Versione del Carma 31 di Catullo
Paene insularum, Sirmio, insularumque
ocelle, quascumque in liquentibus stagnis
marique vasto fert uterque Neptunus,
quam te libenter quamque laetus inviso,
vix mi ipse credens Thuniam atque
Bithunos
liquisse campos et videre te in tuto.
o quid solutis est beatius curis,
cum mens onus reponit, ac
peregrino
labore fessi venimus larem ad nostrum,
desideratoque acquiescimus lecto?
hoc est quod unum est pro
laboribus tantis.
salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude
gaudente, vosque, o Lydiae lacus undae,
ridete quidquid
est domi cachinnorum.
Versione tradotta
Delle penisole, Sirmione, e delle isole
pupilla, tutte quelle che il duplice Nettuno
porta nei limpidi stagni ed il
vasto mare,
quanto volentieri ti rivedo e quanto felice,
a stento io stesso credendomi di aver lasciato la Tinia
ed i
Bitini e vedere te al sicuro.
Oh cosa c'è di più felice degli affanni dissipati,
quando il cuore ripone il peso e
stanchi per la fatica
straniera e giungiamo al nostro focolare,
e riposiamo nel letto sognato?
Questa è quella cosa
unica per tante fatiche.
Salve, graziosa Sirmione, e gioisci del padrone
gioioso e voi, o lidie onde del lago,
ridete
di tutte le risate di casa.
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