CARLO LEVI: OPERE E BIOGRAFIA
Carlo Levi nasce il 29 novembre 1902 a Torino, in Italia. È cresciuto in una famiglia benestante e colta, con una madre appassionata di letteratura e un padre medico. La sua formazione avviene in un ambiente intellettuale vivace, che influenza profondamente la sua carriera e il suo pensiero.
Levi studia medicina all’Università di Torino e si laurea nel 1924. Nonostante la laurea, non pratica mai la medicina in senso tradizionale, preferendo dedicarsi alla pittura e alla scrittura. Parallelamente, Levi sviluppa un forte interesse per la politica, aderendo al movimento antifascista Giustizia e Libertà, fondato da Carlo Rosselli.
Nel 1935, a causa della sua attività antifascista, Levi viene arrestato e condannato al confino in Lucania (l’attuale Basilicata), in due piccoli paesi: Grassano e Aliano. Questa esperienza diventa la base del suo libro più famoso, “Cristo si è fermato a Eboli”, pubblicato nel 1945. Nel libro, Levi descrive la vita misera e le difficoltà dei contadini lucani, offrendo una critica pungente al regime fascista e alla disattenzione dello Stato verso il Sud Italia.
Dopo la caduta del fascismo, Levi continua a essere attivo politicamente, e nel dopoguerra si impegna anche come giornalista e senatore della Repubblica Italiana, eletto nelle file del Partito Comunista Italiano.
Carlo Levi muore il 4 gennaio 1975 a Roma, lasciando un’importante eredità letteraria e politica. È sepolto ad Aliano, in Basilicata, il luogo che tanto ha amato e che ha reso immortale attraverso il suo capolavoro letterario.
Pensiero e Filosofia
Il pensiero di Carlo Levi è profondamente radicato nelle sue esperienze di vita, soprattutto quelle vissute durante il confino in Lucania. La sua filosofia si può riassumere attraverso alcuni punti chiave:
- Critica al fascismo e alla modernità: Levi era un fermo oppositore del fascismo e delle sue politiche repressive. Nei suoi scritti, denuncia la disumanizzazione e la marginalizzazione imposte dal regime, nonché l’influenza negativa della modernità sui valori tradizionali e comunitari.
- Empatia e solidarietà: uno degli aspetti più marcati del pensiero di Levi è la sua empatia per le persone comuni, in particolare per i contadini del Sud Italia. Egli sottolinea la necessità di una maggiore solidarietà sociale e di un impegno politico che rispetti la dignità umana e le tradizioni locali.
- Il Meridionalismo: Levi è uno dei principali esponenti del meridionalismo, un movimento intellettuale e politico che si concentra sui problemi del Mezzogiorno d’Italia. Attraverso “Cristo si è fermato a Eboli”, Levi evidenzia l’abbandono e la miseria delle regioni meridionali, criticando l’inefficienza dello Stato centrale e promuovendo la necessità di riforme sociali ed economiche.
- Arte e letteratura come strumenti di denuncia: Levi credeva fermamente nel potere dell’arte e della letteratura come strumenti di denuncia sociale e politica. La sua opera letteraria e pittorica è intrisa di impegno civile, utilizzata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle ingiustizie e per promuovere un cambiamento sociale.
- La vita contadina e la natura: la sua esperienza in Lucania gli permette di approfondire la conoscenza della vita contadina, sviluppando un profondo rispetto per il legame tra uomo e natura. Levi vede nei contadini una saggezza ancestrale e una resistenza alla modernizzazione forzata, che considera preziose e meritevoli di tutela.
In sintesi, il pensiero di Carlo Levi è caratterizzato da un forte impegno civile e politico, da una profonda empatia per i più deboli e da una critica incisiva alle disuguaglianze sociali. La sua eredità continua a influenzare il dibattito culturale e politico italiano, rendendolo una figura di spicco nella storia letteraria e sociale del XX secolo.
