In omnibus proeliis et expeditionibus ea condicio est, ut, quod tibi prodest, adversario noceat, quod contra illum iuvat, tibi semper officiat. Numquam igitur ad adversarii arbitrium quicquam facere aut dissimulare debemus, sed id solum agere quod nobis utile iudicamus. Contra se quisque incipit facere, si imitetur (imita) quod facit hostis pro se; et rursus quidquid pro se quisque fecerit, contra adversarium erit, si ille imitari (imitare) voluerit. Aut inopia aut nova re aut terrore melius est hostem domare quam proelio, in quo solet fortuna potestatem habere ampliorem quam virtus. Neque ulla consilia meliora sunt quam quae ignoraverit adversarius antequam facias (prima che tu li metta in pratica). Melius est post aciem in suis quemque praesidiis militem servare quam latius copias spargere. Difficile vincitur qui vere potest de suis et de adversarii copiis iudicare.
Versione tradotta
In tutti gli scontri e spedizioni vi è una condizione che, ciò che giova a te, nuoce all'avversario, al contrario ciò che giova a quello, sempre a te (officio). Mai dunque dobbiamo fare qualcosa all'arbitrio dell'avversario o mai dobbiamo fingere, ma giudichiamo di fare solo quello che ci è utile. Al contrario se qualcuno inizia a fare, se imita ciò che il nemico fa per lui, e di nuovo qualcuno farà per lui qualcosa, sarà contro l'avversario se quello ha voluto imitarlo. O con la mancanza o con una nuova cosa o con il terrore è meglio domare il nemico nel combattimento nel quale la fortuna è solita avere potere più ampio della virtù. E non vi sono piani migliori di quello che l'avversario ha ignorato prima che tu li metta in pratica. E' meglio dopo lo scontro conservare nei propri presidi il soldato piuttosto che spargere più largamente le truppe. E' difficile che vinca quello che può giudicare le sue truppe e quelle dell'avversario.
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