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Cogito, ergo sum La prima regola del metodo prescrive di accettare come vero soltanto ciò che è evidente , scevro di ogni forma di dubbio e di incertezza . Ciò significa sospendere l’ assenso su ogni cosa che non offra tale garanzia , cioè dubitare di essa . Ma come si potrà giungere alla certezza dell’ evidenza ? Per risolvere il problema non c’ è altra via per Cartesio che trasformare il dubbio stesso in uno strumento metodologico . Se mi impegnerò a dubitare di tutto e , ciononostante , qualcosa si sottrarrà al mio dubbio metodico , questa cosa sarà necessariamente evidente . La prima cosa di cui si deve dubitare è la testimonianza dei sensi . E’ infatti comune l’ esperienza che a volta i sensi ci ingannano . Ma se essi ci ingannano anche una volta soltanto , perchè non potrebbero ingannarci sempre ? In fondo é lo stesso discorso che facevano gli Scettici : così come i sensi mi inganno quando mi sembra spezzato un remo immerso in acqua per via di effetti ottici , chi mi dice che i sensi non mi ingannino sempre , su ogni cosa ? Analogamente dobbiamo dubitare della nostra esistenza corporea e di tutta la realtà esterna , poichè potrebbero essere il risultato di un’ illusione analoga a quelle che subiamo nei sogni : chi infatti ci assicura che la nostra vita non è un sogno continuo ? Infine , si dovrà dubitare delle stesse certezze matematiche , poichè non si può escludere che Dio mi voglia ingannare o almeno permetta che io stesso mi inganni , oppure , se ciò ripugna alla bontà che inerisce necessariamente alla sua essenza , è possibile supporre che in luogo di Dio esista un genio maligno , che impieghi tutta la sua onnipotenza per ingannarmi . Malgrado l’ applicazione metodica del dubbio sia così radicale , una cosa tuttavia si sottrarrà sempre al mio dubitare : il fatto stesso che io dubito ; anche questa in fondo é una concezione di matrice scettica e agostiniana : non ho certezze se non la certezza di non avere certezze : tuttavia si può muovere la critica che se non si hanno certezze non si può neanche avere la certezza di non avere certezze . Se è evidente che dubito , dice Cartesio , è altrettanto evidente che penso , e quindi che esisto come sostanza pensante . Cogito ergo sum . Ancorchè io sogni anzichè esser desto , o ancorchè io sia ingannato da un genio cattivo , nondimeno io certamente penso – seppure fantasticherie ed errori – ed ho la certezza di esistere come soggetto del mio pensiero . Facendo leva sull’ ergo contenuto nella forma del cogito , già i contemporanei accusarono Cartesio di essersi servito di un ragionamento di cui si tace , presupponendo la premessa maggiore : “Tutto ciò che pensa esiste” , “Io penso” “Dunque sono” . Il cogito non sarebbe dunque la conoscenza “prima e certissima” su cui tutto il resto si deve fondare , ma dipenderebbe da una premessa non sottoposta a dubbio , e quindi non dimostrata . Inoltre Cartesio avrebbe così in qualche modo introdotto quella logica sillogistica di matrice aristotelica che tanto aborriva . Ma Cartesio stesso risponde all’ obiezione , precisando che il cogito ergo sum non è un ragionamento discorsivo , ma un’ intuizione immediata , con la quale colui che dubita o che pensa – il che è lo stesso – percepisce la propria esistenza come un’ evidenza certissima e inconfutabile . Cogitare ed esse non sono i due momenti distinti di una successione logica – malgrado l’ ergo che li connette – ma i due aspetti di un’ unica evidenza . (segue nel file da scaricare)
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