Alphene immemor atque unanimis false sodalibus,
iam te nil miseret, dure,
tui dulcis amiculi?
iam me prodere, iam non dubitas fallere, perfide?
nec facta impia fallacum hominum caelicolis
placent.
quae tu neglegis ac me miserum deseris in malis.
eheu quid faciant, dic, homines cuive habeant fidem?
certe tute iubebas animam tradere, inique, me
inducens in amorem, quasi tuta omnia mi forent.
idem nunc retrahis te
ac tua dicta omnia factaque
ventos irrita ferre ac nebulas aereas sinis.
si tu oblitus es, at di meminerunt, meminit
Fides,
quae te ut paeniteat postmodo facti faciet tui.
Versione tradotta
Alfeno immemore e falso per tutti gli amici,
per nula hai più
compassione, crudele, del tuo dolce amico?
Non esiti più a tradirmi, né ad ingannarmi, perfido?
Neppure ai celesti
piacciono i fatti empi di uomini bugiardi.
Questo lo trascuri e lasci me misero nei mali.
Ahimè che posson far, dimmi,
gli uomini o in chi aver fiducia?
Proprio tu certo mi consigliavi a buttar l'anima, iniquo,
trascinandomi
nell'amore, come se tutto fosse sicuro per me.
Adesso tu ti ritrai e lasci che i tuoi detti e tutte le azioni
i venti
le trasportino vane e le aeree nebbie.
Se tu ti sei dimenticato, lo ricordano però gli dei, lo ricorda Fede,
che più
tardi farà sì che ti penta della tua azione.
- Letteratura Latina
- Carmina 1-30
- Catullo