Prima di proseguire con l’analisi delle principali opere di Carlo Levi, una piccola curiosità: Primo Levi e Carlo Levi sono parenti? In realtà, a dispetto del cognome, non erano imparentati (forse molto alla lontana). Oltre al cognome, i due sono accumunati dall’importanza che hanno ricoperto, sia a livello culturale che politico, nella storia del dopoguerra italiano.
CRISTO SI È FERMATO A EBOLI DI CARLO LEVI
Per le sue posizioni antifasciste, Levi fu confinato in un paesino della Lucania e il resoconto di questa esperienza fu affidato a un libro, “Cristo si è fermato ad Eboli” (1945), che ebbe molto successo nel secondo dopoguerra. Non si tratta di un romando ma di un documento memoriale e di saggio antropologico. Levi vi racconta la sua scoperta della realtà meridionale e vi traccia un ritratto di tagliente crudezza nei confronti della borghesia, ma si concentra soprattutto sui contadini. Si tratta di un mondo remoto dalla realtà moderna, ancora pagano, immerso in una stazione ancestrale, magica e superstiziosa, che popola la realtà di potenze misteriose, di spiriti e folletti, e non separa il mondo umano e quello degli animali e dei mostri fantastici.
Il documento di Levi fece forte impressione nel clima del dopoguerra, dominato dal progresso e dal gusto neorealistico, perché segnava la scoperta di un’Italia ignorata dalla cultura tra le due guerre. Il libro rispondeva al bisogno di una letteratura nuova, sostanziata di una realtà vera e aperta ai problemi sociali più urgenti. Il punto di vista con cui Levi guarda il mondo contadino è quello dell’intellettuale progressista, che però resta attratto dal primitivo e dal magico. Il mondo rurale, studiato nel senso scientifico ed etnologico, attrae Levi che lo mitizza per la sua irrazionalità. Il popolo contadino appare come il detentore di tutti i valori, contro una borghesia gretta, ottusa e ignorante.
“Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi è dunque uno dei documenti principali del filone del populismo. Tra il popolo primitivo e l’intellettuale si crea un rapporto speciale. nella narrazione vi è in primo piano l’artista con il suo egocentrismo e la sua ambizione a porsi come guida delle masse passive. Dietro i problemi sociali vi è anche il bisogno dell’artista di ritrovare il se stesso autentico. E lo trova nel mondo contadino, salvandosi con l’identificazione in un’umanità elementare. La prosa è ricca di colore e incisiva per la sua esuberanza.
L’OROLOGIO DI CARLO LEVI
“L’orologio” è un romanzo di Carlo Levi pubblicato nel 1950, che offre una riflessione sulle difficoltà politiche e sociali dell’Italia nel dopoguerra. Ambientato a Roma subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il libro racconta la crisi politica e morale del Paese attraverso le esperienze di un gruppo di personaggi impegnati nella ricostruzione della democrazia.
Il protagonista, L. (spesso considerato un alter ego di Levi stesso), si muove tra vari ambienti politici e sociali, incontrando funzionari, politici, intellettuali e cittadini comuni. L’orologio simbolico rappresenta il tempo bloccato e la stagnazione della politica italiana. Levi descrive le speranze e le delusioni degli italiani che cercano di costruire un futuro migliore, ma che si scontrano con la corruzione, l’inerzia burocratica e le lotte di potere.
“L’orologio” è una critica pungente della politica italiana del dopoguerra, evidenziando le difficoltà nel passaggio dalla dittatura fascista alla democrazia. Carlo Levi utilizza il simbolo dell’orologio fermo per rappresentare l’immobilismo e la stagnazione politica del periodo.
Levi adotta uno stile narrativo riflessivo e introspettivo, ricco di descrizioni dettagliate e di dialoghi significativi. La struttura del romanzo è frammentaria, rispecchiando la frammentazione e la complessità della situazione politica dell’epoca.
CARLO LEVI: LE ALTRE OPERE
- Le parole sono pietre (1955)
- Tutto il miele è finito (1964)
- Il futuro ha un cuore antico (1956)
- La doppia notte dei tigli (1959)
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