Capitolo XIX - Il sostituto mondano della prudenza: l'ipocrisia

Capitolo XIX - Il sostituto mondano della prudenza: l'ipocrisia

I Promessi Sposi Capitolo 19, approfondimento sulla tematica che governa il testo in questo capitolo: l'ipocrisia come sostituto mondano della prudenza.

I Promessi Sposi: Capitolo 19 – Il sostituto mondano della prudenza: l’ipocrisia

Posto al centro del capitolo, il grande dialogo fra il conte zio e il padre provinciale ricorda per simmetria e per antitesi il dialogo fra padre Cristoforo e don Rodrigo; la simmetria deriva dal fatto che i contendenti attuali sono, in sostanza, i sostituti di quelli di allora; l’antitesi nasce, invece, dal metodo diverso con il quale è condotta la nuova contesa. Se, infatti, anche questo incontro, come quello ricordato, fa pensare ad un duello, in realtà si traduce solo in un seguito di schermaglie. Mentre nel primo si affrontano apertamente la verità è la carità di padre Cristoforo con la violenza e la falsità di don Rodrigo, in questo caso l’ostilità fra i due contendenti è celata e tuffo procede attraverso una apparente prudenza.

Ma dal modo col quale Io scrittore rappresenta il comportamento dei due protagonisti emerge chiaramente che nessuno dei due usa e possiede la virtù della prudenza, mentre entrambi si valgono del suo sostituto mondano: l’astuzia ammantata di ipocrisia. Entrambi hanno in comune la passione per il prestigio o del casato o dell’ordine e, per la cerimoniosa magniloquenza, per il gusto della mascheratura, sono ambedue degni rappresentanti del loro secolo. Essi tuttavia, come sempre avviene per i personaggi manzoniani, denunciano anche i limiti di ogni uomo, che non cerchi la via della verità o rinunci a trovarla. Fra i due personaggi il conte zio è rappresentato con una connotazione più comica, il padre provinciale con un taglio più drammatico.
Del primo l’autore ha delineato un rapido ritratto nel capitolo XVII, che si conclude con l’ironica similitudine: come una di quelle scatole che si vedono ancora in qualche bottega di speziale, con su cede parole arabe, e dentro non c’è nulla; ma servono a mantenere il credito alla bottega. Tutto è vuoto e falso in lui, fuorché l’orgoglio, sul quale sa far leva la cinica astuzia del nipote Attilio: allora la scatola vuota diventa un meccanismo caricato e pericoloso contro il frate temerario, padre Cristoforo.

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