbetto, con un mantello gettato sopra le spalle. Le donne e gli anziani usavano una tunica lunga fino ai piedi. Tra l'abbigliamento femminile troviamo anche gonne, casacche, corpetti. Le calzature più comuni erano sandali, stivaletti alti e una caratteristica scarpa con la parte anteriore a punta e rivolta verso l'alto. Il copricapo più diffuso era una calotta di lana, ma ne esistevano di molte fogge: a punta, conici, a cappuccio, a falde larghe; spesso identificavano l'appartenenza di coloro che li portavano ad una precisa classe sociale. Dal V secolo gli uomini, che precedentemente usavano portare la barba, incominciarono a radersi il volto e tenere i capelli corti.

Le donne ricorrevano alle più svariate acconciature, e amavano schiarirsi i capelli. Esse occupavano un posto elevato sia nella famiglia che nella società, e godevano di libertà che scandalizzavano i contemporanei. Di notevole fattura i gioielli di bronzo, argento, oro, che rivelano l'alto livello raggiunto dalla metallurgia presso gli Etruschi. In particolare erano maestri nella tecnica della granulazione che consiste nel fondere l'oro in piccolissime forme rotonde unite l'una all'altra.

Gli Etruschi delle classi agiate facevano nel corso della giornata due pasti abbondanti. Dagli affreschi tombali siamo in grado di ricostruire con buona approssimazione quello che doveva essere un tipico banchetto. I tavoli erano coperti da tovaglie ricamate, e apparecchiati con ricchi vasellami; i convitati mangiavano sdraiati su cuscini, accuditi da nugoli di servi. I cibi erano costituiti da ricche portate di carni, ortaggi, frutta. I banchetti erano accompagnati da musica e da danze. Gli strumenti erano a percussione, a corda, e a fiato, in particolare quello più utilizzato era il flauto, in tutte le sue svariate fogge. Gli Etruschi apprezzavano molto la musica e solevano accompagnare con essa tutte le attività della giornata: il lavoro, il desinare, le cerimonie civili e religiose. Anche sul campo di battaglia i movimenti delle truppe erano coordinati facendo ricorso al suono delle trombe.

Erano molto seguiti i giochi sportivi come il pugilato, la lotta, il lancio del giavellotto e del disco, la corsa dei cavalli e dei carri. Un folto pubblico assisteva anche ai combattimenti di gladiatori che avvenivano sempre all'ultimo sangue, uomo contro uomo o uomo contro animale. Uno di questi cruenti giochi gladiatori vedeva contrapposti in una lotta impari e mortale un uomo con la testa infilata in un sacco, armato di una mazza, e un mastino tenuto con un lungo guinzaglio da un uomo mascherato e vestito buffonescamente, chiamato Phersu.

L'Espressione artistica presso gli Etruschi

L'arte presso gli Etruschi ebbe sempre un legame con la vita quotidiana, una finalità pratica più che estetica, tanto che si é spesso parlato di un artigianato artistico e non di un'arte intesa come fenomeno autonomo con finalità estetiche sue proprie. Dall'arte greca gli etruschi mutuarono la maggior parte dei temi, dei tipi e degli schemi compositivi, rielaborandoli però in forme espressive più immediate, popolaresche e decorative. Si trattò di un'arte spontanea, "primitiva", "illusionistica", che mirava all'intensità dell'espressione anche a costo di deformare la realtà naturale. Per questo motivo essa fu apprezzata pienamente solo nel XX secolo, quando si rivalutarono il romanico, il gotico e l'arte primitiva negra.

Arte sacra

Nel tempio, per esempio, l'elemento architettonico diventa supporto per quello decorativo: Vitruvio parlò di un'architettura bassa, pesante, tozza ed interamente dominata dagli elementi plastici e cromatici. Definitosi nel corso del VI secolo a.C. e rimasto poi sostanzialmente inalterato, il tempio era caratterizzato da una pianta quasi quadrata, occupata per metà da una cella tripartita, e per l'altra metà da un pronao con colonne. La costruzione veniva realizzata in muratura leggera e legno, fatta eccezione per il basamento in pietra. Alla struttura lignea del tetto era legato un sistema di rivestimento in terracotta con funzione sia protettiva che estetica. I diversi elementi in terracotta, ottenuti per lo più in serie mediante l'uso di stampi, erano infatti figurati, a rilievo o a tuttotondo, e rappresentavano motivi vegetali, teste di satiri o gruppi di persone, dipinti poi con colori vivaci. Erano chiamati acroteri, se collocati ai vertici del triangolo frontale o sugli spioventi, antefisse, se collocati invece sull'orlo del tetto e applicati alla tegola terminale di ogni filare. Si trattava perciò di una architettura di facciata, dove nullo o scarso era l'interesse per la parte posteriore e che diversamente da quella greca o romana faticava sia ad inserirsi in uno spazio naturale, sia a creare attorno uno spazio sociale.

