Discorso di Curione ai soldati di Pompeo che erano passati a Cesare - Studentville

Discorso di Curione ai soldati di Pompeo che erano passati a Cesare

DE BELLO CIVILI DI CESARE, VERSIONE TRADOTTA – TESTO LATINO. Curio cum consilium esset, contionem advocat militum. commemorat quo eorum studio ad Corfinium Caesar usu sit, et quomodo magnam partem Italiae beneficio atque auctoritate eorum suam fecerit…”

Versione tradotta

DE BELLO CIVILI DI CESARE, VERSIONE DI LATINO TRADOTTA - TRADUZIONE. Sciolta la seduta Curione convoca l'adunanza dei soldati. Ricorda quale vantaggio Cesare avesse tratto davanti a Corfinio dal loro zelo tanto che grazie al loro favore e al loro esempio gran parte dell'Italia era passata a lui. «Uno dopo l'altro» disse «tutti i municipi hanno infatti seguito la vostra condotta e non senza ragione Cesare vi ha giudicati con la massima benevolenza e i suoi avversari con la massima severità. Pompeo infatti senza essere stato vinto in battaglia ha lasciato l'Italia spinto da ciò che la vostra azione gli faceva prevedere; Cesare ha affidato a me che tiene tra i suoi amici più cari e alla vostra lealtà la provincia di Sicilia e l'Africa senza le quali non si può difendere Roma e l'Italia. Ma c'è chi vi vorrebbe indurre alla diserzione. Quale maggior vantaggio per loro infatti che stringere noi in una morsa e coinvolgere nello stesso tempo voi in un infame delitto? 0 cosa possono desiderare di peggio per voi nel loro odio se non indurvi a tradire chi ritiene di esservi debitore e farvi cadere nelle mani di chi vi ritiene responsabili della propria rovina? Non avete forse sentito delle imprese di Cesare in Spagna? Due eserciti sbaragliati due generali sconfitti due province sottomesse? E che queste imprese Cesare le ha compiute in quaranta giorni dal momento in cui si era trovato di fronte agli avversari. Forse che chi non è riuscito a resistere con tutte le sue forze intatte resisterà ora che ha subìto una sconfitta? E voi che avete seguito Cesare quando la vittoria era incerta ora che le sorti della guerra son già decise seguirete il vinto quando dovreste ricevere il premio del vostro servizio? Dicono poi di essere stati da voi abbandonati e si appellano al primo vostro giuramento. Ma siete stati voi ad abbandonare Lucio Domizio o Domizio ad abbandonare voi? Non vi ha forse completamente trascurato mentre voi eravate pronti ad affrontare l'estremo sacrificio? Non cercò forse di salvarsi con la fuga a vostra insaputa? Traditi da lui non siete stati forse salvati dalla grazia di Cesare? Chi poi potrebbe reclamare la vostra fedeltà al giuramento quando gettati i fasci e deposto il comando da privato cittadino e prigioniero egli stesso fosse caduto nelle mani di un altro? Sarebbe uno strano scrupolo se trascurando il giuramento al quale ora siete legati rispettaste quello che è stato annullato dalla resa del generale e dalla sua perdita dei diritti civili. Ma suppongo visto che ritenete Cesare degno di approvazione è me che disapprovate. Non vi parlerò dei miei meriti verso di voi che sono per ora inferiori ai miei desideri e alle vostre aspettative; ma i soldati hanno sempre chiesto la ricompensa alle loro fatiche solo dopo l'esito della guerra e quale questo possa essere neppure voi dubitate. Ma perché non dovrei parlare della mia diligenza e della buona sorte che ci ha finora accompagnati? Vi dispiace forse che io abbia condotto l'esercito in Africa sano e salvo senza perdere nemmeno una nave? Che nell'arrivare io abbia sbaragliato la flotta nemica al primo assalto? Che per due volte in due giorni io abbia vinto in scontri di cavalleria? Che dal porto e dalla rada nemica io abbia portato via duecento navi da carico e abbia ridotto gli avversari al punto che non possono procurarsi rifornimenti né per terra né per mare? E voi ripudiando questi capi e questa fortuna preferirete la vergogna di Corfinio la fuga dall'Italia la resa della Spagna presagi tutti dell'esito della guerra d'Africa! lo ho voluto solo esser chiamato soldato di Cesare e voi mi avete attribuito il titolo di imperator. Se ve ne siete pentiti vi rendo il vostro dono quanto a me restituitemi il mio nome perché non sembri che mi abbiate attribuito quell'onore per insultarmi.»

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