[1] Quando gli sembrò giunto il momento di mettersi in marcia verso l’interno, tirò fuori il pretesto di voler scacciare del tutto i Pisidi dalla regione. E, come se si preparasse a un attacco, raccoglie truppe barbare e greche. Quindi comunica a Clearco di raggiungerlo alla testa dei soldati alle sue dipendenze, e ad Aristippo di scendere a un accordo con i suoi concittadini e di inviargli l’esercito che aveva con sé. Sennia l’arcade, che in sua vece comandava il contingente straniero nelle città ioniche, manda a dire di prendere tutti gli effettivi, tranne le truppe necessarie a presidiare le roccaforti. [2] Richiamò gli uomini impegnati nell’assedio di Mileto e invitò gli esuli a unirsi alla sua spedizione, promettendo che, in caso di successo, non avrebbe deposto le armi prima di averli ricondotti in patria. Gli obbediscono prontamente perché avevano fiducia in lui. Armati di tutto punto, lo raggiunsero a Sardi. [3] Sennia, alla testa dei soldati delle città ioniche, giunse a Sardi con circa quattromila opliti; Prosseno con all’incirca millecinquecento opliti e cinquecento gimneti; Sofeneto di Stinfalo con mille opliti; Socrate l’acheo grosso modo con cinquecento opliti; Pasione il megarese con trecento opliti e trecento peltasti. Quest’ultimo e Socrate erano tra quelli che stavano combattendo a Mileto. [4] Tutti raggiunsero Ciro a Sardi. Tissaferne aveva avuto sentore delle manovre ed era convinto che si trattasse di preparativi troppo imponenti per una spedizione contro i Pisidi; allora si reca dal re in tutta fretta con circa cinquecento cavalieri. [5] Il re, appena seppe da Tissaferne dell’esercito di Ciro, preparò le adeguate contromisure. Ciro, con le truppe che ho detto, muove da Sardi. Attraverso la Lidia, avanza in tre tappe per ventidue parasanghe fino al fiume Meandro, larghezza due pletri; c’era un ponte ottenuto con sette barche legate insieme. [6] Dopo averlo varcato, percorre la Frigia in una sola tappa di otto parasanghe fino a Colosse, città popolosa, prospera e grande. Vi rimane sette giorni. Lo raggiunse Menone il tessalo, alla testa di mille opliti e cinquecento peltasti, Dolopi, Eniani e Olinti. [7] Da qui avanza in tre tappe per venti parasanghe fino a Celene, città della Frigia, popolosa, grande e prospera, dove Ciro possedeva una reggia e un grande parco, pieno di animali selvatici, che lui cacciava a cavallo, volendo tenere in esercizio se stesso e i suoi destrieri. Nel mezzo del parco scorre il Meandro: le sue sorgenti nascono nella reggia e il suo corso si snoda attraverso la città di Celene. [8] Anche un palazzo fortificato del gran re sorge a Celene, nei pressi delle fonti del fiume Marsia, ai piedi dell’acropoli. Anche il Marsia scorre attraverso la città e si getta nel Meandro. Ampiezza del Marsia: venticinque piedi. Si racconta che qui Apollo, dopo aver vinto Marsia, suo rivale in una gara di abilità, lo scorticò e ne appese la pelle nell’antro vicino alle sorgenti: ecco perché il fiume ha il nome di Marsia. [9] Qui Serse, quando lasciò la Grecia vinto in battaglia, costruì – narrano – la reggia e l’acropoli di Celene. Ciro vi si trattenne trenta giorni. Lo raggiunse l’esule spartano Clearco con mille opliti, ottocento peltasti traci e duecento arcieri cretesi. Al tempo stesso giunge Sosi il siracusano con trecento opliti e Sofeneto l’arcade con mille. Qui, nel parco, Ciro passò in rassegna le truppe greche e le contò: il numero totale degli opliti era di undicimila, i peltasti risultarono circa duemila. [10] Quindi, in due tappe, avanza per dieci parasanghe fino a Pelte, città popolosa. Vi rimane tre giorni, durante i quali Sennia l’arcade celebrò le feste liceee istituì i giochi. I premi erano strigilid’oro. Vi assisteva anche Ciro. Quindi, in due tappe, avanza per dodici parasanghe fino a Mercato delle Ceramiche, città popolosa, l’ultima in direzione della Misia. [11] Da qui in tre tappe per trenta parasanghe avanza fino a Piana del Caistro, città popolosa. Vi soggornò cinque giorni. Doveva più di tre mesi di paga ai soldati, che diverse volte si recarono alle sue porte per chiedergli il soldo. Ma lui, con parole che ispiravano fiducia, cercava di tirare per le lunghe ed era in chiara difficoltà: non faceva parte infatti della natura di Ciro avere e non dare. [12] Qui giunge Epiassa, moglie di Siennesi, re dei Cilici. Stando alle voci, aveva portato a Ciro molto denaro. Fatto sta che Ciro diede all’esercito la paga di quattro mesi. La regina aveva una guardia del corpo formata da Cilici e Aspendi. Si diceva anche che Ciro se la intendesse con lei. [13] Poi, in due tappe, avanza per dieci parasanghe fino a Timbrio, città popolosa. Lungo la strada c’era la fontana detta di Mida, re dei Frigi, presso la quale appunto Mida, come dicono, aveva catturato il Satiro, mescolando l’acqua della fonte col vino. [14] Da qui, in due tappe, avanza per dieci parasanghe fino a Tirieo, città popolosa. Vi si ferma tre giorni. A quel che si racconta, la regina dei Cilici pregò Ciro di