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Cristo si è fermato ad Eboli

Trama e analisi del romanzo Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi.

• Autore: Carlo Levi

• Genere: Romanzo

• Ambientazione: Aliano, un paese piccolo sperduto tra i monti della Lucania (Basilicata)

Vita dell’Autore

Carlo Levi, nato a Torino nel 1902, è morto a Roma nel 1975. Oltre che scrittore di fama internazionale, è considerato uno dei maestri della pittura italiana contemporanea. Egli svolse un’attività antifascista e scontò due anni di esilio in Lucania.

Le sue opere, animate da profondi interessi sociali e umani, sono conosciute e diffuse in tutti i paesi; la più famosa è appunto “Cristo si è fermato a Eboli” scritto nel 1945.

Il titolo

Il titolo di questo libro vuole spiegare che a Eboli, città della campagna in provincia di Salerno, si ferma la “vita umana” la civiltà, la storia, il progresso e la libertà chiamate dall’autore in modo metaforico “Gesù”; quindi questa frase “Cristo si è fermato a Eboli” sta a significare che Cristo fino in quei luoghi non è arrivato.

I Personaggi:

Il podestà Magalone, Il parroco Don Trajella, la sorella del podestà Donna Caterina, la Vedova, i contadini, il dott.Gibilisco e Milillo (i due medicaciucci), Giulia la donna di casa di Levi…

La trama

In questo libro Carlo Levi ci narra le vicende da lui passate durante i due anni di confino ad Aliano, un paese sperduto tra i monti della Lucania.
Durante la sua permanenza, può notare lo stato penoso in cui la gente del posto era costretta a vivere. Levi con le persone più povere instaura un rapporto di amicizia e di simpatia e presto si troverà a stretto contatto con loro a causa del lavoro attribuitogli quello di medico. Non era felice di praticare quest’attività perché ciò gli comportava una certa rivalità con i due medici del paese, Milillo e Gibilisco. Levi era rispettato da tutti soprattutto per la sua preparazione culturale. Il podestà Magalone e sua sorella, donna Caterina, erano contenti e fieri di averlo nel loro paese. Levi resterà ad Aliano all’incirca fino al 1943 e grazie al permesso lasciatogli dalla questura di Matera partirà, con dispiacere dei contadini, e tornerà in Piemonte a Torino.

Riassunto

Levi, lasciato Grassano, prima tappa del suo confino, (infatti prima di trasferirsi ad Aliano scontò una parte della sua condanna a Grassano) si diresse ad Aliano scortato da due carabinieri. I nuovi paesaggi che durante il viaggio gli passavano davanti velocemente sembravano tutti sgradevoli. Lasciare Grassano per Carlo Levi fu un dispiacere enorme. Qui, come spiega l’autore, “imparò ad apprezzare la Lucania” e a conoscerne le culture e le tradizioni. Arrivato ad Aliano (o Gagliano: infatti nel libro viene scritto nel modo in cui veniva pronunciato dai contadini, con l’aspirazione all’inizio, che sembra una G: [G]aliano) Levi viene consegnato al segretario comunale e successivamente presentato al podestà Magalone e al brigadiere. Per Levi, il primo impatto con il nuovo paese fu molto brusco, una prima occhiata lo convinse che i due anni di confino sarebbero stati molto lunghi e oziosi, l’idea di un paese chiuso e sperduto dal mondo le prevalse nella sua mente. Quando Levi arrivò trovò subito alloggio dalla cognata vedova del segretario comunale e non appena la conobbe abbastanza, incominciò a farle domande e a chiederle notizie sul paese.

La sua prima camminata ebbe come meta la piazza del paese; qui fece la conoscenza dei due medici Gibilisco e Milillo. Loro erano gli unici medici del paese e come ci sottolinea Levi, di medicina non sanno nulla. Infatti quando i contadini seppero del suo arrivo per ogni intervento o malattia si rivolgevano a lui. Questa situazione non piacque molto a Levi il quale non si voleva mettere in competizione con i due “medicaciucci” e quindi diventare loro rivale; inoltre Levi non praticava la professione di medico da parecchio e quindi si trovava un po’ a disagio e imbarazzato dalle continue e insistenti richieste da parte dei contadini.

Le giornate di Levi trascorrevano lente e noiose, passeggiava su e giù per il paese fino al limite concessogli, cioè sino al cimitero. Ogni giorno Carlo levi conosceva persone nuove e quindi venne il turno dell’Arciprete; questi era un uomo mal visto da tutti e pertanto bersaglio continuo di scherzi da parte dei ragazzini del posto. Don Trajella, questo era il suo nome, era un uomo solitario ma molto colto come dimostravano i numerosi libri presenti nella sua casa; si era lasciato andare quando divenne parroco di Aliano. Lui odiava tutti e passava il tempo a scrivere epigrammi latini contro le persone del paese.

