I Promessi Sposi – Analisi del Capitolo 17
Analisi del Capitolo 17 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
Luoghi: la campagna da Gorgonzola all’Adda, una capanna nei campi al confine con la Repubblica di Venezia, il paese del cugino Bortolo e il filatoio.
Il tempo: dalla sera del 12 al pomeriggio del 13 Novembre 1628.
La struttura del capitolo è scandita dallo spostamento di Renzo nello spazio e nel tempo, un cammino che conclude la seconda tappa del suo percorso iniziatico cominciato nel capitolo XI. Si possono individuare tre momenti, che vanno dalla fuga, con un progressivo peggioramento fino al culmine della caduta, per risalire quindi verso la salvezza.
La scansione è la seguente:
- fuga: allontanamento da Gorgonzola verso l’Adda e il confine;
- “morte e resurrezione”: entrata e permanenza nel bosco dalla notte fino all’alba;
- salvezza: percorso dall’Adda al paese di Bortolo.
In fuga
Il capitolo si apre con l’invito, dal tono umoristico, del narratore al narratario ad identificarsi con il personaggio, visto con compassione, e per facilitare l’identificazione passa la parola al personaggio con una serie di pensieri indiretti liberi (Dunque la sua avventura aveva fatto chiasso; dunque lo volevano…), di pensieri indiretti legati e riassunti (ma gli tornavano in mente certe storie..), di pensieri diretti e infine con un lungo soliloquio, in cui Renzo si rivolge ad un interlocutore assente, il mercante, per difendersi dalle sue accuse infondate.
Lo spazio è quello aperto dell’avventura, della fuga e della ricerca, mentre il tempo accentua l’angoscia dell’incertezza; tutto il passo è dominato dalla lingua di Renzo, fatta di coordinate secche, piene di espressioni popolari e anafore (sappiate..sappiate…).
La notte della solitudine
Questo passo mette a fuoco la terza fase del percorso di Renzo, che sta entrando in una dimensione inconsueta, fuori dalla realtà, il che viene sottolineato da quel cammina cammina tipico dei racconti popolari. Egli si avventura, infatti, in uno spazio selvatico che accresce la noia del viaggio; è la sua focalizzazione interna, che associa il luogo al regno dei morti, a far perdere allo spazio i connotati realistici, a riempirlo di suoni misteriosi. Il bosco, la notte, la perdita della retta via, creano suspense e proiettano Renzo in uno spazio meraviglioso, in cui gli elementi umani assumono un aspetto sovrumano.
La salvezza dell’Adda giunge con un tono poetico, ricco di metafore e con il ritmo triadico della sintassi: prima tre secondarie (stando…sospeso il fruscio….tutto tacendo), poi tre sostantivi in climax ascendente per indicare la crescente sicurezza nel riconoscimento della voce del fiume( un rumore, un mormorio, un mormorio d’acqua corrente). In climax sono anche i tre verbi al presente ( Sta in orecchi; n’è certo; esclama: è Adda!).
La notte insonne
Ormai fuori pericolo, Renzo ripensa alle persone care, che sente di aver tradito, e gli si ripresentano i sensi di colpa, anche se questa volta attinge forza proprio dagli insegnamenti che i suoi cari gli hanno impartito: si placa rassegnandosi a quel che Dio vuole, come gli ha insegnato fra Cristoforo, e al pensiero che Dio c’è anche per noi perché, come Lucia ha detto nel III capitolo, il Signore c’è anche per i poveri.
Lucia diventa così la donna angelo, quasi la Beatrice dantesca che lo salverà perché è tanto buona. Il processo di Renzo ad espiazione è ormai alla fine: ha trovato nella fede in Dio la via per la liberazione.
Oltre confine – il cielo prometteva una bella giornata…
Ancora una descrizione paesistica molto famosa, che coincide con lo stato d’animo del personaggio sebbene non sia filtrata dalla sua focalizzazione. Il punto di vista, infatti, è quello del narratore, che ancora una volta rivela la sua familiarità con i luoghi del romanzo e l’amore che lo lega ad essi. Lo spazio assume connotati simbolici: il cielo prometteva una bella giornata rappresenta la giornata piena di speranza a cui Renzo va incontro, alla sua rinascita corrisponde l’alba chiara, alla sua purificazione la purezza del cielo. Il periodo, poi, si conclude con la parola pace, che è finalmente la pace ritrovata da Renzo.
La lingua assume l’andamento cadenzato di una melodia per l’uso di parole spesso bisillabiche e piane, per la presenza ripetuta dell’aggettivo bello, usato prima nel senso di piacevole a guardarsi, poi di sereno, e per l’anafora finale (così…così…così..) che accentua la cadenza ritmica e la conclude. Subito dopo, invece, la prosa si fa discorsiva, si torna alla narrazione e il ritmo diventa quello di una marcia allegra di chi ha ritrovato la fiducia e il benessere; il cammino a ritroso permette a Renzo di trasformare le immagini della notte precedente, piene di inquietante mistero, in una realtà rassicurante. La figura del pescatore accentua la sensazione di mistero e si configura come una delle tante immagini di traghettatori, dal Caronte dantesco al gondoliere della Morte a Venezia.
La carestia a Bergamo
Appena sbarcato Renzo diventa subito più sicuro di sé e persino di fronte alle immagini della carestia che dilaga a Bergamo reagisce con la speranza: come primo gesto fa la carità e, con molta fiducia, nella sua visione semplicistica e popolare della provvidenza, si aspetta una ricompensa da Dio. Il narratore continua a non concordare con la visione che i suoi personaggi hanno della provvidenza e alla fine del capitolo usa il termine solo nell’accezione di fortuna, preannunciando il saccheggio nella casa di Renzo. L’arrivo di Renzo a Bergamo apre uno squarcio sul percorso sociale che egli sta compiendo e sull’ideologia liberale moderata e borghese dell’autore: il giovane trova nel cugino un nuovo maestro che gli dà i rudimenti dell’ideologia borghese, personificazione dell’operaio che si eleva socialmente e moralmente collaborando con il padrone, il quale elenca a Renzo le doti e i principi fondamentali per elevarsi alla condizione borghese.
Bortolo mostra anche che solo un governo liberale può garantire il benessere e l’ascesa sociale degli individui: l’episodio storico che egli narra rivela i principi liberali del governo di Venezia, che usa la razionalità e che è spregiudicato quanto basta per il benessere della popolazione, senza preoccuparsi che i turchi siano “infedeli” e rivali nei commerci.
Ben diverse sono le soluzioni adottate dal governo aristocratico e conservatore di Milano, come dimostra il capitolo XII,ma proprio perché vive in un paese che fonda l’economia sul lavoro, anziché sui privilegi di una classe inetta, Bortolo rivela una fiducia ottimistica nel futuro: e se non ci sarà pane, mangeremo del companatico.
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