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La logica strumentale Il problema della conoscenza viene trattato da Dewey nella forma più completa in Logica, teoria dell’indagine . Egli concorda con la definizione tradizionale, condivisa anche da Bradley e altri idealisti, della logica come teoria del giudizio. Ma il giudizio non è per lui un procedimento esclusivamente mentale, bensì il processo concreto attraverso cui qualcuno giudica qualcosa per operare una trasformazione della realtà. La conoscenza consiste infatti nel processo di manipolazione dell’esperienza, in modo da eliminare via via da essa gli aspetti conflittuali o problematici e adattare le cose all’uso che vogliamo farne. Ecco perché Dewey definisce la conoscenza come un’attività pratica coronata da successo . Il pensiero non è solo in funzione dell’azione, ma è esso stesso azione. Nulla è più lontano da Dewey di quella che egli chiama “la teoria della conoscenza come spettacolo “, cioè la dottrina tradizionale per cui essa consiste nella contemplazione o ricezione passiva di una realtà esterna indipendente dall’uomo. La logica coincide, dunque per Dewey con una teoria dell’indagine , indirizzata a trasformare una situazione indeterminata in una situazione completamente determinata. Per situazione indeterminata si deve intendere una condizione esistenziale nella quale esistono alcuni elementi di discrepanza rispetto ai fini, agli interessi o alle esigenze dell’individuo che opera in essa. Quando questi elementi siano trasformati in modo da eliminare ogni causa di disturbo da parte dell’ambiente, la situazione indeterminata si converte in una situazione determinata ovvero con un’espressione che rileva le tracce del giovanile hegelismo di Dewey, in una “totalità unitaria”. La situazione indeterminata ci è data dall’esperienza la quale però, come abbiamo visto, precedendo ogni forma di riflessione, non ci rende ancora consapevoli di quali siano gli elementi da rimuovere o trasformare e su quali altri elementi si possa invece contare come termini di riferimento utili alla nostra azione modificatrice. Ciò avviene con la trasformazione della situazione semplicemente indeterminata in una situazione problematica , nella quale siano appunto dati con chiarezza i termini del problema da risolvere. Definita la situazione problematica, il soggetto della ricerca deve formulare un’idea, intesa come una previsione generica sul tipo di soluzione che si intende perseguire. Nella sua vaghezza, l’idea fornisce soltanto un suggerimento sulla direzione che deve prendere la ricerca, ma non consente ancora il passaggio all’azione pratica. Bisogna dunque chiarire l’idea nella sua portata e nelle sue implicazioni in modo da determinare le singole fasi dell’intervento e il rapporto che esse vengono ad avere con gli aspetti determinanti della situazione. Ciò è possibile soltanto attraverso il ragionamento che formalizza l’idea traducendola in un linguaggio simbolico. Questo può avvenire a due livelli. La formalizzazione può essere data dal linguaggio della scienza, il quale permette un più elevato grado di generalizzazione e di universalità della comunicazione. Il senso comune e la scienza mettono capo, quindi, a due attività di ricerca che sono distinte soltanto dal diverso grado di formalizzazione simbolica a cui fanno ricorso: in entrambi i casi, tuttavia, si tratta di procedimenti che utilizzano una precisa sintassi logica. Il ragionamento da solo non può comunque dare piena garanzia dell’efficacia dell’idea. L’ultima parola spetta all’ esperimento , con il quale le precedenti fasi della ricerca si traducono in azione pratica. Si deve notare, tuttavia, che già la formulazione dell’idea e l’articolazione del ragionamento hanno carattere operazionale: essi non consistono in una analisi teorica della situazione, ma sono intrinsecamente compenetrati dall’azione cui mettono capo. Ancora una volta, pensare ed agire non sono attività distinte, ma i due aspetti di una stessa attività. Se l’esperimento ha esito positivo, l’idea dipanata (segue nel file da scaricare)
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