Timoleonti quidam Laphystius, homo petulans et ingratus, vadimonium cum vellet imponere, quod cum illo se lege
agere diceret, et complures concurrissent, qui procacitatern hominis manibus coercere conarentur, Timoleon oravit omnes ne id
facerent: hanc enim speciem libertatis esse, si omnibus, quod quisque vellet, legibus experiri liceret. Idem, cum quidam,
nomine Demaenetus, in contione populi de rebus gestis eius detrahere coepisset, dixit nunc demum se voti esse damnatum, namque
hoc a diis immortalibus semper precatum, ut talem libertatem restituerent Syracusanis, in qua cuivis liceret de quo vellet
impune dicere.
Versione tradotta
Un certo
Lafistio, uomo petulante e antipatico, voleva fare imporre a Timoleonte un mandato di comparizione in tribunale, dicendo che
gli intentava processo. Allora molti accorsero, tentando con le mani di frenare l'impudenza di quell'uomo. Ma Timoleonte
scongiurò tutti di non farlo: questo era infatti il concetto di libertà: che a tutti fosse lecito di sostenere ciò che voleva
in nome della legge. Egli stesso, poichè un tale, di nome Demeneto, aveva cominciato in un'assemblea popolare a denigrarlo
per le sue azioni, disse che ora finalmente era soddisfatto nel suo desiderio. Infatti egli aveva sempre implorato dagli dei
immortali che concedessero ai Siracusani tale libertà, per cui a ciascuno fosse permesso di dire impunemente ciò che
voleva.
- Letteratura Latina
- Liber de excellentibus gentium (Timoleon) di Cornelio Nepote
- Cornelio Nepote