Bertrando Spaventa fu il maestro per eccellenza dell’hegelismo italiano, sia per la struttura filosofica sia per la ricchezza e l’organicità della sua posizione filosofico-culturale. Nato a Bomba, in provincia di Chieti, nel 1817, studiò nei seminari di Chieti e di Montecassino e si fece prete nel 1840. Successivamente insegnò a Napoli e si avvicinò ai circoli liberali, partecipando alla redazione del “Nazionale”. Nel 1848 lascerà Napoli per trasferirsi prima a Firenze, poi a Torino. Ed ò nel periodo torinese (chiusosi intorno al 1860) che Spaventa viene elaborando il suo sistema filosofico e il suo pensiero politico. L’uno e l’altro muovono inizialmente dalla duplice riflessione sul distacco (avvenuto con la Controriforma) della filosofia e della stessa società italiana da quella europea, e sulle “terapie” intellettuali ed educative necessarie per superarlo. Spaventa si sofferma inoltre, con particolare attenzione, sul pensiero di Hegel, concepito come il punto più avanzato del pensiero europeo e come il mezzo più adatto per costruire, anche in Italia, una cultura di tipo moderno: poichò, secondo Spaventa, ” il far intendere Hegel all’Italia, vorrebbe dire rifare l’Italia “. In questi anni il filosofo abruzzese pubblica gli articoli (più tardi riuniti da Giovanni Gentile) su La politica dei gesuiti nel secolo XVI e XIX e su La libertà d’insegnamento, alcuni studi su Campanella e Giordano Bruno (1854-55), un lavoro su Kant (1856), e alcuni Studi sopra la filosofia di Hegel (1850). Tornato dopo il 1860 a Napoli, approfondisce la sua interpretazione di Hegel e quella della filosofia italiana moderna, polemizzando, da una parte, con il Positivismo e, dall’altra parte, con lo spiritualismo. Nel 1862 pubblica le lezioni napoletane del novembre-dicembre 1861, raccolte da Gentile sotto il titolo La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea. Nel 1863 escono Le prime categorie della logica di Hegel, nel 1867 i Princìpi di filosofia, nel 1868 Positivismo, paolottismo, razionalismo, nel 1874 Idealismo o realismo? . Spaventa muore nel 1883, nello stesso anno in cui muore anche Marx. La filosofia italiana nasce, sostiene Spaventa, col Rinascimento, con Bruno; Campanella ò già il “pensiero” di Cartesio, come Spinoza ò ” la chiarezza di Bruno “. Con Giambattista Vico si afferma il principio dello “sviluppo” che esige una nuova “metafisica”: quella attuata più tardi da Kant e successivamente da Fichte, Schelling e Hegel. Con l’Ottocento la filosofia europea ritorna (dopo una lunga assenza) in Italia, con Galluppi che ò un pò il “nostro Kant”, con Rosmini che ò “Kant inteso bene” e con Gioberti che “compie” Rosmini, come Fichte, Schelling ed Hegel “compiono” Kant. A proposito di Gioberti, scrive Spaventa in La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea (lezione VIII): ” Gioberti rappresenta la vera unità dello spirito, il vero concetto dello sviluppo, la vera ed assoluta psiche: una attività che come due attività ò una attività , un ciclo che come due cicli ò un unico ciclo. Tale ò il vero ed assoluto spirito: il Creatore. Così e solo così, il psicologismo di Gioberti ò psicologismo assolutamente trascendentale, cioò il vero ontologismo, e, direi io, il vero spiritualismo “. “Correggendo” Gioberti si trova infine Hegel, e così la filosofia italiana si riallaccia definitivamente alla filosofia europea. Il disegno di Spaventa ò certamente forzato, ma la linea culturale che esso implica ha un preciso significato. Si tratta di stabilire e sviluppare una rete di scambi organici tra la cultura della nazione appena nata nella nostra penisola e quella dei Paesi stranieri intellettualmente e socialmente più evoluti. In questo contesto, il punto di riferimento privilegiato da Spaventa ò il pensiero tedesco, soprattutto quello hegeliano. L’interpretazione che Spaventa viene elaborando di Hegel (soprattutto dopo il 1848) ò fondata sull’inversione, rispetto all’interpretazione ortodossa, del rapporto tra Fenomenologia dello spirito ed Enciclopedia e sulla complementare “riforma della dialettica”. Per Spaventa la Fenomenologia precede e fonda l’ Enciclopedia e la Logica stessa, poichò senza coscienza non c’ò scienza e poichò il pensiero ò sempre soltanto uno: pensiero che pensa. L’itinerario gnoseologico-coscienzale della Fenomenologia non ò l’introduzione al sapere ma il sapere stesso. Non dunque il Sistema ò il cuore stesso del pensiero hegeliano, ma il metodo, cioò la dialettica: una dialettica che però Spaventa riforma in senso quasi fichteano, dando maggior importanza al momento della soggettività della coscienza e dell’atto del pensare rispetto ai momenti e fasi dell’oggettivazione e della sintesi. Anche la politica di Spaventa, a parte la parentesi liberale del “Nazionale”, si ispira ad Hegel: ò laica, ma legata ad un forte senso dello Stato. In esso Spaventa scorge non solo l’unico organismo che dà unità e senso politico alla nazione, ma anche la sorgente dei princìpi e dei valori ispiratori di un armonioso sviluppo civile e culturale. In altre parole, sia gli individui sia la comunità devono trarre dallo Stato l’alimento necessario ad una crescita ordinata e corretta. E’ questa la teoria dello ” stato etico ” accolta dalle più disparate forze politiche, e utilizzata nel Novecento anche in una prospettiva totalitaria ben lontana dagli ideali e dai programmi di Spaventa. In questa concezione della politica si saldano insieme il concetto di “tradizione nazionale italiana” e quello di “sovranità etica razionale” che implica, accanto alla sostanziale laicità , anche una funzione educatrice dello Stato.
- 1800
- Filosofia - 1800