Marcus Quinto fratri S.
Duas adhuc a te accepi epistulas: quarum alteram in ipso discessu nostro, alteram Arimîno datam; plures, quas scribis te dedisse, non acceperam. Ego me in Cuma no et Pompeiano, preaterquam quod sine te (eram), satis commode oblectabam et in eisdem locis usque ad Kalendas Iunias futurus eram. Scribebam illud opus, quod dixeram, de re publica: spissum sane opus et operosum. Sed, si ex sententia successerit, opera bene posita erit. Sin minus, in illud ipsum mare deiciemus quod spectantes scribimus, atque aggrediemur alia, quoniam quiescre non possumus.
Versione tradotta
Marco saluta il fratello Quinto
Ho ricevuto finora da te due lettere: la prima di esse mi è stata data proprio mentre partivo, la seconda a Rimini; quelle che mi scrivi di avermi dato non le avevo ricevute. Io mi divertivo comodamente in campagna a Cuma e a Pompei, per il fatto che ero senza di te, e avevo intenzione di trattenermi negli stessi posti fino alle Calende di giugno. Scrivevo quellopera di cui ti avevo parlato, riguardante la res publica: un lavoro certamente complesso e laborioso. Ma, se accadrà come è mio desiderio, sarà un lavoro ben riuscito. In caso contrario la getteremo proprio in quel mare che osserviamo mentre scriviamo, e daremo inizio allaltra, poiché non possiamo starcene tranquilli.
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