DUCCIO DI BUONINSEGNA: VITA. Duccio di Buoninsegna (1260 -1265), è uno dei primi a creare un linguaggio propriamente senese, portandolo al più alto livello artistico. La sua cultura si forma, come per tutti i pittori dell’epoca, sugli esempi bizantini che, a Siena più che altrove, restano fondamentali. Ma il bizantinismo viene inteso, attraverso il moderno indirizzo “neoellenistico”, non come arida ripetizione di formule antiquate, bensì come mezzo per ottenere splendidi accostamenti di colori ed eleganza raffinata nell’uso della linea, che acquista sensibilità per i contatti, più volte indicati, con il gotico francese. Dopo le prime esperienze in patria, Duccio riceve, nel 1285, dalla Confraternita dei Laudesi di Santa Maria Novella a Firenze, l’incarico di dipingere una grande tavola raffigurante la Madonna, oggi identificata con quella detta Ruccellai, perché un tempo collocata nell’omonima cappella di questa chiesa.
DUCCIO DI BUONINSEGNA: LA TAVOLA RUCCELLAI. La tavola, dalla fine del’300 in poi, era stata attribuita a Cimabue, per la somiglianza compositiva con la Madonna di Santa Trinita e per la dolce umanità di Maria dal volto lievemente chiaroscurato.
Il tema è reso però in maniera del tutto diversa, assai vicina a quella delle opere sicure di Duccio e molto più senese che fiorentina.
Certamente Duccio conosceva Cimabue e, a sua volta, doveva essere noto a Firenze, se la Confraternita dei Laudesi affidava a lui un incarico così importante come la pittura di una grande tavola destinata alla propria sede. Da qui nasce l’ipotesi che Duccio, se non proprio allievo del grande maestro fiorentino, sia stato almeno a contatto con lui e con la sua cerchia, cosa del resto che denuncia con chiarezza la stessa Madonna Ruccellai.
- Nella tavoletta con la Madonna dei Francescani gli accenti senesi si fanno prevalenti. Anche qui il trono, in prospettiva obliqua, è simbolo di una forma concreta. Ma su di esso la Madonna, distesa obliquamente, sembra quasi non sedere, offrendo un vasto campo azzurro bidimensionale, percorso dagli arabeschi dell’orlo del manto, la cui linea si è fatta sottile, acuta, come quella che circonda il corpo, che viene disposto in modo tale da non interrompere la continuità melodica, al punto che la mano destra della Vergine ne riprende l’andamento e lo trasmette alla parte inferiore.
DUCCIO DI BUONINSEGNA: LA MAESTA’. L’opera più importante di Duccio, non soltanto per il livello qualitativo, ma anche per l’impegno narrativo, è la Maestà, dipinta per il Duomo di Siena. La parte anteriore della grande tavola rappresenta la Madonna con il Bambino in trono tra angeli e santi; nella predella, nelle guglie della cimasa e in tutta la parte posteriore: storie di Maria e di Cristo. Concepita come omaggio alla madre di Dio, alla quale la città era particolarmente devota, era stata fatta per l’altare maggiore così da poter essere vista davanti e di dietro. La collocazione non era casuale, non soltanto perché dedicata alla Madonna, ma anche perché posta in relazione con l’architettura: l’ampiezza e la solidità del trono dividono la scena anteriore in tre grandi parti, la centrale sopraelevata rispetto alle altre, in corrispondenza con le tre navate, così come le schiere laterali di angeli e santi sembrano alludere ai bracci del transetto.
La cultura di Duccio, pur restando fedele alle origini bizantine, si è ulteriormente allargata. Giunge a creare un linguaggio elevato ed elegante, in cui non ignora il volume, ma fa prelevare linea e colore, coerentemente con quanto, negli stessi anni si realizza nell’architettura cittadina. È il capostipite della successiva generazione di pittori senesi.
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