A spezzare quei giorni noiosi, per Levi, fu la notizia dell’arrivo di sua sorella, lui fu molto contento poiché non la vedeva da molto tempo. La permanenza della donna durò solo quattro giorni dopodiché lo scrittore si ritrovò nuovamente solo. Al cimitero non andava solo per ozio, infatti, quello era l’unico posto dove non ci fossero case, e qualche albero variava il monotono paesaggio lucano, per questo lo scelse come soggetto dei suoi quadri. Qui Levi passava i suoi pomeriggi a dipingere in compagnia del suo cane, Barone.

Questa nuova attività sembrò sospetta al brigadiere e quindi avvertito il podestà mandò un carabiniere il quale doveva sorvegliarlo. Levi stette dalla vedova per una ventina di giorni dopodiché si trasferì nella sua nuova residenza. La casa apparteneva all’erede del prete, Don Rocco Macioppi. Nella sua nuova abitazione si trovava a proprio agio e gli piaceva molto soprattutto per la posizione lontana da sguardi indiscreti. Dopo poco tempo Levi trovò una domestica, Giulia, l’unica che potesse praticare questo lavoro infatti lei era una “strega”. Dico ciò perché la tradizione di Gagliano vietava che un donna entrasse in casa di un uomo non sposato.

Il primo periodo di permanenza del suo soggiorno gaglianese, passato a Gagliano di sopra dalla vedova, finì. Ora Levi amava questa sua nuova solitudine ed era contento, nel suo piccolo, di aver “cambiato vita”. Ormai Levi si era abituato a quel posto e aveva imparato ad apprezzarne le culture e le tradizioni, come ad esempio la leggenda dei monachicchi, o del tesoro dei briganti. Egli restava in casa quasi tutto il giorno per evitare i discorsi monotoni con i signorotti del posto. A tenergli compagnia c’era Giulia con i suoi discorsi “stregoneschi”.

Dopo giorni di lunga attesa, da Matera gli giunge la lettera che il permesso di trasferirsi per poco tempo a Grassano è stato accettato. Levi parte e l’arrivo nel vecchio paese gli fa riaffiorare gli antichi ricordi legati a quel luogo. Lì rincontra i vecchi amici, rivede la locanda di Prisco, si sente nuovamente rinascere e prova una sensazione di libertà che ad Aliano aveva perso. La breve “vacanza” finisce e, come ogni cosa bella, finisce troppo presto. Levi, tornato a Gagliano, recuperò sensazioni di solitudine e monotonia che la permanenza a Grassano riuscì a fargli dimenticare; quel luogo gli sembrava ancor più desolato e sperduto di prima. Ormai l’inverno era alle porte, e Carlo Levi gradiva stare ad ascoltare il rumore del vento e della pioggia.

Ad animare quelle giornate tediose fu un evento che tutti i contadini aspettavano da tempo l’arrivo del sanaporcelle. Levi spinto dalla curiosità, decise di andare e assistere alla cura dei maiali che consisteva nel tagliare loro alcuni organi per far sì che questi ingrassassero di più e meglio. La stagione invernale passò velocemente a causa dei vari problemi con i contadini che il suo lavoro clandestino (medico) gli aveva comportato, e le giornate cominciarono ad allungarsi. Il tempo si fece sereno e le giornate calde a poco a poco presero il sopravvento su quelle fredde: era aprile.
Levi in questo periodo dovette tornare a Torino per pochi giorni a causa di un lutto familiare. Il viaggio nel suo paese natio fu molto deludente, rivide Torino con un occhio diverso non trovandola più come l’aveva lasciata. Al suo ritorno a Gagliano ci furono molti cambiamenti, dalla scomparsa di Giulia, la domestica, all’ allontanamento del parroco Trajella. Il soggiorno ad Aliano durato ben due anni stava ormai volgendo al termine, la comunicazione del suo rientro a Torino non si fece aspettare da Matera.

I contadini, come tutti in paese, rimasero dispiaciuti per la sua partenza ormai lo consideravano un loro paesano. Levi salutò tutti, il podestà, i contadini, donna Caterina, Milillo, Gibilisco; e una mattina partì quasi a malincuore, lasciandosi alle spalle i sentimenti di quella gente che tanto lo aveva amato.

Commento

Questo libro rivela una verità nascosta che in quei tempi esisteva in meridione. Levi ci fa capire l’importanza della libertà, l’importanza di essere considerato, tutti sentimenti che con il suo arrivo la gente di Aliano è riuscita ad. avvertire. “Cristo si è fermato a Eboli” e un testo famoso, considerato una delle opere più importanti del nostro tempo. È stato tradotto, si può dire, in tutte le lingue del mondo, in tutti i paesi. In conclusione direi, come ho accennato all’inizio, che il romanzo di Levi non ha solo contribuito a modificare e arricchire la letteratura ma anche la realtà, una realtà nascosta che tutti fingono di non vedere.

  • 900
  • Carlo Levi
  • Letteratura Italiana - 900

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