Premesso che unire due discipline come algebra e geometria significa far corrispondere ogni espressione dell’algebra ad una della geometria e viceversa, si osserva che l’algebra ò espressa da certe operazioni sui simboli, mentre la geometria ò espressa da certe regole grafiche che riguardano i punti della retta, del piano e dello spazio, e la loro interdipendeza fu stabilita da Cartesio considerandole mezzi espressivi di una più profonda proprietà della realtà misurabile che le inglobasse, cosa che egli fece definendo il concetto di funzione come il risultato di certe operazioni, che potevano essere fatte sia per via geometica che algebrica, (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione, elevazione a potenza e radice per i soli numeri positivi) che, operando su un numero lo sostituiscono con un altro. E’ grande merito di Cartesio l’ avere intuito che le radici più profonde della matematica e della geometria vadano ricercate nella logica e nella filosofia, e di avere posto, nell’unire le due discipline, le basi necessarie allo sviluppo ulteriore delle matematiche. In questo capitolo supponiamo che a quell’epoca fossero note come idee innate, (esistenti nella mente per opera divina), quella di numero e quella delle operazioni sopra elencate e definite da precise regole compresa quella dei segni nella moltiplicazione dei numeri positivi, ma con la matematica del suo tempo Cartesio ha dovuto scrivere due libri dal contenuto assa difficile da studiare, per dimostrare che Algebra e Geometria potevano essere inglobate in una unica branca della matematica. Anche Fermat riteneva di difficile comprensione tutte quelle operazioni con rette che si sommavano, si moltiplicavano, si sottraevano e si dividevano come faceva Cartesio nelle sue opere, ma anche lui trovò, senza darne talora neanche traccia di dimostrazione, meravigliosi teoremi sulla teoria dei numeri. Per sintetizzare l’opera del grande filosofo-matematico supponiamo che nel suo pensiero un numero fosse rappresentato da un simbolo graficamente distinguibile dal simbolo di ogni altro numero e dalla cui forma grafica si potesse univocamente stabilire se esso fosse maggiore (>) o minore (<) di un secondo numero presentato allo stesso modo. Ogni numero poi ò uguale (=) a se stesso, e noi useremo la consueta notazione decimale dei segni dallo 0 al 9 per formare i numeri, ed i simboli della aritmetica e dell'algebra per le operazioni. Il modo più semplice di rappresentare i numeri ò quello di disporli in ordine crescente su una retta, anzi nel piano cartesiano a tutti noto i numeri vengono presentati su due assi ortogonali di ascisse x e di ordinate y sul quale ogni punto ò individuato dalle sue coordinate x, y e questa sarà la presentazione geometrica di un punto nel piano, mentre la sua presentazione algebrica ò data dalla coppia ordinata dei valori delle sue coordinate. Dati due punti nel piano diciamo distanza la più breve lunghezza geometrica di una linea continua che li unisca, intuitivamente rappresentata da un filo teso tra i due punti e che diremo segmento di retta, e supporremo che all'epoca di Cartesio anche questo fosse considerata una idea innata, ma noi tornerenmo a parlarne in relazione alla sua rappresentazione algebrica equivalente a mezzo delle coordinate dei punti e del teorema di Pitagora. Data una raccolta finita di punti ciascuno di coordinate x, y potremo rappresentarli geometricamente nel piano ordinandoli secondo la x, definendo l' istogramma della raccolta e che viene meglio evidenziato unendo con dei tratti di retta i punti successivi, e questa sarà la presentazione geometrica di un istogramma, ma lo stesso istogramma può essere rappresentato algebricamente da una tabella in due righe. sulla prima delle quali si pongano in ordine crescente i valori delle x dei punti che lo formano, che diremo punto di definizione o punto di rilevamento, mentre sull'altra, in genere sottostante, vengono riportati i valori delle y corrispondenti. Perciò ogni istogramma avrà un suo primo punto di definizione definito dalla più piccola coordinata x, cui in genere viene assegnato il valore 0, ed un ultimo punto definito dalla massima coordinata x. Da rilevare che in tal modo un istogramma occupa una limitata porzione del piano e può rappresentare lo svolgimento nel tempo di un certo fenomeno misurandone lo stato in determinati istanti x e ponendo sulle y i relativi valori, ma la variabile indipendente può