[1] Quindi a Ciro viene mozzato il capo e la mano destra. Il re [con i suoi] continua l’inseguimento e piomba nel campo di Ciro. Le truppe di Arieo non oppongono più resistenza, ma fuggono attraverso l’accampamento verso l’ultimo luogo di tappa da cui erano partite. Era, dicono, a quattro parasanghe di distanza. [2] Il re e i suoi fanno completa razzia e lui cattura la concubina di Ciro, una donna focese, soprannominata la saggia e bella. [3] La Milesia [era più giovane], dopo esser caduta prigioniera dei soldati del re, riesce a scappare, nuda, verso i Greci, che si trovavano in armi tra le salmerie. Costoro affrontarono e uccisero molti dei nemici che si davano al saccheggio, ma subirono alcune perdite. Comunque non si diedero alla fuga, anzi, salvarono la donna. E quant’altro era sotto la loro custodia, fossero beni materiali o persone, portarono tutto in salvo. [4] A questo punto il re e i Greci distavano gli uni dagli altri circa trenta stadi: i secondi incalzavano le truppe disposte dinnanzi a loro [come se stessero vincendo dappertutto], il primo si dava alle razzie come se ormai avesse avuto la meglio su tutti i nemici. [5] Ma poi i Greci si accorsero che il re con il suo esercito era tra le salmerie, e pure il re, a sua volta, seppe da Tissaferne che i Greci avevano piegato gli avversari sul loro fronte e premevano; allora il re raccoglie i suoi e ricostituisce lo schieramento. Clearco invece, chiamato Prosseno, che era il più vicino, si consultò con lui, se mandare un contingente o rientrare tutti quanti a difesa dell’accampamento. [6] Nel mentre, si vedeva anche il re rifarsi sotto, attaccandoli – a quanto pareva – alle spalle. I Greci, operata una conversione, si prepararono a riceverlo, come se dovesse giungere da quella direzione. Il re invece non giunse da lì, ma dalla via già percorsa prima, all’esterno dell’ala sinistra, dopo aver raccolto anche i disertori che, nel corso della battaglia, erano passati dalla parte dei Greci, nonché Tissaferne e i suoi. [7] Tissaferne al primo impatto non era fuggito, anzi si era lanciato contro i peltasti greci, lungo il fiume. Durante il suo attacco non riuscì a uccidere nessuno, mentre i Greci, allargate le file, subissavano i suoi di colpi e frecce. Comandava i peltasti Epistene di Anfipoli, una persona di buon senso, stando a quel che si diceva. [8] Tissaferne dunque, pur avendo la peggio, riuscì a ritirarsi, ma non tornò sui suoi passi. Si diresse verso il campo greco, dove incontrò il re: riformati i ranghi, ripresero la marcia. [9] Quando furono dinnanzi all’ala sinistra dei Greci, quest’ultimi ebbero il timore di venir attaccati e di subire un aggiramento su entrambi i fianchi e di andare incontro a un massacro. Allora proposero di dispiegare l’ala e di tenere il fiume alle spalle. [10] Mentre se ne discuteva, ecco che il re mutò direzione e mise in linea l’esercito di fronte alla falange, nello stesso assetto con cui aveva attaccato battaglia in precedenza. Come i Greci li videro vicini e schierati per lo scontro, intonarono nuovamente il peana e si gettarono in avanti con foga ancor più impetuosa di prima. [11] Per la seconda volta i barbari non accettarono lo scontro e volsero le spalle, quando gli avversari erano ancora a una distanza maggiore rispetto alla volta precedente: i Greci li inseguirono fino a un villaggio. [12] Qui si fermarono. Sopra il villaggio sorgeva un colle, su cui avevano ripiegato gli uomini del re: non si trattava più di fanti, ma la collina brulicava di cavalieri, al punto che non si riusciva a capire che cosa stesse succedendo. Eppure qualcuno disse di scorgere lo stendardo regale, un’aquila d’oro con le ali spiegate su uno scudo[di legno]. [13] Poiché i Greci avanzavano anche qui, i cavalieri abbandonarono il colle, non più in gruppo, ma in diverse direzioni. Il colle andava via via spopolandosi di cavalieri: alla fine si allontanarono tutti. [14] Clearco non salì, ma tenne l’esercito ai piedi della collina e mandò sulla cima Licio il siracusano e un altro, con l’ordine di controllare la situazione sul versante opposto e di riferire. [15] Licio sprona il cavallo e, presa visione, annuncia che fuggono a briglia sciolta. Era quasi l’ora in cui il sole tramonta. [16] Qui sostarono i Greci e, deposte le armi, ripresero fiato. Intanto si meravigliavano di non vedere Ciro da nessuna parte e che nessun emissario venisse a suo nome: non sapevano che fosse morto, perciò immaginavano o che avesse protratto l’inseguimento o che si fosse spinto in avanti per occupare qualche postazione. [17] Quanto a loro, si domandavano se fosse meglio rimanere lì e portarvi i carri oppure rientrare all’accampamento. Decisero di ritornare. Giungono alle tende verso l’ora di cena. [18] Così finì la giornata. Si accorgono che la maggior parte dei loro averi erano stati saccheggiati; tutto quel che c’era, cibo o bevande, nonché i carri pieni di farina e di vino, che Ciro aveva preparato per distribuirli ai Greci, nel caso che una grave carestia attanagliasse l’esercito – si trattava, secondo le voci, di quattrocento carri – tutto era stato depredato dagli uomini del re. [19] Così erano rimasti senza cena la maggior parte dei Greci, e dire che non avevano neppure pranzato, perché il re era apparso prima che l’esercito avesse sostato per il pranzo. La notte dunque la trascorsero in tali condizioni.
- Greco
- Anabasi di Senofonte
- Senofonte