Dino Campana: la vita
Dino Campana, nato a Marradi (Firenze) nel 1885, accusa fin dall’adolescenza distirbi psichici. Si iscrive alla facoltà di chimica a Bologna ma viene internato nel manicomio di Imola nel 1906, interrompendo così gli studi e vagando tra Italia ed Europa. Nel 1918 si reca in Argentina e qui lavora come bracciante. L’anno successivo ritorna a Firenze e cerca di riprendere gli studi universitari, senza ottenere però alcun risultato. Nel 1913 consegna a Soffici e Papini, i direttori di Lacerba, un manoscritto contenente una serie di liriche, intitolato Il più lungo giorno. Tuttavia, Soffici perde il manoscritto e Campana è costretto a riscrivere tutti i testi della raccolta. Pubblica così la nuova raccolta nel 1914, a sue spese, con il titolo di Canti Orfici, vendendo le copie per le strade e nei Caffè. Allo scoppio della guerra vuole partire come volontario, ma viene subito riformato. Viaggia costantemente e viene di nuovo internato, successivamente ha una tumultuosa relazione con la scrittrice Sibilla Aleramo. Nel 1918 viene internato definitivamente nel manicomio di Castel Pulci, a Firenze, in cui resterà fino alla morte (1932).
Dino Campana: le opere
Sono tanti gli scritti usciti postumi. Tra questi ricordiamo:
- Inediti
- Versi sparsi
- Taccuini
Lettere, tra cui molte quelle indirizzate a Sibilla Aleramo, utili a ricostruire l’intensa storia d’amore tra il poeta e la scrittrice.
Dino Campana opere: caratteristiche della poesia
La poesia di Dino Campana, come gli altri poeti della sua generazione, tende a bruciare le atmosfere sensuali tipiche della poesia di D’Annunzio e quelle troppo intimistiche e rassegnate dei poeti crepuscolari, orientandosi invece verso un lirismo che accoglie in sé gli slanci più estremi della poesia ottocentesca, coniugandoli con un vitalismo esaltato da Nietzsche. Campana, per tutti questi motivi, è stato considerato il nostro esponente della poesia maledetta. Egli è estraneo alla società e ciò sconvolge l’equilibrio della scrittura e della comunicazione, attraverso fantasie oniriche, folgorazioni e allucinazioni. Ciò sconvolge la superficie della realtà, i luoghi e le persone, cercando di catturarne l’aspetto più oscuro e segreto. A questo allude anche il titolo della sua opera principale, i Canti Orfici (insieme di versi e poemetti in prosa), alludendo ai misteri orfici antichi e riproponendo un concetto di poesia magica e misteriosa.
- Letteratura Italiana