I Promessi Sposi – Analisi Capitolo 16
Analisi del sedicesimo capitolo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
Luoghi: le strade di Milano, della campagna milanese verso il confine, l’osteria di Gorgonzola.
Il tempo: domenica 12 Novembre 1628.
La struttura del Capitolo 16 dei Promessi Sposi è lineare, divisa in tre parti che corrispondono ai tre momenti del viaggio di Renzo: la prima parte lo vede in fuga da Milano alla ricerca della strada per uscire dalla città in direzione di Bergamo; la seconda in viaggio per viottole tra i campi per evitare la strada maestra, con una breve pausa in una piccola osteria di campagna; la terza racconta la pausa all’osteria di Gorgonzola, a pochi chilometri dal confine. Ad ognuno delle tre parti corrisponde un diverso grado di consapevolezza di Renzo.
La fuga da Milano: l’esordio del capitolo, strettamente legato alla conclusione del precedente, richiama da vicino lo Scappi, scappi. Non si lasci prendere della folla a Lodovico dopo l’uccisione del nobile ( cap. IV- r.170): la differenza è nel “tu” che qui i cittadini in rivolta danno a chi considerano uno di loro e nella scelta di Renzo di essere uccel di bosco, piuttosto che ricoverarsi in chiesa. I rapidi ritratti dei personaggi, condotti dal punto di vista di Renzo che ne esamina la fisionomia, creano una galleria di tipi da commedia, tratteggiati solo con poche linee essenziali eppure comicissimi.
Il narratore, da parte sua invece, osserva Renzo con un atteggiamento di superiore paternalismo in cui coinvolge anche il lettore con un appello: avendo la fantasia un po’ riscaldata (bisogna compatirlo, aveva i suoi motivi).
Alla ricerca della strada per Bergamo: nella situazione di disagio interiore in cui si trova, Renzo riesce a trovare rifugio e un attimo di pace in una casuccia (il diminutivo è una forma di metalessi giudicante), immersa nella solitudine della campagna. Renzo rifiuta il vino, come a testimoniare d’aver imparato la lezione, e mangia il suo stracchino.
Il giovane viene di nuovo presentato nell’atto di mangiare, come accade per una metà delle volte in cui è in azione. Anche la vecchia, come glia altri osti, è curiosa, ma di una curiosità semplice, non cattiva, anche se Renzo sa schermirsi dalle domande con molta disinvoltura e anzi trasforma la difficoltà in vantaggio, chiedendo di un paese vicino al confine, ma nello stato di Milano. Un nuovo atteggiamento quindi, più maturo e controllato.
L’osteria di Gorgonzola: divenuto più prudente, Renzo fa progetti precisi anche dii fronte ad una realtà sconosciuta, tuttavia la sua prudenza non basta ancora a salvarlo dalla malizia degli osti, neanche mettendosi a sedere in fondo alla tavola. L’oste di Gorgonzola è il più curioso e maligno dei tre osti del romanzo, quello che più apertamente gli nega il suo aiuto lasciando cadere la domanda sul punto più sicuro dove attraversare l’Adda, per rispondere alla quale non avrebbe avuto nessun fastidio.
Mentre gli altri erano spinti dall’interesse personale, quest’oste pare spinto solo da una sottile cattiveria. L’osteria è invasa anche da comparse, raffigurate con pochi tratti sapienti che li definiscono come tipi sfaccendati da osteria, ma le rendono anche in qualche misura degli individui diversi l’uno dall’altro.Di tipico degli sfaccendati di provincia hanno quel loro struggersi di sapere, la curiosità di chi non ha niente da fare, come individui, uno si rivela curioso e va a chiedere a Renzo se veniva da Milano, mettendolo in imbarazzo, un altro aspira a prendere parte ai tumulti, perché vuole controllare se i cittadini si preoccuperanno anche della povera gente.
Attraverso la loro focalizzazione si scopre l’immagine che i provinciali hanno dei cittadini: superbi, tutto per loro: gli altri, come se non ci fossero, quasi una risposta all’immagine che i cittadini ci hanno offerto dei montanari.
Il mercante milanese: la curiosità degli sfaccendati di paese viene soddisfatta dal mercante di Milano, che subito li qualifica come quelli delle novità. Egli dimostra una grande abilità di narratore, creando aspettative che aumentano la suspense nei suoi ascoltatori tergiversando senza mai arrivare al punto, interrompendosi per bere con gesti precisi e lenti, dai quali emerge il suo gusto per il teatro.
Il personaggio funge da narratore di secondo grado che prende la parola con un processo di citazione, raccontando secondo la propria mentalità borghese benestante, amante dell’ordine e connivente con il potere. È chiaro che il mercante è un sostenitore del governo spagnolo. La storia di Renzo a Milano, fino a questo momento raccontata attraverso la sua stessa focalizzazione o la focalizzazione zero del narratore onnisciente, filtrata ora dal punto di vista del mercante, viene trasfigurata con un effetto di straniamento.
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