Ut igitur ii qui sunt in amicitiae coniunctionisque necessitudine superiores,
exaequare se cum inferioribus debent, sic inferiores non dolere se a suis aut ingenio aut fortuna aut dignitati superari.
Quorum plerique aut queruntur semper aliquid aut etiam exprobrant eoque magis, si habere se putant quod officiose et amice et
cum labore aliquo suo factum queant dicere. Odiosum sane genus hominum officia exprobrantium; quae meminisse debet is in quem
conlata sunt, non commemorare qui contulit. Quam ob rem ut ii qui superiores sunt submittere se debent in amicitia, sic quodam
modo inferiores extollere. Sunt enim quidam qui molestas amicitias faciunt, cum ipsi se contemni putant; quod non fere
contingit nisi iis qui etiam contemnendos se arbitrantur; qui hac opinione non modo verbis, sed etiam opere levandi sunt.
Versione tradotta
Allora, come coloro
che sono nel vincolo dellamicizia e superiori nel legame, devono mettersi alla pari con gli inferiori, così gli inferiori non
si dispiacciano di essere superati da questi in ingegno o in fortuna o in dignità. La maggior parte di questi si lamenta sempre
di qualcosa o rinfaccia ancora di più, per giunta, se crede di ottenere ciò che può dire di aver fatto cortesemente, per
amicizia e con qualche lavoro proprio. È odioso, in verità, il genere umano che rinfaccia i lavori fatti; deve essere ricordata
la cosa nella quale si contribuisce, non chi contribuì a ricordarla. Perciò, come coloro che sono superiori si devono
sottomettere nel rapporto di amicizia, così allo stesso modo, gli inferiori se ne devono rinfrancare. Vi sono infatti taluni
che fanno amicizie inopportune, credono di disprezzarsi insieme a questi stessi; (vi sono quelli che) non la raggiungono del
tutto se non coloro che decidono di essere da disprezzare; (vi sono) coloro che per questa opinione devono essere alleviati non
solo dalle parole, ma anche dallopera.
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