De Rerum Natura, II, 167-181 - Studentville

De Rerum Natura, II, 167-181

At quidam contra haec, ignari materiai,
naturam non posse deum sine numine

reddunt
tanto opere humanis rationibus atmoderat,
tempora mutare annorum frugesque creare
et iam

cetera, mortalis quae suadet adire
ipsaque deducit dux vitae dia voluptas
et res per Veneris blanditur saecla

propagent,
ne genus occidat humanum. quorum omnia causa
constituisse deos cum fingunt, omnibus rebus

magno opere a vera lapsi ratione videntur.
nam quamvis rerum ignorem primordia quae sint,
hoc tamen ex ipsis caeli

rationibus ausim
confirmare aliisque ex rebus reddere multis,
nequaquam nobis divinitus esse creatam

naturam mundi: tanta stat praedita culpa.

Versione tradotta

Ma contro queste verità c’è chi ritiene,

per igonranza di ciò che è la materia, che la natura non possa, senza il volere degli dei, rispondere con tale perfezione alle

esigenze umane: mutare le stagioni e creare le messi, creare tutto ciò cui il divino piacere, unica guida della vita, invita e

conduce i mortali, spingendoli con le lusinghe di Venere a riprodurre la vita perché non si estingua il genere umano. Ma quando

immaginano che gli dei abbiano organizzato il mondo in vista degli uomini, sembrano proprio fuori strada, del tutto lontano

dalla verità. Perché se anche ignorassi quali siano i principi primi della realtà, ugualmente oserei affermare, guardando ai

fenomeni celesti e valutando molti altri elementi, che non certo per noi fu creata, per un atto divino, la natura del mondo:

tanto grande è la colpa che ha in sé.

  • Letteratura Latina
  • De rerum natura di Lucrezio
  • Lucrezio

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