Anche per quanto riguarda la pittura dobbiamo parlare di arte sacra e non di un'arte fine a sé stessa. I dipinti ritrovati sono quelli che ornavano le pareti delle tombe, e possiamo distinguere nelle rappresentazioni due momenti distinti. Il primo momento caratterizzato da raffigurazioni estremamente realistiche, tese a ricordare la vita del defunto con simposi, giochi, gare sportive. Il secondo, affermatosi tra il V ed il IV secolo a.C., quando si era affermata l'idea della trasmigrazione dell'anima nel aldilà: prevalsero allora le scene mitologiche, le immagini riferite al mondo dell'oltretomba e ai suoi demoniaci abitanti. Nata per esigenze e finalità concrete la pittura etrusca tendeva, a parte rare eccezioni, a perpetuare schemi generalizzati particolarmente "di moda" e perciò spesso ripetuti. Occasioni profane mancarono anche alla scultura i cui motivi ispiratori attinsero soprattutto alla sfera sacrale e funeraria. Le forme espressive più popolari erano rappresentate dai canopi, vasi funerari di forma ovoidale o biconica, in bronzo o terracotta, che riproducevano sul coperchio a testa umana i lineamenti del morto. Da qui si sviluppò un'abilità più matura che portò alla figura umana completa, come nel sarcofago degli sposi di Cerveteri, databile al VI secolo a.C., dalle forme raffinate ed eleganti. Date le tendenze di fondo dell'arte etrusca, immediatezza ed espressività, gli scultori si dedicarono preferibilmente alla modellazione della creta (coroplastica) o alla produzione di bronzetti, attraverso il passaggio intermedio della cera.

Mancò insomma una vera statuaria in marmo e vennero invece scolpiti materiali leggeri, arenarie, tufi, alabastri, cioè pietre che si prestavano ad un trattamento facile ed immediato. Vero capolavoro della coroplastica etrusca é l'Apollo di Veio, uno dei rari lavori dei quali sia noto l'artista creatore, Vulca, chiamato poi anche a Roma per eseguire le statue del tempio di Giove sul Campidoglio.

L'Apollo costituisce un esempio della originalità artistica etrusca, sia per la linea elegante ma ricca di forza e tensione plastica, sia per la singolare espressività del volto, animato da un sorriso enigmatico. Nella maggior parte delle tombe, tra la metà circa del VII secolo ed i primi decenni del V secolo a.C., sono stati rinvenute delle ceramiche tipiche della produzione etrusca: i buccheri, vasi caratterizzati dal colore nero lucido delle superfici, determinato dalla tecnica di fabbricazione e cottura. Nella fase più antica il bucchero risentì dell'imitazione della ceramica greca (bucchero sottile prodotto a Cere, Tarquinia, Vulci), nell'ultima fase della produzione si arrivò al bucchero pesante, con pareti spesse e decorazioni in rilievo o applicate. Tra i bronzi, di solito votivi e standardizzati in una produzione in serie, degna di nota sono la lupa Capitolina, V secolo, immobile ma emanante una forza quasi demoniaca e la chimera di Arezzo, di un secolo più tarda, della quale sono notevoli la lavorazione della criniera e della coda e l'espressione feroce del muso ruggente.

Arte profana

E' proprio nelle arti "minori", nella vastissima produzione di suppellettili, piccoli bronzi fusi e piccole terrecotte con funzioni ornamentali, gemme incise e avori intagliati, che si espresse al meglio l'originalità e la creatività degli artisti etruschi. Particolare attenzione meritano gli specchi, trovati a centinaia nelle necropoli. Il modello più comune era quello tondo con il manico. Il retro della superficie di bronzo era inciso, solitamente con soggetti mitologici provenienti dall'arte greca, oppure coperto di iscrizioni.

Ricchissima e meritatamente famosa anche la produzione di monili ed oggetti in oro, nella quale gli etruschi dimostrarono un elevato grado di elaborazione tecnica, capace di sfruttare le possibilità espressive del metallo. Il periodo di massima fioritura fu tra la metà del VII e la fine del VI secolo a.C., a Vetulonia e Vulci. Nella tomba Regolini- Galassi, scoperta a Cere nel 1832, gli archeologi si trovarono davanti ad un gran numero di gioielli; grandi bracciali lavorati, fibule incise, un pettorale in oro sbalzato di 42 cm. conservato ai musei Vaticani. Anche nell'oreficeria trionfò il gusto per il sovraccarico e gli effetti enfatici, sia con l'incontro di motivi ornamentali vegetali, figurati e geometrici, sia con l'impiego delle diverse tecniche di lavorazione, spesso combinate insieme. Tali tecniche comprendevano l'incisione, lo sbalzo, la fusione la filigrana e, soprattutto, la granulazione, consistente nell'applicare sulla superficie del metallo piccoli granelli d'oro saldati tra loro, moltiplicando così l'effetto dell'incidenza della luce.

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