I Promessi Sposi – Analisi del Capitolo 22
Analisi del Capitolo 22 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
Luoghi: il castello dell’Innominato in Valsassina, il paese di Chiuso, il cortiletto e il salottina della canonica, il collegio di Pavia, Milano.
Tempo: mattina del 10 Dicembre, analessi dal 1564 all’epoca dei fatti.
Il capitolo presenta una struttura bipartita che rispecchia il confronto a distanza tra i due protagonisti del capitolo, destinati ad incontrarsi nel successivo. L’incontro potrà avvenire perché la distanza spaziale tra loro viene qui annullata da una precisa scelta dell’innominato, che rinuncia alla sua posizione di superiore isolamento e scende verso il mondo degli altri, un mondo più “basso” in cui vive il cardinale, pur essendo superiore dal punto vista spirituale.
L’Innominato si reca dal cardinale
La pausa tra un capitolo e l’altro dà il tempo al bravo dell’innominato di informarsi e al narratore di cambiare tono e atmosfera per dare via all’azione, dopo tanta introspezione nell’anima dei personaggi. Viene introdotto il cardinale Federigo Borromeo, già presentato dal punto di vista di alcuni personaggi nei capitoli precedenti, citato da Perpetua per esortare don Abbondio a rivolgersi a lui nel primo capitolo e indirettamente presentato nel precedente capitolo attraverso la reazione della gente in festa.
Le parole dell’innominato dapprima riportano il cardinale alla sua semplice dimensione umana (per un uomo! Tutti premurosi, tutti allegri..), ma il suo dubbio trasforma quell’uomo in qualcosa di straordinario (cos’ha quell’uomo, per render tanta gente allegra?).
Dopo la riflessione, l’innominato torna l’uomo attivo e deciso di sempre e la sintassi si fa più rapida, con coordinate che hanno la cadenza di gesti fermi e veloci del personaggio, la vestizione, l’abbigliamento quasi militare, le solite armi e l’immancabile carabina. È come se il personaggio non volesse ancora cambiare la propria immagine, eppure, davanti l’uscio della stanza di Lucia, fa un gesto nuovo, che ripeterà poi per il cardinale: lascia la carabina fuori dalla porta. Non si annuncia neanche più con un calcio e persino con la vecchia cambia il tono della sua voce, al punto da spingerla, per lo stupore, a fare delle congetture adeguate al padrone di un tempo.
La presentazione del cardinale
la presentazione del cardinale è arrivata ora all’analessi biografica, introdotta con la consueta metalessi della voce narrante (noi non possiamo fare a meno di fermarci qualche poco), seguita da una similitudine che promette un refrigerio all’ombra d’un bell’albero. Stranamente, però, l’appello al lettore, invece che esortarlo alla lettura, gli dà il permesso di saltare addirittura al capitolo seguente. Manzoni non si è mai preoccupato che una digressione sulla vita dei suoi personaggi potesse annoiare, ma in effetti la biografia di Federigo Borromeo risulta inadeguata al tono generale del romanzo; in particolare, si tratta di un’agiografia, una biografia che tende ad esaltare la santità e la virtù del personaggio, con toni celebrativi spesso decisamente retorici e lo stile è quello del panegirico, del discorso in lode, con immagini idealizzate, abbondanza di figure retoriche e prevalenza di sostantivi astratti con sovrabbondanza di aggettivi. Il ruolo del cardinale nel romanzo è essenzialmente pedagogico, educativo e morale, quindi Manzoni avverte la necessità di porre la sua figura su un piano superiore, ideale, che lo rendi esemplare e lo isoli rispetto al suo secolo; il suo appello al lettore rivela un indizio di un conflitto irrisolto tra esigenze artistiche e spinte morali, conflitto che ha agito sulla storia delle diverse edizioni del romanzo, sull’ossessione di revisione e correzione, fino a portare Manzoni all’abiura del suo lavoro e al silenzio creativo, persino al rifiuto del romanzo come genere.
Pur avendo volutamente idealizzare il personaggio, il ritratto e la biografia del cardinale sono fondati su documenti storici; in antitesi con il suo secolo, egli contrappone allo sfarzo secentesco l’amore per la semplicità nel vestire e nei modi, senza cedere alle lamentele dei parenti e alle astuzie degli istitutori, che vorrebbero si distinguesse sugli altri.
Con la sua cura per la pulizia, di contro alla sporcizia dilagante, con l’amore per la cultura contro l’ignoranza diffusa nel Seicento, Federigo anticipa quasi la fioritura intellettuale del secolo successivo e mostra, al tempo stesso, di essere degno erede della tradizione umanista. La disciplina costante sopra un’indole viva e risentita del cardinale non può non indurre ad un confronto immediato con fra Cristoforo:entrambi hanno un’indole focosa e impetuosa, ma mentre il cardinale ha già raggiunto il proprio equilibrio interiore e non perde mai l’autocontrollo,il frate è costretto a dare continuamente una buona tirata di morso al proprio carattere, tuttavia è proprio questa sua lotta infaticabile che lo rende personaggio dinamico e spesso drammatico, mentre la vittoria sulla disciplina rende Federigo personaggio statico e monocorde.
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