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Evoluzione creatrice e slancio vitale Nelle opere che precedono l’ Evoluzione creatrice Bergson riferisce la nozione di durata reale solamente alla coscienza, alla dimensione dello spirito in opposizione alla materia. Ma si può estendere la durata all’esistenza in generale? E Bergson dice di sì nell’ Evoluzione creatrice , la sua opera più famosa. Bergson in persona ammette che, a prima vista, questa operazione si rivela ardua per quel che riguarda il mondo inorganico . Qui la materia risulta costituita da singoli corpi isolati gli uni dagli altri; essi non presentano nessuna forma di mutamento interno: il cambiamento sembra anzi dover essere spiegato meccanicisticamente come la semplice interazione di elementi (atomi, molecole, elettroni) che in sè rimangono immutabili. Però non si deve dimenticare che la frantumazione della realtà inorganica in una pluralità di ‘sistemi isolati’ che dipendono solo estrinsecamente gli uni dagli altri é conseguenza necessaria del nostro modo ‘scientifico’ e intellettuale di rappresentarci il mondo. Se interpretiamo il più piccolo avvenimento fisico, come lo zucchero che si scioglie in un bicchiere d’acqua e dà una bevanda dolce, non con gli occhi della scienza ma con quelli della nostra esperienza personale, e quindi facendo riferimento alla durata reale della nostra coscienza, esso assumerà un significato totalmente diverso. Il processo di scioglimento dello zucchero non sarà più scandito dal tempo matematico che registra la differente relazione che si instaura tra alcuni elementi chimici, ma coinciderà con la mia attesa e con la mia impazienza, ossia verrà inglobato all’intero della pura durata della mia coscienza. E se anche nel mondo inorganico vi sono indizi per ammettere la possibilità di una durata della realtà in generale, questa supposizione si fa ancora più forte passando al mondo organico : é senz’altro vero che pure qui assistiamo alla concentrazione della materia organica in individui singoli e distinti, ma questa ‘tendenza all’individuazione’ é controbilanciata da un’ altrettanto forte ‘tendenza alla riproduzione’ , che porta l’organismo oltre l’individualità e stabilisce un elemento di continuità tra le generazioni. E poi lo stesso singolo individuo non é più, come appare almeno esteriormente nel corpo inorganico, una realtà immobile, statica ed immutabile, ma un essere dinamico, che cresce, si trasforma e invecchia, vivendo un processo di sviluppo continuo molto simile a quello della coscienza. Ed ecco che il principio della durata sembra proprio estendibile all’intera realtà, considerata come un unico Tutto. Proprio come la singola coscienza, anche l’universo dura . Questo permette a Bergson di considerare in una chiave non per forza deterministica e meccanicistica, ma espressamente spiritualistica, lo stesso pilastro fondamentale del positivismo contemporaneo: il principio dell’ evoluzione . Alla base del Tutto vi é infatti uno slancio vitale ( élan vital in francese) che spinge in avanti la materia verso realizzazioni più complesse. Questo slancio si espande a raggiera sviluppandosi in una miriade di direzioni, anche se non in tute con la medesima forza e con la medesima abilità creatrice. Ed é proprio così che si spiega la diversità tra mondo vegetale e mondo animale: all’interno di quest’ultimo una diramazione meno forte dello slancio vitale ha portato alle specie degli echinodermi e dei molluschi, ancora chiusi in una sorta di corazza che limita i loro movimenti e la loro espansione vitale, mentre un’altra più potente ha condotto alla formazione degli artropodi e dei vertebrati, in cui la vita universale si realizza in modo diverso, più articolato e complesso. Le diverse specie animali corrispondono così a diverse diramazioni dell’unica vita che sorregge l’universo: per questo si possono ravvisare analogie morfologiche anche tra gli animali che si collocano ai gradi più bassi della scala biologica e quelli che hanno conseguito le realizzazioni più alte. Di fronte a que (segue nel file da scaricare)
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