Anabasi di Senofonte: Cap.3 (1-21) versione greco - Studentville

Anabasi, Capitolo 3 - par 1 - 21

[1] Qui Ciro e l’esercito restarono venti giorni. I soldati infatti dicevano di non voler proseguire: sospettavano ormai di andare contro il re e non erano stati reclutati, sostenevano, per un’impresa del genere. Per primo Clearco cercò di costringere con la forza i suoi soldati a muoversi. Ma lui e i suoi animali da soma vennero bersagliati di pietre, non appena si misero in marcia. [2] Nella circostanza poco ci mancò che Clearco finisse lapidato; in séguito, quando capì che la forza non serviva, convocò l’assemblea delle proprie truppe. Prima versò molte lacrime, rimanendo a lungo immobile. I soldati, a tale vista, restarono attoniti e in silenzio. [3] Quindi parlò così: «Miei soldati, non meravigliatevi se soffro per come stanno le cose. A Ciro sono legato da vincoli di ospitalità, e quando ero in esilio, mi ha accolto con molti onori e donato diecimila darici. Li ho presi, ma non li ho messi da parte per il mio interesse personale o per dilapidarli: li ho spesi per voi. [4] Prima ho mosso guerra ai Traci, e per il bene della Grecia li ho puniti, grazie al vostro aiuto, scacciandoli dal Chersoneso, mentre cercavano di sottrarre quel territorio ai Greci che lo abitavano. E nel momento in cui Ciro mi ha chiamato, mi sono messo in cammino alla vostra testa per dargli una mano, se ne avesse avuto bisogno, in nome dei benefici da lui ricevuti. [5] Ora, voi non intendete seguirmi e io mi trovo a un bivio: o mantenere l’amicizia di Ciro tradendo voi oppure rimanere con voi mancando di fede a lui. Se prenderò la decisione giusta, non lo so; in ogni caso sceglierò voi e rimarrò con voi, sia quel che sia. Nessuno mai dirà che ho guidato dei Greci contro i barbari, ma poi ho tradito i Greci preferendo l’amicizia dei barbari. [6] Ma siccome non mi volete dar retta, sarò io a seguirvi, sia quel che sia. Voi per me siete la patria, gli amici, i compagni, ne sono convinto; con voi, penso, sarò sempre rispettato dappertutto; senza di voi invece non credo che sarei capace neppure di soccorrere un amico né di difendermi da un nemico. Dunque, siatene certi, vi seguirò dovunque andiate». [7] Tali furono le sue parole. I soldati suoi e degli altri comandanti, quando udirono che non intendeva marciare contro il re, lo applaudirono. Più di duemila uomini di Sennia e di Pasione presero le armi e i bagagli e si accamparono vicino a Clearco. [8] Ciro, non sapendo che fare e addolorato per la situazione, mandò a chiamare Clearco. Quest’ultimo rifiutò l’invito, ma all’insaputa degli altri comandanti inviò a Ciro un messo e gli disse di star tranquillo: le cose sarebbero andate per il meglio. Lo pregava inoltre di mandarlo a chiamare ancora, ma lo avvisava che non si sarebbe mosso. [9] Dopo di che, convocò i propri soldati e gli altri che si erano a lui uniti e chiunque volesse intervenire. Ecco le sue parole: «Miei uomini, Ciro adesso, è chiaro, si regola con noi come noi con lui. Non siamo più alle sue dipendenze, non lo seguiamo più, e allora lui non ci corrisponde più il soldo. [10] Pensa di aver subito da parte vostra un grave torto, ne sono sicuro. Perciò, sebbene mi mandi a chiamare, non me la sento di rispondere al suo invito, primo – ed è il motivo più importante – perché mi vergogno, consapevole come sono di aver tradito tutte le sue aspettative; poi anche perché temo che mi arresti e mi faccia pagare le colpe di cui mi ritiene responsabile. [11] Dunque, non mi sembra proprio il momento di dormire né di lasciarci andare, ma di decidere che fare sulla base delle decisioni assunte. Finché rimaniamo qui, dobbiamo pensare, mi sembra, a come restarci in tutta sicurezza; se invece si decide di andare via sùbito, occorre pensare a come andarcene con altrettanta sicurezza e a come procurarci i viveri necessari. Senza di questi infatti né un comandante né un soldato semplice è buono a nulla. [12] Ciro poi è un uomo straordinario, se gli sei amico; ma diventa un nemico