mostrarle l’esercito: Ciro acconsentì e nella pianura passò in rassegna le truppe greche e barbare. [15] Diede ordine ai Greci di schierarsi e di mantenere la posizione che assumevano in battaglia secondo il loro uso. Ordinò poi a ciascun comandante di disporre in formazione i propri soldati. Si allinearono dunque su quattro file: alla destra Menone con i suoi, alla sinistra Clearco e le sue truppe, al centro gli altri strateghi. [16] Ciro passò in rassegna prima i barbari, che sfilavano disposti per squadre e schiere, poi i Greci, lui su un carro da guerra e la regina cilicia su un carro coperto. Tutti i soldati avevano elmi di bronzo, tuniche rosse, schinieri e scudi senza fodero. [17] Dopo aver completato la rivista, si fermò col carro di fronte alla falange centrale e, inviato ai comandanti greci l’interprete Pigrete, ordinò che spianassero le armi e che tutto quanto il reparto si lanciasse alla carica. I comandanti trasmisero l’ordine ai soldati: agli squilli di tromba mossero in avanti, lance in resta. Poi, aumentando la cadenza, tra alte grida i soldati finirono spontaneamente per correre verso le tende, seminando il pànico tra i barbari. [18] Anche la regina cilicia fuggì sul carro, anche i mercanti, abbandonate le loro mercanzie, fuggirono. I Greci, tra le risa, giunsero alle tende. La regina cilicia rimase colpita dallo splendore e dall’organizzazione dell’esercito. Ciro invece, in cuor suo, provò gioia nel vedere il terrore che i Greci avevano suscitato nei barbari. [19] Poi, in tre tappe, avanza per venti parasanghe fino a Iconio, l’ultima città della Frigia. Vi si fermò tre giorni. Da qui muove attraverso la Licaonia, percorrendo in cinque tappe trenta parasanghe. Concesse ai Greci di saccheggiare la regione, perché nemica. [20] Poi Ciro rimanda in Cilicia la regina per la via più breve. Insieme a lei inviò Menone e i suoi soldati. Con il resto dell’esercito attraversa la Cappadocia- quattro tappe per venticinque parasanghe – giungendo a Dana, città popolosa, grande e prospera. Vi si trattenne tre giorni, durante i quali mise a morte il persiano Megaferne, dignitario di corte, nonché un altro funzionario, con l’accusa di complotto ai suoi danni. [21] Da qui cercò di passare in Cilicia. L’accesso era consentito da una strada carrabile sì, ma fortemente in salita, che rendeva impossibile il transito a un esercito, se qualcuno lo ostacolava. Si diceva anche che Siennesi fosse sulle alture e stesse sorvegliando il passaggio. Perciò Ciro rimase un giorno nella pianura. L’indomani giunse un messaggero a comunicare che Siennesi aveva abbandonato le alture, non appena era venuto al corrente che l’esercito di Menone stava ormai al di là dei monti, in Cilicia, e gli era giunta voce che Tamo, veleggiando dalla Ioniaverso la Cilicia, era in arrivo con triremi di Sparta e di Ciro stesso. [22] Ciro allora salì sui monti senza trovar nessun ostacolo e vide le tende dove i Cilici avevano montato la guardia. Poi scese in una pianura grande e bella, ricca di acque, folta di alberi di ogni specie e di viti: produce in abbondanza sesamo, miglio, panìco, frumento e orzo. Monti inespugnabili e altissimi la circondano su tutti i lati, da mare a mare. [23] Disceso dunque in questa pianura, percorse in quattro tappe venticinque parasanghe fino a Tarso, grande e prospera città della Cilicia, dove sorgeva la reggia di Siennesi, [re dei Cilici]. Nel cuore della città scorre un fiume di nome Cidno, largo due pletri. [24] Gli abitanti, tutti tranne i bottegai, evacuarono la città con Siennesi, per rifugiarsi in una zona fortificata, sui monti; rimasero anche gli abitanti della zona costiera, a Soli e a Isso. [25] Epiassa, moglie di Siennesi, arrivò a Tarso cinque giorni prima di Ciro. Mentre valicavano i monti per ridiscendere in pianura, trovarono la morte due reparti del contingente di Menone. Alcuni dicevano che, mentre stavano saccheggiando, erano stati massacrati dai Cilici; altri invece sostenevano che, lasciati indietro e non avendo saputo trovare il resto dell’esercito né la strada, dopo aver a lungo vagato, erano morti. Si trattava di cento opliti. [26] Gli altri, non appena giunsero, infuriati per la perdita dei compagni, si misero a saccheggiare la città [di Tarso] e la reggia che lì sorgeva. Ciro, quando entrò in città, convocò Siennesi. Costui per prima cosa gli mandò a dire che in passato non era mai caduto nelle mani di un uomo più forte di lui; e non volle andare da Ciro, prima che la moglie lo convincesse e che gli venissero fornite garanzie. [27] In séguito, quando i due s’incontrarono, Siennesi diede a Ciro molto denaro per il suo esercito; Ciro, dal canto suo, contraccambiò con doni che giudicava degni di un re: un cavallo con un morso d’oro, una collana d’oro, braccialetti, una scimitarra d’oro e una veste persiana; inoltre, promise di non saccheggiare più le sue terre e gli concesse di riprendersi gli schiavi catturati, se per caso fossero incappati nei suoi.
- Anabasi
- Anabasi di Senofonte
- Senofonte