In seno alla direzione del partito, Kamanev e Lenin ebbero posizioni differenti, talvolta opposte, durante gli otto mesi della rivoluzione d’ottobre. Nessuno degli altri protagonisti esercitò un’influenza ideologica pari alla loro: né Stalin, né Sverdlov, né Trokij.
Cronologicamente, le prime divergenze appaiono sul piano della tattica da adottare di fronte al doppio potere. Le più gravi nascono nell’aprile, riguardo al ruolo dei Soviet. Incline a considerare i Soviet degli operai, dei soldati e dei contadini come il Parlamento della democrazia, Kamanev voleva che vi fosse rispettato il principio della maggiornaza. Lenin criticava questo “legalismo rivoluzionario”.
L’appello alla violenza contro la maggiornaza dei Soviet di Pietrogrado gli sembrava legittimo se doveva servire ad una futura vittoria del partito bolscevico. Egli adottò lo stesso atteggiamento nei confronti del primo Congresso dei Soviet. In particolare si può constatare che egli non mutò posizione dopo il successo elettorale dei bolscevichi al Soviet di Pietrogrado: in ottobre, Lenin intese forzare la mano al Soviet, dove pure i suoi compagni di partito erano in maggioranza, perché ciò poteva servire alla presa del potere da parte del partito, e da parte del partito soltanto. Kamanev non riteneva solo “rischiosa” l’insurrezione: le concezioni di Lenin urtavano con la sua sensibilità di democratico. In fondo egli era ostile alla dittatura di un solo partito, e si mostrò più vicino al modo di pensare di Martov e di Suchanov che a quello di Lenin. Come Zinov’ev, Latsis, Kalinin, egli rimaneva tuttavia boscevico per la sua concezione dell’organizzazione del partito e per il suo radicalismo.
L’opposizione di Kamanev dipendeva anche da ragioni di ordine teorico più remote. Secondo lui, le premesse per l’instaurazione del socialismo non erano presenti in Russia. Gli sembrava inopportuna anche la presa di potere da parte dei bolscevichi perché il partito non avrebbe potuto realizzare un autentico socialismo, e si sarebbe screditato. Lenin riteneva assurde ed anacronistiche queste ragioni, e definì Kamanev ed i suoi compagni “vecchi bolscevichi”. In primo luogo, dichiarava che se il partito avesse preso il potere, “nessuno potrà scacciarlo”. Inoltre, la conquista e l’esercizio del potere, l’instaurazione di misure veramente rivoluzionarie, gli sembravano costituire degli obiettivi abbastanza vicini, e sufficentemente esaltanti, perché non si tenti di adattare la teoria ad una pratica tanto attesa.
Assillati dalla disputa fra “trokisti” e “staliniani” sulla vocazione della rivoluzione russa negli anni seguenti, gli storici tendono a svalutare il conflitto tra Lenin e Kamanev; tuttavia la sua portata è considerevole e sarebbe interessante verificare se certe idee di Rosa Luxemburg non fossero vicine, per certi aspetti, a quelle di Kamanev.
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