implacabile, se gli sei ostile. La forza di cui dispone, fanteria, cavalleria e flotta, l’abbiamo tutti sotto gli occhi e la conosciamo: non è accampato, crediamo, lontano da qui. Insomma, se qualcuno ha un’idea buona, è il momento di dirla». Così terminò il suo discorso. [13] Allora alcuni si alzarono spontaneamente, per formulare il proprio parere; altri invece, imbeccati da Clearco, mostravano a quali difficoltà sarebbero andati incontro senza il consenso di Ciro, tanto rimanendo quanto andandosene. [14] Uno, con l’aria di chi ha una gran fretta di partire per la Grecia, disse di scegliere sùbito altri comandanti, se Clearco non era disposto a condurli via. I viveri, continuava, bisognava comprarli – c’era un mercato nell’armata barbara – poi preparare i bagagli e recarsi da Ciro a chiedere delle imbarcazioni, per salpare. E se non le concedeva, gli si doveva chiedere una guida, che li scortasse attraverso il territorio in amicizia. E se non ottenevano neppure una guida, dovevano schierarsi a battaglia al più presto, inviare un contingente a occupare le alture, per non lasciarsi precedere in tale operazione né da Ciro né dai Cilici, ai quali furono strappati molta gente e molto bottino. Costui parlò così. Dopo di lui Clearco soggiunse: [15] «Che non mi si venga a chiedere di assumere il comando della spedizione. Vedo molti motivi per non farlo. A chi sceglierete come capo, obbedirò in modo assoluto: anch’io, sappiatelo, so obbedire come nessuno al mondo». [16] Dopo di lui si alzò un altro: faceva notare l’ingenuità di chi suggeriva di chiedere a Ciro le imbarcazioni, come se Ciro potesse essere disposto a fare la spedizione un’altra volta, indicando anche quanto fosse ingenuo «chiedere una guida proprio all’uomo a cui roviniamo l’impresa. E se abbiamo fiducia nella guida fornitaci da Ciro, che cosa ci impedisce di invitare Ciro a prendere per noi il controllo delle alture? [17] Io avrei qualche esitazione a imbarcarmi sulle navi che potrebbe fornirci; non vorrei che ci colasse a picco con le sue triremi. Avrei anche paura a seguire la guida da lui assegnata, perché potrebbe condurci in un luogo inestricabile. Se proprio dovessi andarmene contro il volere di Ciro, preferirei partire all’insaputa sua, il che non è possibile. [18] Anzi, affermo che sono tutte chiacchiere. Mi sembra il caso di mandare da Ciro, con Clearco, alcuni uomini, gente esperta e fidata, per domandargli come intenda impiegarci. E se l’impresa fosse simile a quella per cui, in passato, ha già impiegato mercenari, seguiamolo anche noi e cerchiamo di non esser da meno delle truppe che prima lo hanno accompagnato verso l’interno. [19] Se al contrario l’impresa dovesse sembrare di maggior entità rispetto alla precedente, più faticosa e rischiosa, si accontenti o di convincerci e di guidarci oppure di lasciarsi convincere e di congedarci amichevolmente. Così, se andassimo con lui, lo seguiremmo senza risentimento e con ardore; se invece decidessimo di allontanarci, potremmo farlo in completa sicurezza. Ci comunichi qui la sua risposta. Quando l’avremo udita, decideremo di conseguenza». [20] Il parere fu approvato. Inviano con Clearco gli uomini prescelti, che presentarono a Ciro le richieste approvate dall’esercito. Ciro rispose che gli era giunta voce che Abrocoma, un suo nemico, era sulle rive dell’Eufrate, a dodici tappe di distanza. Voleva marciare contro di lui, disse. E se era là, bisognava fargliela pagare. «Se invece riesce a fuggire», disse, «una volta là decideremo sul da farsi». [21] Ascoltata la risposta, i soldati prescelti per la missione danno l’annuncio alla truppa: a tutti rimase il sospetto che li guidasse contro il re, comunque decisero di seguirlo. Chiedono però un aumento della paga. Ciro promette che l’avrebbe aumentata a tutti della metà: anziché un darico, un darico e mezzo al mese, a testa. Ma neppure in quell’occasione nessuno lo sentì dire, almeno apertamente, che li avrebbe guidati contro il re

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