SIGNIFICATO DELLA DECOLONIZZAZIONE. Al termine della seconda Guerra mondiale, i grandi imperi coloniali, progressivamente, si dissolsero. Si trattò in realtà di una effettiva riconquista dei legittimi territori di appartenenza da parte dei popoli dominati. Furono i rappresentanti della borghesia locale, lentamente costituitasi nel periodo della sudditanza coloniale, che, dopo aver studiato nelle Università europee o americane, presero coscienza dello sfruttamento sistematico subito dai loro Paesi e cominciarono a rivendicare la possibilità di ottenere delle elementari libertà civili e politiche. Si definirono così in molti Paesi asiatici e africani quei movimenti politici che porteranno al raggiungimento dell’indipendenza.
PROCESSI DI INDIPENDENZA IN ASIA. L’India fu teatro di uno dei più celebri e importanti processi di riconquista da parte di un popolo del proprio territorio di appartenenza. Il massimo autore dell’indipendenza indiana dall’Inghilterra fu Gandhi (Mahatma, “Grande Anima”). Dopo gli studi in Inghilterra, tornò in India ed elaborò la sua teoria su una nuova forma di azione politica: la non violenza. Le armi di Gandhi – in primis la disobbedienza civile e la resistenza passiva – si rivelarono fondamentali contro il dominio inglese: egli promosse numerosissime manifestazioni pacifiche con la partecipazione di milioni di persone. Non le armi, né il carcere, né la repressione violenta poterono nulla contro moltitudini di persone disposte a subire tutto pacificamente per ottenere giustizia. Il programma politico di Gandhi prevedeva:
- tolleranza verso tutte le religioni, compresa quella musulmana, diffusa in molti territori dell’India
- riconoscimento della parità tra uomo e donna
- necessità di abolire il tradizionale sistema delle caste, che derivava dalla religione induista e divideva la popolazione in livelli diversi di rispettabilità e di valore.
Conclusa la seconda Guerra mondiale, gli inglesi concessero l’indipendenza (1947) all’enorme
colonia indiana. Appena un anno dopo, Gandhi venne assassinato da un fanatico indù, contrario
alla sua politica di tolleranza religiosa. I diversi capi di governo che si succedettero in India
(ricordiamo Nehru e la figlia Indira Gandhi) promossero importanti riforme in agricoltura e per
l’industria. Le condizioni di miseria non furono tuttavia mai completamente sconfitte. Dopo
l’indipendenza l’India si divise tra India (a maggioranza induista) e Pakistan (indiani di religione
musulmana). Negli stessi anni dell’India, ottennero l’indipendenza dalla Gran Bretagna anche la
Birmania e l’isola di Ceylon (l’attuale Sri Lanka). Nel 1949 l’Indonesia ottenne l’indipendenza
dall’Olanda; nel 1963 la Malaysia ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna.
Tra il 1945 e il 1955 nei vasti territori del Vietnam, della Cambogia, del Laos si verificò una lunga
guerra di liberazione, combattuta soprattutto dal popolo vietnamita. La secolare indipendenza di
Cambogia e Vietnam era stata interrotta nella seconda metà dell’800 dalla Francia, che conquistava
l’intera Indocina. Nel 1945 Ho Chi Min (capo di un movimento comunista-nazionalista) proclamò
l’indipendenza del Vietnam. La guerra contro i Francesi prosegui fino al 1954 e si concluse con la
vittoria dei contadini vietnamiti che si batterono per difendere le terre che erano state loro assegnate
da Ho Chi Min. A conclusione della guerra, il Vietnam risultò diviso in due Stati:
- a Nord la repubblica comunista di Ho Chi Minh con capitale Hanoi
- a Sud una repubblica appoggiata dagli americani, con capitale Saigon
Il Sud Vietnam fu attaccato ripetutamente dalle truppe del Nord che voleva unificare il Paese. Nel
1965 gli Stati Uniti d’America intervennero in aiuto del Vietnam del Sud in funzione anticomunista.
In questa impresa gli americani impiegarono potenti armamenti e migliaia di soldati.
L’intervento americano provocò la reazione negativa dell’opinione pubblica mondiale e anche di
molti giovani e intellettuali americani. Il regime di Saigon, sostenuto dagli americani, era
autoritario, corrotto e non democratico. Nonostante il poderoso dispiegamento militare, la guerra
del Vietnam per gli americani si concluse con un fallimento gravissimo: nel 1975 gli Stati Uniti
furono costretti a ritirarsi sia in ragione dagli insuccessi militari che dalle proteste sempre più forti
dell’opinione pubblica americana.
NEOCOLONIALISMO E TERZO MONDO. Con l’espressione “terzo mondo”, di matrice essenzialmente geopolitica, si indicano generalmente i paesi in via di sviluppo, contrapposti ai cosiddetti Paesi del “primo mondo”, cioè paesi sviluppati, democratici e capitalisti, e “secondo mondo”, cioè i Paesi socialisti e comunisti nell’orbita dell’Unione Sovietica.
Il termine entrò nel lessico della politica internazionale nel 1955 durante la conferenza di Bandung,
in Indonesia, per distinguere i paesi in via di sviluppo dai paesi ad economia di mercato e dai paesi
ad economia centralizzata. Questi paesi, per lo più ex-colonie africane e asiatiche, iniziavano allora
il processo di sviluppo di una economia autonoma e di un modello sociale e culturale specifico, non
imposto o importato dagli stati coloniali.
Nella succitata conferenza Bandung è stato teorizzato per la prima volta (dal premier indonesiano
Sukarno) il fenomeno del cosiddetto “neocolonialismo”: si tratta di una espressione non molto
precisa sul piano geopolitico con cui vengono definite tutte le forme di dipendenza alle quali
numerosi Paesi del terzo mondo – pur in presenza di una raggiunta piena sovranità – sono ancora
costretti a subire, non più da un punto di vista militare, ma essenzialmente economico, il potere di
intervento sulla politica interna da Stati di avanzato sviluppo industriale.
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