De Legibus, III, 38-39 - Studentville

De Legibus, III, 38-39

Marcus Vos

dem ut video legem antiquastis sine tabella. Sed ego, etsi satis dixit pro se in illis libris Scipio, tamen ita libertatem

istam largior populo, ut auctoritate et valeant et utantur boni. Sic enim a me recitata lex est de suffragiis: ‘Optimatibus

nota, plebi libera sunto.’ Quae lex hanc sententiam continet, ut omnes leges tollat quae postea latae sunt quae tegunt omni

ratione suffragium, ne quis inspiciat tabellam, ne roget, ne appellet. Pontes etiam lex Maria fecit angustos.
Quae si

opposita sunt ambitiosis, ut sunt fere, non reprehendo; si non valuerint tamen leges ut ne sit ambitus, habeat sane populus

tabellam quasi vindicem libertatis, dummodo haec optimo cuique et gravissimo civi ostendatur ultroque offeratur, ut in eo sit

ipso libertas quod populo potestas honeste bonis gratificandi datur. Eoque nunc fit illud quod a te modo Quinte dictum

est, ut minus multos tabella condemnet, quam solebat vox, quia populo licere satis est: hoc retento reliqua voluntas

auctoritati aut gratiae traditur. Itaque, ut omittam largitione corrupta suffragia, non vides, si quando ambitus sileat, quaeri

in suifragiis quid optimi viri sentiant? Quam ob rem lege nostra libertatis species datur, auctoritas bonorum retinetur,

contentionis causa tollitur.

Versione tradotta

Voi insomma, come vedo, avete respinto la legge

senza la tavoletta. Ma io, benché Scipione in sua difesa abbia detto a sufficienza in quei sei libri, tuttavia largisco al

popolo codesta libertà: im maniera però che i buoni possano far valere la loro influenza, e se ne avvalgano. Infatti la legge

da me enunciata è cos' concepita: nelle votazioni, i voti siano noti agli ottimati e liberi per la plebe. La quale legge ha

l'intento di abolire le leggi che sono state emanate in un secondo tempo, e che mirano con ogni mezzo a celare il voto,

vietando di guardare la tavoletta, e di chiedere e addirittura di chiamare; la legge Maria rese persino le passerelle più

strette. Le quali misure, se sono state introdotte, come forse sono, per contrastare quanti brigano per i voti, non ho ragione

di criticare; se invece le leggi non son riuscite a far sì che il broglio sparisse, allora abbia pure il popolo la tavoletta,

quasi garanzia di libertà: purché essa sia mostrata e spontaneamente esibita ai migliori e più integri cittadini, di modo che

la libertà consista anche nel fatto stesso di dare al popolo la facoltà di mostrarsi onestamente condiscendente degli onesti.

Con ciò avviene lo stesso ora, Quinto, quel che tu dicevi poc'anzi: che la tavoletta ne condanni molto meno di quanto soleva

il voto orale, poiché al popolo basta avere la facoltà; serbando questa prerogativa, per il resto affida la sua volontà

all'ascendente e al credito (degli ottimati). Pertanto, a parte la corruzione pecunaria nelle votazioni, non vedi come,

appena il broglio taccia, si vada chiedendo il voto quale sia il parere degli ottimati? Per cui, con la nostra legge si

rispetta l'ideale di libertà, si mantiene l'autorità dei nobili e si elimina una causa di conflitto.

  • Letteratura Latina
  • Libro 3
  • Cicerone
  • De Legibus

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