I Promessi Sposi – Analisi Capitolo 36
Analisi del Capitolo 36 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
Luoghi: il lazzaretto di Milano
Tempo: pomeriggio del 31 agosto 1630
Il capitolo presenta una struttura circolare: si apre e si chiude con una figura esemplare di cappuccino che impartisce una lezione di profonda religiosità e la vicenda segue uno sviluppo progressivo, lineare, verso la felice risoluzione di tutta la vicenda, che si sviluppa in tre macrosequenze:
- La predica di padre Felice;
- Il dialogo tra Renzo e Lucia;
- Lo scioglimento del voto da parte di fra Cristoforo.
Il capitolo chiude anche il cerchio dell’intero romanzo riallacciandosi al capitolo di apertura e ristabilendo l’ordine che quel capitolo ha visto infrangere da don Rodrigo; l’uscita di Renzo dal lazzaretto chiude poi a cerchio il suo percorso all’interno di un luogo di morte e lo prepara a tornare al suo paese natio.
LA PREDICA DI PADRE FELICE
Il passo è dominato dalla focalizzazione interna di Renzo, poi quella dell’uditorio di padre Felice che si alterna a quella del narratore esterno. Come sempre la focalizzazione zero smorza l’intensità delle emozioni con descrizioni oggettive, quella interna viceversa accentua il pathos e il coinvolgimento emotivo del lettore.
La struttura sintattica della predica è costruita secondo la tradizione oratoria dei cappuccini, con il gusto delle anafore, delle antitesi e delle domande retoriche. Le parole del frate sono accompagnate dalla teatralità dei gesti di gusto secentesco e scandite con un ritmo lento, che sembra riprodurre quello delle litanie e della processione stessa. L’apertura di questo capitolo ci riporta all’inizio dell’avventura di Renzo, quando, lasciata Lucia a Monza, oscillava tra sentimenti opposti e al pensiero di Lucia associava quello di don Rodrigo: il parallelismo non è affatto casuale, anzi serve a sottolineare la trasformazione avvenuta in Renzo.
È l’amore cristiano che può scardinare la tradizione letteraria fondata sulla lotta tra protagonista e antagonista per la conquista della donna amata ed è questa la novità del romanzo manzoniano.
IL DIALOGO D’AMORE
Il passo è prevalentemente mimetico. Si tratta di una scena in cui domina il dialogo tra i due protagonisti finalmente a confronto, dopo la lunga separazione, ed essendo l’unico dialogo d’amore presente nel romanzo, risente degli echi letterari famosi, in particolare quello di Paolo e Francesca nell’Inferno dantesco.
Dato che a parlare sono i due protagonisti, la lingua scelta è quella popolare che, soprattutto quando essi sono più infervorati, è fatta da frasi interrotte e piene di anacoluti, oltre che tante scorrettezze grammaticali ( Al Signore gli piace…; come è proprio stato la verità).
Il dialogo sembrerebbe contraddire il rifiuto manzoniano di parlare d’amore, ma in realtà non si tratta neanche questa volta di un vero e proprio dialogo d’amore: i due protagonisti non hanno mai avuto, nel corso del romanzo, che pochi scambi di battute fino al momento della loro separazione e il loro amore si è rivelato solo nella lontananza attraverso parole e pensieri che proprio la lontananza ha suscitato in loro. Così il dialogo è lecito, perché non può turbare il lettore: parla di un amore impossibile, negato.
LO SCIOGLIMENTO DEL VOTO
Di fronte alla nuova possibilità che il frate offre a Lucia, lei è sconvolta dall’assalto di desideri rimossi e dall’insorgere opposto del suo senso morale. Fra Cristoforo, però, le offre un punto di vista diverso: il suo amore non è peccato, ma è voluto da Dio. egli parla in Suo nome e, contravvenendo alla regola che chi ha formulato il voto debba chiedere in piena libertà che venga sciolto, le dice: se voi mi chiedete ch’io vi dichiari sciolta da codesto voto, io non esiterò a farlo, e desidero anzi che me lo chiediate.
Impone quindi a Lucia una scelta che lei non ha il coraggio di fare e lei accetta; a questo punto il frate celebra le nozze spirituali dei due giovani, affidando loro il proprio testamento spirituale e a suggellarlo dona loro il pane del perdono, chiedendo di conservarlo e tramandarlo anche come simbolo di un precetto che ha prima di tutto impartito a sé stesso: perdonare sempre e comunque. Significativo è il fatto che il padre porga la scatola a Lucia: è lei la figlia prediletta in cui vede realizzato pienamente il proprio ideale, mentre Renzo è per lui il doppio di quel Lodovico che si tiene dentro e che faticosamente ha portato sulla retta via, nonostante conservi quel peccato di cui Lucia è priva e che ancora esiste in Cristoforo.
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