Visto che una lettrice ha apprezzato il post in cui suggerivo alcune poesie, ho pensato di replicare e proporvi oggi i versi di Francisco de Quevedo, poeta spagnolo del 1600, considerato una delle figure più significative del barocco europeo. I suoi sonetti spaziano dai temi ascetici a quelli politici, senza trascurare l’ispirazione amorosa. La prima è, a mio avviso, una delle più belle poesie d’amore di tutti i tempi.
“Amor costante al di là della morte”
“Gli occhi miei potrà chiudere l’estrema
ombra che a me verrà col bianco giorno;
e l’anima slegar dal suo soggiorno
un’ora, dei miei affanni più sollecita,
ma non da questa parte della sponda
lascerà la memoria dove ardeva:
nuotar sa la mia fiamma in gelida onda
e andar contro la legge più severa.
Un’anima che ha avuto un dio per carcere,
vene che a tanto fuoco han dato umore,
midollo che è gloriosamente arso,
il corpo lasceranno, non l’ardore;
anche in cenere, avranno un sentimento;
saran terra, ma terra innamorata.”
Quello che segue è un vero e proprio inno ai libri e venne spedito da Queveda a José González de Salas. Il poeta lo compose nella torre del suo feudo in cui venne più volte imprigionato.
“Dalla torre”
“Ritiratomi in pace tra i deserti
in compagnia di pochi libri dotti,
vivo in conversazione coi defunti
e sto a sentire coi miei occhi i morti.
Se non sempre compresi, sempre aperti,
incitano o correggono i miei assunti,
ed in muti armoniosi contrappunti
parlano al sogno della vita desti.
Le anime grandi escluse dalla vita
le libera dal tempo, vendicandole,
o grande don Josef, la dotta stampa.
Nel corso irrevocabile dell’ore,
qualcuna d’esse segni a suo favore
che leggere e studiare ci migliora.”
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- Tesine