Per tempo spazializzato Bergson intende il tempo della scienza, astratto ed esteriore, in cui gli istanti sono distinti l'uno dall'altro secondo un criterio quantitativo e ogni momento può essere ripetuto un numero indefinito di volte. Mentre egli delinea il tempo della coscienza come qualcosa di concreto ed interiore in cui gli istanti sono irripetibili e si differenziano secondo un criterio sia quantitativo che qualitativo anche se non sono completamente distinti perché essi si sommano e compenetrano l'uno nell'altro.
Inoltre, se il tempo spazializzato può essere paragonato ad una collana di perle uguali e distinte, il tempo della coscienza richiama un gomitolo di filo o una valanga che muta e cresce e quindi esso si identifica con la durata. Nella vita spirituale ogni momento pur risultando da tutti i momenti precedenti, è nuovo rispetto ad essi. Per Bergson infatti, la vita spirituale è autocreazione e libertà e non si può ritenere che ogni azione sia determinata necessariamente da una causa esteriore ad essa. Questa esteriorizzazione o spazializzazione è propria della concezione di tempo della scienza che non può essere applicato alla vita spirituale della coscienza che invece si riferisce ad un processo di mutamento unico e continuo.
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