anche essere la misura di una qualunque grandezza alla quale si vuol collegare lo studio di un certo fenomeno fisico o geometrico. Se questa grandezza non ò determinata, diremo che la variabile indipendente ò una indeterminata Come anche oggi, si riteneva che nel tratto considerato tra il primo e l'ultimo punto di un istograsmma si possa migliorare la conoscenza del fenomeno allo studio aumentando il numero di punti di rilevamento nei tratti ove l'istogramma ò più irregolare, in modo da farlo rassomigliare sempre di più ad una curva continua che Cartesio diceva linea geometrica, ma che pur sempre era un istogramma. Cartesio, esponendo il concetto di funzione che può essere rappresentata sia algebricamente da una tabella che geometricamente da un istogramma, e stabilendo che da un istogramma tratto da esperienze su un fenomeno si possa stabilire una forma algebrica che noi abbiamo detto polinomio, ha unito l'algebra alla geometria in una unica scienza indipendentemente dalla sua presentazione algebrica o geometrica. Questa linea di pensiero ha condotto l'autore alla esposizione che segue di brevi brani delle opere matematiche di Cartesio dai quali trarre conferma alle soprariportate ipotesi e dimostrarle attraverso l'algebra e la teoria elementare delle matrici quadrate, ma in questo capitolo ci si limita alle forme note all'epoca, riservando agli altri capitoli la trattazione matematica della materia. All'epoca di Cartesio i progressi nella misura del tempo e la notazione posizionale dei numeri con le operazioni aritmetiche su di essi avevano esteso moltissimo la capacità di mettere in relazione la misura di un certo fenomeno con l'istante in cui si produceva, e che ripetute esperienze sullo stesso fenomeno potevano tradursi graficamente nel piano; in altre parole si sapeva rappresentare con un istogramma di grado n l'andamento di un certo fenomeno misurato in n+1 istanti anche non adiacenti sull'asse punteggiato della variabile tempo, (sul quale sono riportati a distanza costante i valori 0, 1, 2,……., n, e come si ò detto ò evidente che la conoscenza di un fenomeno migliora non solo aumentando il numero dei rilevamenti nello stesso tratto, ma anche addensandoli sulla variabile tempo nelle zone nelle quali il fenomeno presenta maggiori diversità . Un istogramma può avere un solo valore per ogni istante nel quale viene effettuata la misura, ma sotto questa condizione la variabile potrà essere anche una grandezza spaziale od altro, che abbiamo detto variabile indipendente od anche indeterminata se non ne sia stato definito il particolare significato. Per esempio la distanza dal punto fisso di un carico applicato ad una trave appoggiata agli estremi, il cui istogramma (delle cause) ha sulle orizzontali x i valori delle distanze dei punti di applicazione dei carichi e sulle verticali y i valori dei carichi corrispondenti, ci dà un istogramma rappresentabile con una tabella a due righe, ma anche l'inflessione negli stessi punti della trave ci darà un altro istogramma (degli effetti), ed avendo essi in comune la riga superiore, useremo una tabella tre righe, scrivendo su quella inferiore i valori degli effetti della applicazione delle date forze. La relazione tra causa ed effetto sarà data da certe regole che legano i due istogrammi definite dalla natura del problema. (Nel caso della trave e nella ipotesi di linearità le regole dipendono dalla proporzionalità tra cause ed effetti e dal teorema dei lavori), il che consente di trarre altri istogrammi ed altre linee della tabella. In generale diremo problema di grado n una tabella quadrata di n+1 righe e colonne nella quale i valori da inserire nelle caselle non sono tutti noti e devono essere determinati dalla natura stessa del problema che si riterrà completamente risolto se si conoscano tutti i valori da inserire nella tabella quadrata. Si noti che i valori da trovare per risolvere il problema sono derivati dai risultati di un certo numero di esperienze su un modello teorico o sperimentale, e devono essere da esso dedotti secondo le regole del modello, come llustreremo in appresso. In tal modo la ricerca si scinde in più tempi, prima lo studio di un singolo istogramma cui corrisponde una tabella a due righe e che per semplicità penseremo nella variabile tempo, poi la ricerca dei valori da inserire nelle caselle del quadrato di un problema, poi le relazioni tra più problemi.
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