Corpus Tibullianum, I, 3, VV. 35-50

Corpus Tibullianum, I, 3, VV. 35-50

Corpus Tibullianum, I, 3, VV. 35-50: testo originale in latino

Quam bene Saturno vivebant rege, priusquam
tellus in longas

est patefacta vias!
Nondum caeruleas pinus contempserat undas,
effusum ventis praebueratque sinum,
nec vagus ignotis

repetens compendia terris
presserat externa navita merce ratem.
Illo non validus subiit iuga tempore taurus,
non

domito frenos ore momordit equus,
non domus ulla fores habuit, non fixus in agris,
qui regeret certis finibus arva,

lapis;
ipsae mella dabant quercus, ultroque ferebant
obvia securis ubera lactis oves.
Non acies, non ira fuit, non

bella, nec ensem
immiti saevus duxerat arte faber.
Nunc Iove sub domino caedes et vulnera semper,
nunc mare, nunc leti

mille repente viae.

Corpus Tibullianum, I, 3, VV. 35-50: versione tradotta in italiano

Come vivevano bene sotto il regno di Saturno, prima che la terra si aprisse ai lunghi viaggi!

Il pino non aveva ancora sfidato le onde cerulee né offerto ai venti le vele spiegate;

né il marinaio, errante in cerca di guadagno per terre ignote, aveva riempito la nave di merci straniere.

In quel tempo il toro robusto non sottostava al giogo, né il cavallo mordeva il freno con la bocca domata;

le case non avevano porte, non era piantata nei campi una pietra, a stabilire i poderi con sicuri confini.

Le querce davano spontaneamente il miele, e da sole le pecore offrivano le poppe gonfie di latte a uomini sereni.

Non c’erano schiere né ira né guerre, né il fabbro crudele aveva forgiato con arte terribile le spade.

Ora, sotto il dominio di Giove, sempre stragi e ferite, ed il mare, e mille altre vie di morte improvvisa.

 

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